Black Veil Brides: “Wretched and Divine – The Story of the Wild Ones”. La recensione

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Black Veil Brides - "Wretched and Divine - The Story of the Wild Ones" - Artwork

C’era molta attesa per “Wretched and Divine – The story of the Wild Ones“, il nuovo disco dei Black Veil Brides, formazione americana che si destreggia tra metal, scream, glam ed emocore. Dopo l’ascolto di questo disco posso dire che le attese non sono state assolutamente deluse, anzi. Il disco va a mio avviso al di là delle migliori aspettative. Nonostante le 19 tracce che potrebbero far pensare ad un lavoro pesante in fase di ascolto, il disco scorre in maniera molto fluente ed organica e segue una sorta di narrazione al limite tra il drammatico e il fantascientifico di una storia che parla di una lotta di liberazione e rivoluzione da parte di una associazione chiamata F.E.A.R., una lotta contro tutte le religioni che vogliono l’oscurantismo e la morte della scienza e del pensiero libero.

Il disco parte con l’intro “Exordium” che introduce il motivo della lotta (“Il regno degli dei è dentro di te e intorno a te, non nei castelli di legno e pietra“) e con il primo pezzo ad alto tasso adrenalinico e chitarristico, “I am bulletproof“, che ci dà un assaggio di come sarà il disco: chitarre potenti, cantato deciso, ritmo sostenuto e grande sapienza nella miscelazione della melodia con i riff e con i cori, vera arma in più del disco nel suo complesso.

La storia prosegue tra onde statiche e messaggi sommersi con “New Year’s Day“, pezzo che vi colpirà al cuore dal primo ascolto soprattutto per il ritornello e per il suo countdown, mentre la F.E.A.R. comincia le sue trasmissioni con “F.E.A.R. Transmission 1: Stay Close“: “Stay close to F.E.A.R.: only we can protect you” (rimanete vicini alla paura, solo noi possiamo proteggervi).

Con “Wretched and Divine” (brano che dà il titolo al disco) le chitarre e la batteria la fanno da padrona e ci portano in un mondo di paura e hard rock miscelato ad un pizzico di speed metal e guitar metal, mentre il carillon malato e sospeso dalle interruzioni statiche di “We don’t belong” ci portano a canticchiare il ritornello in pieno territorio alternative rock.

Un violino melodrammatico fa da sfondo al secondo messaggio della F.E.A.R., “F.E.A.R. Transmission 2: Trust”, dove si chiamano a raccolta i fedeli al movimento per la lotta di liberazione, fedeli che faranno parte del “Devil’s Choir”, un tripudio di chitarre e cori in sospeso tra i 30 Seconds to Mars e i Three Days Grace. Un intro alla Linkin Park, tra pianoforte e beat drumming con la voce alterata dal megafono, ci porta a “Resurrect the sun“, canzone dalle due anime, una melodica ed una più rabbiosa nel ritornello.

La bravura dei Black Veil Brides è anche quella di spiazzare l’ascoltatore con pezzi come “Overture“, una versione orchestrale del ritornello di “I am bulletproof”: si passa dai violini alla chitarra prima triste poi cattiva e al carillon alla Alice in Wonderland di “Shadows die“, in un’atmosfera da incubi infantili e virtuosismo strumentale dove la voce stessa urla rabbiosa che le ombre stanno morendo, che il tempo sta finendo, che siamo vicini alla fine.

Black Veil Brides - "Wretched and Divine - The Story of the Wild Ones" - Artwork
Black Veil Brides – “Wretched and Divine – The Story of the Wild Ones” – Artwork

“That God does not exist, I cannot deny. That my whole being cries out for a God, I cannot forget” (Quel Dio non esiste, non posso negarlo. Che tutto il mio essere chieda a gran voce un Dio, non posso dimenticarlo). Con questo messaggio di dolore e di rassegnazione si apre “Abeyance“, breve intermezzo che ci conduce a “Days are numbered”, canzone dal drumming serratissimo e che secondo me darà il meglio di se nei concerti.

I BVB stupiscono una seconda volta con “Done for you”, ballad voce, pianoforte e batteria che farà battere il vostro cuore e accendere il vostro accendino. Ma è solo un momento, e si riparte alla grande con l’hard rock di “Nobody’s hero” e con “Lost it all“, la resa alla lotta, che richiama alla mente un grandissimo brano come la cover di “Hurt” cantata da Johnny Cash nella prima parte, per poi mutare completamente nella seconda parte della canzone, con un coro quasi gospel che canta “Can’t you see that we all fall down sometimes? We all fall down” (Non vedi che tutti cadiamo qualche volta? Tutti cadiamo).

Ormai siamo giunti alla fine della storia, e la F.E.A.R. lancia il suo penultimo messaggio, “F.E.A.R. Transmission 3: As war fades” prima della fine, “In the end“, un pezzo in piena chiave melodic metal, dove finalmente non si ha paura di morire. I ribelli alla fine hanno vinto e si scopre che i buoni sono stati sconfitti quando la F.E.A.R. lancia il suo ultimo comunicato, “F.E.A.R. : Final Transmission“, con un inquietante finale: “Non riavrete più la vostra libertà, non fuggirete mai dalla paura”.

Era da tempo che non mi sentivo così pienamente soddisfatto dopo l’ascolto di un nuovo disco. Il lavoro dei BVB è quasi perfetto, la musica si incanala alla perfezione in questo hard-rock dal sapore alternative in cui la band ha deciso di confrontarsi con questo suo terzo lavoro, le puntate (rare) nello scream sono fedeli al progetto del disco e il concept album dal sapore vagamente fantascientifico completa il tutto. Uno dei migliori dischi che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi.

Voto: Dite la vostra!

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