Giuliano Palma: “Groovin'”. La recensione

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Il mondo della musica è pieno di personaggi a cui vengono affibbiati dei soprannomi e/o dei titoli nobiliarti per indicarne l’importanza e l’impatto che hanno avuto sul mondo della musica: Madonna è la Regina del pop, Michael Jackson era il Re del pop, Aretha Franklin è la Regina del soul e così via.
Gli ascoltatori italiani hanno anche loro un loro titolo nobile nel mondo della musica, ed è quello di “The King” affibbiato a Giuliano Palma, storico ex componente dei Casino Royale che si è guadagnato sul campo il suo soprannome per le sue eccellenti doti vocali che gli hanno permesso di conquistare successi e meriti in Italia e fuori (si pensi al duetto con Caro Emerald in “Riviera Life”).

Giuliano Palma era pronto per rilanciarsi sul mercato a due anni di distanza da “Old boy”, il disco del 2014 presentato al Festival di Sanremo in gara con “Così lontano”, con un disco di suoi inediti ma purtroppo il destino ci ha messo lo zampino e il Re ha perso uno dei suoi Cavalieri più fidati, ovvero Carlo Ubaldo Rossi, morto in seguito ad un incidente in moto sulle colline di Moncalieri. La scomparsa di Rossi ha obbligato Palma a rimescolare tutte le sue carte sul suo futuro e il cantante milanese ha deciso di affidarsi nuovamente ad un terreno a lui familiare, quello delle cover dei pezzi anni ’60 e ’70, per tornare alla ribalta: sono questi i passi che hanno portato a “Groovin’“, il terzo disco da solista del King prodotto da Fabrizio Ferraguzzo e Riccardo “Deepa” Di Paola per la Universal.

Il nuovo album di Palma, composto da 13 canzoni e che vede collaborazioni eccellenti, viene così spiegato dallo stesso cantante: “È un mix di memoria storica e passione. Sono canzoni che ascoltava mia madre e che cantava a casa, sono un pezzo della mia storia personale. Mi sono rimaste dentro e ogni tanto riemergono dal passato. Le canzoni italiane degli anni Sessanta sono quelle che mi piacciono di più, hanno melodie e arrangiamenti che non hanno nulla da invidiare alle produzioni inglesi e americane. Ti fanno venire voglia di cantare”.

Il disco si apre con un pezzo molto estivo, “Bada Bing“, che vede la collaborazione di Cris Cab, stella nascente del pop soul e del reggae americano della prestifiosa scuderia Island, la stessa di Bob Marley: il secondo brano è la funky cover di “Splendida giornata” di Vasco Rossi che vede la partecipazione di Fabri Fibra per dare un giusto tocco di modernità al brano, mentre con la cover di “Eternità” dei Camaleonti il disco rallenta e si immalinconisce, permettendo a Palma di esaltarsi con la sua voce carica di pathos.

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Giuliano Palma – “Groovin'” – Cover

Può un inno di una squadra di calcio diventare un pezzo ska? Palma ci prova con la prestigiosa “You’ll never walk alone“, storico inno del Liverpool, con tanto di coro da stadio di sottofondo, per un risultato tutto sommato apprezzabile. Ma basta girare l’angolo e troviamo il singolo irresistibile con quel gusto Sixties che ha portato al successo The King, “Un pazzo come me (non si può cambiare)“, un brano davvero delizioso. Nell’album c’è anche il tributo a Pino Daniele con una bella versione di “I say i’ sto ccà” in compagnia del rapper Clementino (da tempo Palma ha il sogno nel cassetto di un disco di canzoni tradizionali napoletane arrangiate in chiave ska, chissà se mai ci riuscirà).

Gli occhi verdi dell’amore” dei Profeti diventa tra le mani e le corde vocali di Palma qualcosa di completamente diverso che potreste tranquillamente ascoltare in qualunque balera ai giorni d’oggi: è questo uno dei talenti di Giuliano, quello di modernizzare e rendere attuali brani italiani che altrimenti cadrebbero nel dimenticatoio, come “Qui e là” di Patty Pravo e “Canzone” di Don Backy. Palma ha anche il dono dell’umorisamo, come si sente nella versione di “Don’t go breaking my heart” di Elton John cantata insieme a Chiara Galiazzo e in “Alleluja! Siamo tutti jazzisti“, brano tratto da “Gli Aristogatti” e registrato per il disco dell’anno scorso “We love Disney”. Il disco si chiude con la dolcissima title-track dei Young Rascal e con “I’m in the mood for love“, standard jazz del 1935 portato al successo anche da Louis Armstrong e che chiude in maniera degnissima questo album.

Il disco è dedicato alla memoria di Carlo Ubaldo Rossi (“Carlo sei ogni nota che canto. Sempre“) e si sente che è fatto con il cuore e con il soul, quell’anima che a più riprese Giuliano Palma, nonostante ogni tanto sia stato accusato di essersi commercializzato, continua a tirare fuori e a far vedere che esiste. L’opera di restyling dei grandi classici della musica italiana prosegue alla grande (la versione di “Gli occhi verdi dell’amore” è a dir poco magnifica) e si accompagna sia all’accostamento con grandi interpreti nazionali (Chiara Galiazzo) e internazionali (Cris Cab), questo a dimostrare che tutti quanti vogliono cantare con The King. Molti attendevano un album di inediti ma questo disco non ha assolutamente niente da demeritare e se le premesse per il nuovo disco è “Un pazzo come me (non si può cambiare)” direi che siamo in ottime mani. D’altronde, se uno viene chiamato The King, un motivo ci sarà, no?

 

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