Allison Flower: “Mirrors”. La recensione

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Allison Flower - Mirrors - Artwork

Ogni tanto nascono dei fiori nel deserto, come le rose di Atacama. I fiori che interessano a noi non sono rose, ma i loro petali sono note e gli steli sono le chitarre. A far nascere questi fiori ci pensano i ragazzi, quelli che suonano da anni sempre con lo stesso entusiasmo senza retrocedere mai dal loro sogno.
Uno di questi fiori è la band degli Allison flower, nata nel lontano 2001 a Cosenza dall’idea di due compagni di scuola, Giuseppe e Luigi, di formare un gruppo per suonare le canzoni degli artisti che amavano come Soundgarden, Doors, Led Zeppelin, Pearl Jam, Nirvana e Beatles.

Il primo nome del gruppo era Spleen, per la passione di Giuseppe per le poesie di Charles Baudelaire,  le prime canzoni erano cariche di rabbia e la loro melodia era caratterizzata da una struttura musicale diretta e ruvida, canzoni che li portano a suonare il loro inedito “Song of swan” all’I-Tim tour del 2001 a Reggio Calabria.

Il gruppo partecipa nel corso del tempo a molti autorevoli festival (Arezzo Wave, Pistoia Blues, Tim Tour 2002, Adrenalive), registra due EP e l’album d’esordio “Naked to nothing“, crea il videoclip del singolo “Time’s rail“: la band si evolve, cambiano alcuni elementi fino ad arrivare alla formazione attuale con  Giuseppe Oliva alias Joss Alive (voce e chitarra), Luis (chitarre), JpManux (batteria) e Gezz (basso), partecipa a nuovi contest e spettacoli e cambia il suo nome in Allison Flower.

Allison Flower - Mirrors - Artwork
Allison Flower – Mirrors – Artwork

La band ha finalmente prodotto un suo nuovo lavoro un EP composto da 4 tracce dal titolo “Mirrors“: il suono è un suono ruvido e diretto, che richiama molto i Tool e i Pearl Jam, senza dimenticare i Puddle of Mud. Un suono che ricorda vari sottogeneri del rock senza adagiarsi su nessuno di essi, se è vero che passiamo dal grunge rock alla Pearl Jam di “Molly wants a bullet” al post-grunge dei Puddle of Mud o a quello puro dei Soundgarden, passando per il rock alla Tool di “Rise” e il rock alla Alter Bridge di “Broken Skies“. Quattro canzoni che prendono spunto da altri gruppi per esprimere un proprio suono personale, con un risultato più che apprezzabile. L’unico peccato è che siano solo 4 tracce, che non permettono di giudicare appieno il potenziale della band. Aspettiamo un loro lavoro più organico.

 

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