Gli Avenged Sevenfold in “esilio” al Rock in Roma, nel nome del Reverendo

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Il tour promozionale di “Nightmare” porta la band californiana a Roma, la cornice è quella dell’Ippodromo delle Capannelle, location della rassegna Rock in Roma 2011. In perfetto orario con il programma inizia lo show e bastano pochi secondi per capire che il legame tra gli Avenged Sevenfold e il proprio pubblico è sicuramente intenso: la band appare subito in serata, il feedback emotivo tra palco e pubblico è intenso e “vibrerà” senza cali per tutta la durata del concerto. La tracklist che i nostri ci presentano è un mix ben miscelato tra nuove e vecchie composizioni, con un’ovvia predominanza delle songs tratte dell’ultimo lavoro di Shadows e soci.      

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© Frazer Harrison/Getty Images
  Si parte con “Nightmare“, i ragazzi ci danno dentro, ottima esecuzione per un brano che contiene (ben amalgamati) tutti gli “ingredienti” del sound degli A7X: riffing classico tra mid tempo e momenti più tirati, linee vocali hardcore alternate ad aperture più melodiche e che strizzano l’occhio all’epic metal, intermezzi di chitarra a due voci (vero marchio di fabbrica del gruppo), parti solistiche molto veloci e tecniche. In rapida successione le esecuzioni di “Critical Acclaim” e “Welcome to the Family“, il pubblico partecipa convinto secondo un canovaccio che verrà rispettato per tutto il concerto. A questo punto la musica si ferma, il vocalist Matthew Shadows arringa gli astanti e si produce in una sentita commemorazione del defunto Jimmy “The Rev” Sullivan (batterista storico della band venuto a mancare nel dicembre 2009): l’indice del cantante ripetutamente puntato verso il cielo durante lo show ne rievocherà la presenza per tutta la serata. Non c’è tempo però per indugiare oltre nella malinconia, il gruppo si lancia così in una selvaggia interpretazione di “Almost Easy” seguita dalle più “riflessive” “Buried Alive” e “So Far Away” (il tributo a Sullivan presente su “Nightmare“). Il concerto procede spedito senza cali di tensione: da segnalare “A Little Piece of Heaven” (che in alcuni arrangiamenti sicuramente deve qualcosa ai System Of A Down di Mesmerize/Hypnotize) e la tirata “Bat Country“, che si segnala per il buon lavoro alle chitarre del duo Zacky Vengeance/ Synyster Gates. L’esibizione degli Avenged Sevenfold volge all’epilogo: dopo un veloce saluto e una piccola attesa, i nostri ritornano sul palco chiamati a gran voce dal pubblico per il commiato finale (con tanto di rituale distribuzione di plettri e bacchette…) affidato all’ottima “Unholy Confessions“. Due annotazioni finali: buona e senza sbavature la prova del nuovo batterista Arin Ilejay, qualche dubbio invece sulla prova vocale del pur bravo frontman Matthew Shadows, sicuramente penalizzato da un mix non calibrato e che solo verso la fine del concerto arriva alla sufficienza (ma le perplessità sull’effettivo stato di salute delle sue corde vocali rimangono).

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