Garbage: “Strange little birds”. La recensione

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Nel settembre 2005 una delle rock band più famose al momento, i Garbage, decise con un messaggio sul sito ufficiale di prendere una pausa perchè i membri della band volevano passare più tempo con le proprie famiglie. Dopo il primo greatest hits intitolato “Absolute Garbage” il gruppo è rimasto in silenzio fino al 2010 quando la band dichiarò di stare lavorando sul quinto album “Not your kind of people” uscito nel 2012: da allora sono passati ben quattro anni prima che il gruppo decidesse di cominciare a lavorare ad un nuovo disco, questo “Strange little birds” uscito da poco e anticipato dal singolo “Empty“.

Il gruppo musicale alternative rock statunitense composto da Butch Vig, Steve Marker, Duke Erikson e Shirley Manson è tornato in sala di registrazione senza avere nessuna nuova canzone già pronta e il missaggio del disco è stato completato nel febbraio di quest’anno dopo ben due anni di lavoro e registrando ben 20 tracce (ne sono sopravvissute solo undici) grazie anche al supporto dell’ingegnere del suono Billy Bush. Sul disco Vig ha dichiarato: “E’ un disco molto confessionale, quasi di confronto. In un sacco di canzoni la voce di Shirley era molto alta e molto asciutta, non abbiamo usato effetti. Ci sono stati momenti nel disco che sono stati molto pesanti ma buona parte del disco è molto intima.”

Il disco è composto da undici canzoni per ben 52 minuti di musica e si apre con “Sometimes“, una sorta di ballad electropop molto lenta e molto strana e qua già i primi fans dei Garbage potrebbero avere un mancamento in quanto sembra mancare quel rock duro e aggressivo che ha reso famosi nei primi anni i Garbage e che nel tempo si è contaminato con il pop e l’elettronica: niente paura, arriva subito dopo il singolo “Empty” a calmare le vostre ansie.

Blackout” è il brano più lungo del disco e quello composto da più anime: inizio ambient, proseguo rock con più linee melodiche al suo interno tra inciso, ritornello e bridge e alla fine ritorno nell’oblio con il dolce suono delle rasoiate elettriche. La linea musicale inquieta e sognante di “Sometimes” viene ripresa in “If I lost you“, brano molto carino e decisamente pop che credo non avrà difficoltà a spopolare in classifica: questa atmosfera molto cupa e dark, oltre a riflettersi nei testi della Manson, la troviamo anche in “Night drive loneliness“, pezzo che sembra uscito da qualche colonna sonora di un film di Lynch.

Cover
Garbage – “Strange little birds” – Cover

Giusto per proseguire la saga del buonumore arriva “Even though our love is doomed“, canzone cupa e oscura nel suo crescendo quasi volontariamente smorzato, forse per renderla più emozionale, così come dimostra il finale distorto e potente. Con il pezzo dopo sembra comparire una traccia di Goldfrapp: “Magnetized” ricorda molto lo stile del duo musicale inglese di musica elettronica e confeziona una delle canzoni migliori del disco, accattivante e ben curata.

Con “We never tell” siamo in pieno territorio Garbage grazie ad un pop-rock carino e ben composto, mentre “So we can stay alive” sembra la crasi perfetta tra le due anime del disco, quella intimista e quella rock, anche grazie alla sua lunghezza che permette di sviluppare bene entrambi i temi musicali. “Teaching little fingers to play” è la canzone che mi ha maggiormente colpito nel disco, sia per il testo molto equivoco e particolare che per la forma musicale, abbastanza inedita per una formazione come i Garbage. Il disco si chiude con “Amends“, altro brano molto d’atmosfera che il paio con “Even though our love is doomed”.

Shirley Manson, parlando di questo disco, aveva detto che la linea guida che aveva seguito il disco era stata quello di mantenerlo un prodotto genuino e di basarsi sull’istinto sia sul piano musicale che su quello lirico, definendo “Strange little birds” come un disco “romantico e vulnerabile“. Di sicuro il disco colpisce più di un nervo scoperto: il gruppo ha ritrovato una sorta di genuinità che non si sentiva dal disco di esordio e ha confezionato un album molto d’atmosfera, quasi cinematico, rilanciandosi grazie ad un certosino lavoro di scrittura e reinventandosi su un piano musicale approfondendo l’uso dell’elettronica e piegandola ai loro scopi musicali. Il risultato è un disco cupo, duro, con pochi colpi d’ala e di luce ma che a primo acchitto risulta familiare e non si capisce bene per quale arcano motivo. E’ un disco fragile, umano fino al midollo, che mostra difetti e fallimenti ma che non perde mai la speranza e che riesce ad intrappolarti nella sua rete, ed è un disco da digerire con calma, lasciandolo sedimentare e concedendogli una seconda (e anche una terza) possibilità, quando finalmente si schiuderà e lascerà gustare i suoi frutti, neri ma piacevoli.  Un disco avventuroso e emozionante che non stanca mai per le sue mille sfaccettature.

 

1 COMMENT

  1. Buongiorno,

    mi trovate d’accordo con il testo della recensione, 3.25 è un pò poco per un album che ripeto, come a voi del resto, è piaciuto tantissimo e che continua ad intrigare sempre più.

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