Jovanotti: Ora. La recensione

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Jovanotti - Ora - Artwork

A distanza di tre anni da “Safari” esce Ora” di Jovanotti, album partorito dal cantautore in concomitanza con la perdita della madre. Come egli stesso ha affermato, l’intenzione del disco è quella di “divertire e far ballare”. Questo per poter trascorrere ore serene e spensierate in sala di incisione, dovendo poi recarsi a trovare la madre convalescente.

jovanotti ora cover
Jovanotti - Ora - Artwork
Non aspettatevi quindi il Lorenzo Cherubini di Safari, dove abbiamo potuto ammirare la versione più “italiana” possibile, con ritmi morbidi e atmosfere tranquille. Il Jovanotti di Ora si prodiga in acrobazie a suon di sintetizzatore: le basi sono spesso e volentieri elettroniche. Molta voglia di sperimentare quindi, “innovazione che tra due anni risulti già vecchia”, come lui stesso ha affermato. Che cosa dovrete aspettarvi allora da questo album? Sicuramente non è così facile da apprezzare. Ci vuole tempo, quello giusto per coordinare il gusto tra musica e testi. Il tempo per capire che in fondo Jovanotti diviene sempre più un artista poliedrico, eclettico e che questo suo essere “camaleonte” lo porta ad un’impossibilità di classificazione nel genere. Non potrò quindi dire agli appasionati di rap, ska, funk, jazz, pop, rock, punk che questo album fa per loro: “Ora” è a disposizione di chiunque voglia immergersi nell’allegria di Cherubini, senza discriminazioni di generi e sottogeneri. Troveremo “un po’ di Apocalisse e un po’ di Topolino” (“Megamix”) nel Jovanotti che andremo ad ascoltare. Con questa dichiarazione d’apertura possiamo renderci palesemente conto che le intenzioni sono quelle di soffermarsi, come spesso accade, su argomenti cosmologici, umani, sentimentali. Ma allo stesso tempo non ci sarà la pretesa di serietà un po’ snob in cui spesso ricade il cantautorato, ma la voglia di cantare con il sorriso sulle labbra le proprie rime. Il viaggio inizia così, a colpi di sintetizzatore incalzante e un ritmo sul quale è impossibile non battere un piede, o mettersi addirittura a ballare da soli, nella propria camera da letto o in una metropolitana affollatissima. C’è forse qualche esagerazione, come in “Go!”, dove la voce di Jovanotti lascia spazio a puro divertissment elettronico un po’ troppo fine a se stesso. Buona è però l’idea di riprendere stralci di pezzi storici, per trasportarli in una dimensione più ottimistica rispetto alla versione originale: la malinconicaBlowin’ in the wind” di Bob Dylan dà occasione per dire che “La porta è aperta”, che tutto è ancora possibile perchè “la risposta che soffia nel vento, la sento”. Non pensiamo però che Jovanotti si esenti dagli strumenti più “classici”: rientrano le chitarre (seppur elettriche) in pezzi come “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang”, dove la canzone d’amore trascina chiunque ad immedesimarsi in una grande danza sul mondo e tutta la gente è lì “che si abbraccia forte, che si sbatte forte”. I sorrisi e il rifiuto di ogni tipo di presa di posizione nichilista ritorna poi in “Sul lungomare del mondo”, dove risuona la frase “Non mi han convinto i pessimisti, no..”. Sembra allora che ancora una volta ritorni il Jova che “Pensa positivo” nonostante i cambi di genere, di intenzioni. Questa volta voleva far ballare, divertire: ci è riuscito pienamente. Questo ballare non è però fine a se stesso; Lorenzo Cherubini con le sue parole vuole trasmettere la genuina voglia di vivere, il non limitarsi ad esistere. Cercando di convincere che l’affermazione “Dicono che è vero che ogni sognatore diverrà cinico invecchiando” (“Ora”) può essere ribaltata, andando contro il pensar comune. Non resta quindi che dirvi, ascoltate questo album. Il primo impatto può risultare deludente: una volta entrati però nella dimensione giusta, troverete un mondo pieno di colori, gioia e positività. Se avete anche voglia di farvi un regalo, pensate all’edizione “Deluxe”, dove troviamo versioni interessanti, come “L’elemento umano” realizzato per l’occasione anche in acustico. Buon ascolto!

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