Carmen Consoli: “L’abitudine di tornare”. La recensione

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Carmen Consoli è tornata e si riprende il suo ruolo di cantautrice in questo universo musicale italiano diviso tra talent e mostri sacri. A distanza di cinque anni dal lavoro precedente, “Elettra”, la cantante catanese torna con il suo nuovo album “L’abitudine di tornare.

L’album, annunciato dalla stessa cantautrice con un post sui social network, il 10 luglio 2013, dopo la sua maternità, è stato annunciato dal singolo che da il titolo al disco e dalla stessa autrice con un post su Facebook il 16 dicembre: “Qualcuno diceva che “i sogni non svaniscono finché le persone non li abbandonano”. Dorothy non ha mai accantonato il suo sogno: tornare a casa!
Se solo avesse saputo che per realizzarlo sarebbe bastato un elemento, proprio lì “ai suoi piedi”… battere tre volte le sue magiche scarpette rosse per ottenere ciò che più voleva. Ma questo lei lo scopre solo alla fine, solo dopo aver conosciuto inseparabili compagni di viaggio, dopo aver superato sfide e ostacoli che sembravano insormontabili, solo dopo aver capito che per realizzare un sogno ci vogliono tre ingredienti: testa, cuore, coraggio. Io so di avere le scarpette rosse, so che mi basterebbe batterle per realizzare i miei sogni, ma non voglio rinunciare ad attraversare e vivere passo dopo passo quel magico sentiero dorato che ci conduce ai nostri desideri.”

Il disco, uscito il 20 gennaio e composto da 10 canzoni, si apre proprio con la title track, “L’abitudine di tornare”, un brano molto leggero e dall’impatto sicuro ma non per questo sciocco o banale, che viene subito seguito da “Ottobre”, un brano accennato da un effetto di distorsione e che parla di una storia di amore omosessuale tra due ragazze adolescenti, uno dei brani migliori del disco.

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Carmen Consoli – “L’abitudine di tornare” – Cover

“L’esercito silente” è un pugno nello stomaco, una canzone che parla di mafia e di omertà in maniera diretta e senza giri di parole (chissà se il buon Dio conosce questo inferno/se ha un piano per redimerlo/ chissà se il buon Dio perdonerà il silenzio/chissà se il buon Dio perdonerà Palermo): subito dopo troviamo “Sintonia Imperfetta”, introdotta da una base elettronica, una canzone ironica sull’abitudinarietà di un rapporto d’amore che ormai si è spento come il colore del divano dove siedono i protagonisti. Ironia che troviamo anche in “La signora del quinto piano”, brano che parla di femminicidio e della stupidità e della banalità sia della polizia che dei vicini di casa in questi casi.

In “Oceani deserti”, brano scritto insieme a Max Gazzè, riaffiora il romanticismo un poco contorto e alambiccato della cantantessa, quel tocco originale a cui ci hanno abituate già altre canzoni della cantante siciliana: con “E forse un giorno” si affronta la devastante crisi che sta mettendo in ginocchio il paese e che mette tutto in discussione e che porta a pensare che tutto abbia un prezzo (E forse un giorno ci daranno l’aria/ ad un prezzo più conveniente della benzina).

“San Valentino” è una delle canzoni più lente del disco ed è una vera e propria canzone amore: cambio di registro totale con lo swing iniziale di “La notte più lunga”, canzone dedicata agli sbarchi dei clandestini in Sicilia e che varia nel ritornello con un testo crudo e diretto. Il disco si conclude con “Questa piccola magia”, brano dedicato al figlio Carlo Giuseppe, nato un paio d’anni fa, una ballad consoliana al sapore di bossa nova nella quale, per pochi istanti, la cantante riesce ad ammorbidire lo sguardo sul presente pensando al destino del figlio su questa terra.

Con “L’abitudine di tornare” Carmen Consoli è tornata con un album che dimostra quanto sia in forma: un lavoro pop di gran classe (canzoni migliori “Ottobre” e “Questa piccola magia“), ben confezionato nelle musiche e caustico nei testi, come forse mai la Consoli è stata finora, uno sguardo assolutamente disincantato che con parole ricercate ma mai fuori posto taglia a fette l’Italia moderna tranne poi acquietarsi quando guarda suo figlio. Una fotografia cristallina e cruda della situazione odierna del nostro paese, un paese che sembra quasi senza speranza, in balia di guitti politici, persone che vogliono dimenticare e cinici a buon rendere e che sembra destinato a cadere se non si rialzerà in fretta sulle gambe della bellezza, dell’amore e dell’ironia.

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