Ligabue, “Mondovisione”. La recensione

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Ligabue - Mondovisione - Artwork

“Mondovisione” trattasi dell’ultimo tassello discografico del cantatutore Luciano Ligabue pubblicato nel mercato discografico lo scorso 25 Novembre per l’etichetta discografica Zoo Aperto. L’album “Mondovisione” arriva a distanza di tre anni e mezzo dall’ultimo album studio “Arrivederci, Mostro!” e segna un cambio stilistico del cantautore di Correggio più maturo nella scrittura e nella ricerca dei suoni. L’iter è questo qui: l’album è stato prodotto da Luciano Luisi, anticipato dal singoloIl sale della terrae presentato in occasione dei concerti tenuti all’Arena di Verona lo scorso mese di Settembre; in rotazione musicale a iosa, questa volta, troviamo il secondo singolo estratto Tu sei lei” .

14 brani inediti e un libro pubblicato (nel tempo libero si diverte a scrivere) “La vita non è in rima (per quello che ne so)” segnano il ritorno di Ligabue che non delude le aspettative, un album “Mondovisione” dai suoni più “tirati”, ricercati, un ritorno alle sonorità che potremmo definire più rock rispetto al privilegio pop sul quale si era (un po’) adagiato negli ultimi lavori. Il primo ascolto lascia ben sperare per il Ligabue che verrà, ma “Mondovisione” per semantica e contenuti è un album che va ascoltato con calma e un pizzico di pigrizia: già non si può apprezzare (o magari criticare) se non ascoltato più volte fino infondo.

Ligabue - Mondovisione - Artwork
Ligabue – Mondovisione – Artwork

Sarebbe una forzatura rendere a parole semplici “Mondovisione” album frutto di una maturazione per nulla facile, ancor più labile utilizzare paragoni ma azzardiamo: se il precedente lavoro è frutto della disillusione, quest’ultimo è figlio della consapevolezza. Il punto focale dell’intera faccenda sta già nella scelta del produttore: se la scelta è caduta su Luciano Luisi la ragione risiede – azzardiamo – nella voglia di partorire un lavoro più intimo, costruendolo all’interno per poi trasmetterlo all’esterno. Che poi è un po’ il filo logico di “Mondovisione”. Rabbia e denuncia, consapevolezza e sentimenti, delusioni e voglia di vivere. Tralasciamo l’iter circa la promozione dell’album (ospiti in vari programmi TV e Rnelle maggiori radio italiane) concentriamoci invece sui contenuti dell’album.

“Il muro del suono” apre l’album “Mondovisione”, le chitarre e i synth in primo piano creano l’atmosfera giusta per un testo carico di rabbia (anche se la pecca sta proprio nell’impatto emotivo che suscita la canzone). Dalla voce non traspare la denuncia, penalizzato il pathos, un pò in secondo piano anche se “c’è qualcuno che può rompere il muro del suono”.

“Siamo chi siamo” e l’utilizzo del bouzouki. Già. Una ballad in stile Ligabue che fa coppia con “Tu sei Lei” sentimentalismo non becero, una carica emotiva in un oceano di disperazione. La consapevolezza di se stessi e la risposta di un amore “quelle rughe sono solo i tentativi che non ho mai fatto”. Alle ballad Ligabue ci ha abituati nel tempo peccato per il bouzouki non protagonista del tutto.

“Il volume delle tue bugie” potrebbe essere la risultante della teoria già esposta da qualcuno che dice “chi pensa male vive male”. Altra ballad dagli infusi contemporanei, tra pop e folk, che anticipa il bel singolo “Il sale della terra” tutta la frustazione e la consapevolezza la si apprezza dai testi decisamente in primo piano rispetto alla musica. Narrazione e fotografia.

“La neve se ne frega” è anche il titolo di un suo libro molto apprezzato dai fan e dal pubblico chitarra, voce e piano. Un nome e un cognome: Luciano Ligabue.

Se “Capo Spartivento” è il primo pezzo strumentale dell’album che ci introduce all’ascolto della seconda parte del disco che richiama un po’ le atmosfere dei primi album di Ligabue (ma siamo ben lontani dai quei tempi): l’immortalità di “Per sempre” e la durezza di suoni e teste come in “Nati per vivere (adesso e qui)” si uniscono all’inno composto per la sua terra natìa “La terra trema, amore mio”.

“Ciò che rimane di noi” merita un’attenzione particolare, la cultura musicale anglo-americana di cui è figlio Ligabue (ma il cantautorato è tutto italiano) si fonde tutto in questo brano. Da ascoltare più volte, contenuti e significato.

“Il suono, il brutto e il cattivo” è un omaggio strumentale a Ennio Morricone che anticipa la chiusura dell’album che porta una ventata di speranza e positività: “Con la scusa del rock’n’roll” brano dalle sonorità indie-rock e la consapevolezza che “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo” con una peculiarità; trattasi della parte strumentale finale da ascoltare tutta.

Chiarezza e durezza di contenuti, sentimentalismo non becero e consapevolezza: un Ligabue molto maturo nella ricerca dei suoni e nell’utilizzo delle parole, pensieri diretti e scrittura a tratti sincopata. Una maturazione che lascia ben sperare per quello che sarà. Se nel frattempo già sono state annunciate le date del tour che porterà “Mondovisione” in giro per gli stadi italiani dobbiamo dire che siamo ben lontani dalle sperimentazioni passate. Ma davvero un bel disco. Bravo Luciano!

 

 

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