Death SS: “Resurrection”. La recensione

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Death SS - "Resurrection" - Artwork

I Death SS (In Death of Steve Sylvester), formazione italiana di heavy metal nata nel lontano 1977 grazie a Steve Sylvester, ex-membro degli Ordo Templi Orientis, è tornata dopo un lungo silenzio con un nuovo disco, “Resurrection“, prodotto dalla Lucifer Rising (di proprietà dello stesso Sylvester) ed illustrato ottimamente dall’artwork di Emanuele Taglietti, disegnatore di Zora la Vampira.

Cominciamo col dire che i Death SS sono da sempre stati una band particolare, un gruppo che suonava solo da mezzanotte in poi e che combina anche dal vivo elementi di horror, occultismo e metal, tanto da diventare pionieri del cosiddetto “horror metal”.  Il gruppo nel corso del tempo ha avuto innumerevoli cambi sia di stile che di formazione fino allo stato attuale, che vede un gruppo di electro-dark classic metal con Sylvester come cantante ed unica costante del gruppo, Bozo Wolff alla batteria, Glenn Strange al basso, Al De Noble alla chitarra e Freddy Delirio alle tastiere.

Nonostante le vicissitudini, il gruppo non si è mai snaturato, rimanendo fedele alla sua idea di metal ed alla sua natura così particolare, mostrando un impianto sonoro che passa dal doom metal al dark senza dimenticare le nuove suggestioni più melodiche e accattivanti, come mostra un brano come “The crimson shine”. Ed è una cosa alquanto curiosa, visto che “Resurrection” nasce come miscuglio di brani registrati nel corso del tempo e prodotti per vari progetti cinematografici e video dalla natura anche molto differente l’uno dall’altro.

Questo però non disturba l’ascolto, ma anzi ci mostra un lavoro dalle varie sfaccettature, dove in 12 canzoni ed in quasi un’ora di musica l’ottavo disco di lunga durata della band pesarese ci porta nel suo mondo fatto di patiti di Dario Argento, Aleister Crowley, Dracula e Carpenter che ci viene introdotto da “Revived“, scritta nel 2009 per la fiction “L’ispettore Coliandro”. Il secondo brano, “The Crimson Shrine” è una rielaborazione dell’ Inno a Pan del celebre occultista inglese Aleister Crowley e mostra come la formazione italiana sia a suo agio nel terreno del gothic-metal di stampo nord europeo versante Sirenia.

Death SS - "Resurrection" - Artwork
Death SS – “Resurrection” – Artwork

The Darkest Night” è un classico della produzione dei Death SS ed è stata già pubblicata lo scorso anno nell’Ep omonimo ed introduce in qualche modo a “Dyonisus“, il migliore brano del disco a mio avviso, dalle atmosfere sognanti e melodiche che colpiscono nel segno, anche grazie all’ottima voce femminile. Dopo viene “Eaters“, colonna sonora del film omonimo prodotto da Luca Boni e Marco Ristori e presentato dal filmaker tedesco Uwe Boll, una canzone perfetta per un film horror-splatter moderno pieno di zombi e terrore.

Star in Sight” ci rivela il lato “morbido” della band, con un brano dove tastiere e chitarre, atmosfera e violenza, pathos e cattiveria si mescolano abilmente, ed è seguita da “Ogre’s Lullaby“, per molti addetti ai lavori una della migliori canzoni del disco, un brano dove il doom si mescola al dark con molta abilità e con una lentezza inquietante, brano questo scelto come colonna sonora del film Paura 3D. Dopo viene “Santa Muerte” che celebra la Madonna scheletrica venerata dagli ispanici ed è la sigla del serial TV “Squadra Investigativa Speciale” nel quale Sylvester recita.

L’accoppiata “The Devil’s Graal” e “The Song of Adoration” ci mostra il lato strumentale e quasi epico della band: la prima è ispirata alla storia del Mostro di Firenze mentre la seconda è tratta da un capitolo del “Book of the Law” sempre di Crowley ed ha un sapore progressive ed egiziano. Il disco si chiude con “Precognition“, brano senza infamia e senza lode, e con “Bad Luck“, canzone che scherza sulla leggenda secondo la quale la band porterebbe sfortuna, un rock’n’roll che ricorda molto da vicino le attuali produzioni dei Lordi.

“Resurrection” è strapieno di singoli dal sapore cinematografico ed epico ma preso nel complesso qualcosa sembra mancare: non si sente aria di continuità e amalgama tra i brani ma piuttosto sembra di avere tra le mani una raccolta, divisa tra episodi più heavy (per esempio “The darkest night”) ed altri più esoterici e sognanti (“Dionysus” su tutti), con Delirio e De Noble sparring partner di altissimo livello di Sylvester. Forse, se si fosse rischiato di più… Ma dal senno di poi non si ricava mai niente. Godiamoci il disco così com’è ed il ritorno dei Death SS alla scena musicale attiva.

 

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