Mario Biondi: “Sun”. La recensione

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Mario Biondi, una delle voci più particolari della musica italiana, ha da poco pubblicato un nuovo disco di inediti, “Sun“, anticipato dal singolo “Shine on“. L’album è entrato direttamente in prima posizione FIMI alla prima settimana di rilevazione.

Biondi (il cui vero nome è Mario Ranno) affida al mercato la sua quinta fatica in studio, rigorosamente in inglese (lingua che ormai lo ha eletto re delle classifiche, visto il suo successo all’estero e le sue collaborazioni con grandissimi del blues e del jazz come gli Incognito e Burt Bacharach) e riesce ad arricchire il suo lavoro anche di alcune eccellenti featuring come gli stessi Incognito, Al Jarreau, Omar, Leon Ware e James Taylor. Nomi di tutto rispetto che dicono quanto sia andato lontano il ragazzino che faceva il corista per Ray Charles e che ora vende milioni di dischi nel mondo.

Il disco, dopo una piccola intro alla Big Orchestra, apre subito con il singolo scelto per promuoverlo, una sbarazzina “Shine on” in chiave funky pop dal ritmo coinvolgente. La voce di Mario Biondi ci porta poi nel jazz di “Come to me” e in quei suoni come sono ormai dei classici del suo repertorio che lo hanno reso famoso nel mondo come “What you done to me“.

Mario Biondi  - "Sun" - Artwork
Mario Biondi – “Sun” – Artwork

Ascoltando pezzi come “Woman woman“,  “Never stop” (con la voce di Omar), “Catch the sunshine” (con la partecipazione di Leon Ware), “I can’t read your mind” ma soprattutto “Lowdown” (con gli Incognito e Chaka Khan) sembra di essere sbalzati in un’istante nei mitici anni ’70, nelle sale dove nasceva la disco, nei mitici Studio54, nei dischi di Barry White e nei pantaloni alla zuava.

Il disco contiene anche altre collaborazioni più o meno riuscite (meno quella con James Taylor in “Deep Space“, più quella con Al Jarreau in “Light to the world“) e anche una canzone in italiano “La voglia la pazzia l’idea“, un breve pezzo molto particolare e che sembra quasi stonare nel disco.

Nel complesso un buon disco, soprattutto per chi ama il genere: per gli altri alla lunga (il disco dura un’ora) questo lavoro probabilmente risulterà pesante e monotono, quasi anacronistico. Ma è questione di gusti: il disco in sé è un buon prodotto e la voce di Biondi ne esce rinforzata, forse troppo tentata di ricalcare le orme di un grande della musica funky come Barry White perdendo quasi di propria personalità. Ma forse è solo una mia impressione.

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