Arctic Monkeys: “AM”. La recensione

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Arctic Monkeys - AM

“AM” è uno dei dischi migliori del 2013. Il quinto lavoro della band proveniente da Sheffield ha tutte le carte in regola per vincere gli ultimi premi dell’anno, dopo vendite record a pochi giorni dalla pubblicazione ufficiale. Poliedrico, completo, multiforme, ci sono tutte le varie anime degli Arctic Monkeys in questo disco. “AM” racchiude la complessità e nello stesso tempo la semplicità delle scimmie artiche. Gli Arctic Monkeys non deludono ma anzi stupiscono positivamente, ancora una volta. Già in cima all’olimpo dell’indie degli ultimi anni, la band capitanata da Alex Turner è cresciuta, ha esplorato le sonorità americane rendendo il suono più “smart”, più immediato. In grado di insinuarsi fin dal primo ascolto nelle vene.

“AM” non è un disco che ha bisogno di tantissimi ascolti per trovare il suo potenziale. E’ fin da subito orecchiabile. Partiamo con un commento tutto italiano per tentare di spendere qualche parola su questo disco che in realtà si spiega benissimo da solo, sin dalle prime note. La fonte è Cesare Cremonini che qualche giorno fa così ha scritto su Twitter: “AM si insinua nei tuoi polmoni, ti cresce sotto pelle. Ti abbraccia quando non lo ascolti. Godo in sua compagnia mentre vado alle corse”.

Arctic Monkeys - AM - Artwork
Arctic Monkeys – AM – Artwork

Il quinto disco degli Arctic Monkeys è stato pubblicato il 9 Settembre 2013 in Europa. Anticipato da alcuni brani come “R U Mine?” e “Do I Wanna Know?”, ancora una volta gli Arctic possono beneficiare dell’amicizia e della professionalità di Josh Homme. Iniziamo dallo stile musicale: gli Arctic Monkeys non si erano mai spinti così in là con l’esplorazione di diversi generi musicali. “AM” risulta essere un album non propriamente rock ma più una miscela assolutamente riuscita di blues rock, desert rock e una spruzzata di soul. L’introduzione del piano in una canzone come “No. 1 Party Anthem” è un cambiamento vistoso all’interno di un disco che vanta di dodici canzoni profondamente diverse fra loro. Non si rischia la ridondanza.

Gli Arctic Monkeys già da primi lavori come “Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not” hanno sempre mostrato una qualità fondamentale per vendere dischi: l’istintivo e schietto approccio musicale, sia per quanto riguarda il sound che per quanto concerne i testi. I dati di vendita lo hanno dimostrato fin dal loro esordio, per arrivare al cuore della gente, per fare in modo che essa spenda il denaro per acquistare un disco, bisogna essere convincenti e gli Arctic Monkeys lo sono sempre stati. Non si erano mai spinti in una sperimentazione del genere ma l’esplorazione è il sale della musica. Raggiunta una certa maturità gli AM hanno deciso, probabilmente, di chiudere in un cassetto il passato e aprire un cassettone, di quelli belli grandi e capienti, per contenere il futuro.

“AM” si apre con “Do I Wanna Know?” che avevamo già avuto modo di ascoltare e riascoltare. Uno dei brani più forti dell’intero disco, posto all’inizio. Già questo dice tutto dell’intenzione musicale e discografica dietro alla pubblicazione di questo quinto disco. Abbiamo potuto ammirare la crescita degli Arctic Monkeys in questi anni, dal 2006, se consideriamo la pubblicazione del primo disco come data di partenza, quasi sempre sotto i riflettori. Gli Arctic non si sono mai allontanati più di tanto dalle scene musicali ma hanno macinato pubblicità, visibilità e soprattutto concerti su concerti. La mano di Josh Homme è stata fondamentale ma senza la qualità di fondo non si fa niente, non può nulla neanche Josh Homme. Ancora una volta, invece, l’artista c’ha visto lungo puntando su una qualsiasi band inglese, per occhi sconosciuti e poco allenati, che ora è diventata una delle più affermate del panorama musicale.

Perché ascoltare “AM”?

“Do I Wanna Know?” è l’apertura perfetta. L’idea geniale di mettere questo pezzo all’inizio del disco va applaudita per almeno cinque minuti. “R U Mine?” rappresenta le Scimmie Artiche come le abbiamo sempre conosciute, un brano potente e persuasivo. “One For The Road” è un mix di R&B con l’eccezionale partecipazione di Josh Homme e Matt Helders che sfoggiano un falsetto di sottofondo. “Arabella” propone uno dei testi migliori di AM: “And when she needs to shelter from reality she takes a dip in my daydreams”. “I Want It All” è un salto nelle sonorità degli scorsi decenni, dove era il glam rock a farla da padrona. “No. 1 Party Anthem” è la ballata con tanto di pianoforte come protagonista assoluto che non ti aspetti dagli AM. “Mad Sounds” è uno dei pezzi migliori di un disco quasi perfetto. Con tanto di occhiolino a Lou Reed, il brano si muove navigando su sonorità lente ed ammalianti, un sound ricercato e sinuoso. “Fireside” scorre veloce, una immersione in territori conosciuti. Ci avviciniamo alla fine con “Why’d You Only Call Me When You’re High?” che mostra il piglio ironico e sarcastico degli Arctic Monkeys. Altro salto nell’hip-hop, ancora una volta ben riuscito. “Snap Out Of It” ha un ritmato trascinante, il classico sound dove viene spontaneo seguire il ritmo contagioso. “Knee Socks” ed ecco Josh Homme, serve aggiungere altro? “AM” si conclude con “I Wanna Be Yours” che seppur sia ispirata da John Cooper Clarke non sa convincere totalmente ma è una degna chiusura romantica, fin troppo romantica. “AM” è uno dei pochi dischi che questo 2013 si porterà con sé, un disco che sancisce gli Arctic Monkeys come una delle sicurezze musicali degli ultimi anni.

 

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