Ben Harper and the Innocent Criminals: “Call it what it is”. La recensione

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E’ uscito da poco “Call it what it is“, il nuovo e tredicesimo disco in studio di Ben Harper insieme agli Innocent Criminals, a distanza di due anni dal precedente “Childhood home“, prodotto dall’etichetta Stax Records.

La collaborazione tra Benjamin Chase “Ben” Harper e il gruppo degli Innocent Criminals ritorna a ben diciassette anni di distanza dal precedente “Burn to shine” del 1999 trainato dal successo “Steal my kisses”: il ritorno avviene a due anni da un album intimo e personale come “Childhood home”, suonato e cantato insieme alla madre e vede una masnada di produttori alle spalle, da Ben Harper stesso agli Innocent Criminals al gran completo, ovvero Leon Mobley alle percussioni, Juan Nelson al basso, Oliver Charles alla batteria, Jason Yates al piano e Michael Ward alla chitarra.

Il disco è stato lanciato dal singolo “Pink balloon” ed è subito entrato nelle Top Ten di vari paesi come Francia, Italia, Svizzera, Australia e Stati Uniti, nonostante sia un disco molto duro nei contenuti, dato che parla di politica e della brutalità della polizia americana contro le persone di colore in America e di tutti i vari casi successi (Michael Brown, Trayvon Martin e Ezell Ford giusto per fare qualche nome) con lo sguardo lucido di un uomo che ha tragicamente visto queste cose prima.

Call it what it is” è un disco composto da 11 tracce per quasi 41 minuti di musica e si apre con “When sex was dirty“, un blues che riesce a far convivere Lenny Kravitz e Jimi Hendrix in una sola canzone e a rimanere in testa con il suo ritmo cattivo e ossessivo. “Deeper and deeper” è invece una ballata melodica che porta dritto alla title-track, vero pezzo trainante del disco, un pezzo blues sporco e cattivo sulle condizioni degli afro-americani e sul trattamento subito dalla Polizia (“Call it what it is/call it what it is/call it what it is/it’s murder” “Chiamalo per quello che è/chiamalo per quello che è/chiamalo per quello che è/è un omicidio”).

Con “How dark is gone” Harper sfrutta il ritmo latino e le percussioni per confezionare un pezzo drammatico e che centra il cuore dell’ascoltatore e “Shine” sfrutta il canale appena aperto per tracciare un solco nell’ascoltatore con il suo ritmo coinvolgente e la sua melodia solare ed estiva, caratteristica questa che Benjamine ha sempre mostrato di avere nelle sue corde. In “I all that has grown” ritorna prepotentemente la Weissenborn, la chitarra acustica slide che Harper tanto ama e che suona magistralmente confezionando un pezzo magico solo voce e distorsioni.

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Ben Harper and the Innocent Criminals – “Call it what it is” – Cover

Pink balloon” è il brano scelto come singolo: è il più piccolo del disco ed è stato molto trasmesso dalle radio internazionali ma paradossalmente è il brano che colpisce meno di tutto il nuovo lavoro di Harper e non convince all’ascolto: per fortuna arriva subito dopo il reggae energetico di “Finding our way” che riporta l’atmosfera del disco alle sue note primigenie per un pezzo che farà sicuramente strage nelle radio estive.

Ben Harper non dimentica il suo amore per il blues rock e lo dimostra con “Bones” mentre moltissimi gruppi pagherebbero di tasca propria per sfornare un brano semplice e di effetto come “Dance like fire“: il progetto musicale si conclude con “Goodbye to you“, nenia musicale sospesa e fluttuante grazie all’organo Hammond e alla voce di Benjamine così maledettamente a suo agio in questo pezzo.

Ci sono voluti ben diciannove anni per far riunire Ben Harper e gli Innocent Criminals in uno studio musicale ma ne è valsa la pena: “Call it what it is” è un gran disco e mostra come la band si sia evoluta dalle intenzioni iniziali di Harper di essere un semplice gruppo di supporto ad essere un mezzo per esprimere una parte della sua anima musicale. Al di là del singolo “Pink balloon” il nuovo disco di Harper mescola sapientemente hippie blues e reggae, funky e pop rock per un risultato finale da ascoltare guardando un tramonto estivo. Questo disco non ha peli sulla lingua e lo dimostra sia con la musica che con i testi nudi e crudi: gli Innocent Criminals riescono a dare alle canzoni calore e elasticità, facendole respirare e vivere di luce propria e portando il disco una spanna sopra i suoi lavori precedenti e Ben Harper a 46 anni dimostra di essere un uomo e un artista cresciuto e affermato. E’ un ritorno agli inizi che suona maledettamente convincente. Ed è anche un gran bel disco.

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