Pearl Jam e Bruce Springsteen, la cultura che non trova spazio in Italia

2
936
Pearl Jam & Bruce Springsteen al Festival dell' Isola di Wight | © Samir Hussein/Getty Images

Ci sono persone e persone. Ed ognuna ha una propria visione del mondo. Tralasciamo i luoghi comuni. Tuttavia, ci sono dei caratteri – azzardiamo – discriminatori che differenziano ogni individuo, da quest’ultimo – nevvero! – a corpi che camminano. E in questo periodo di crisi mentale (altro che finanziaria) risulta difficile capire da che parte è l’uno e da che parte è l’altro. L’ipotesi è a tratti meno difficile per chi invece si affida alla propria ispirazione, all’intuito, alla passione. Non tutti appartengono a questo oblio che degenera incontrastato.

Giuste per citarne due: Eddie Vedder, quindi i Pearl Jam e Bruce Springsteen. Individui che diventano un tutt’uno rispettivamente con i Pearl Jam e The E-Street Band. Entrambi (con le rispettive band) sono in tour, e proprio nei giorni passati hanno fatto tappa all’Isola di Wight il Festival di Musica Rock più atteso dell’anno, insieme all’Hard Rock Calling e ad altri. A parte le avverse condizioni metereologiche che hanno reso difficile la permanenza del pubblico e lo svolgersi dell’evento, niente ha fermato la musica. E che musica. La forza – l’empatia comunicativa vince sempre. Anche contro le avversità più estreme, o i giochi meschini cui è vittima questo mondo. E ciò che rende uniche personalità (individui) del genere, sono proprio la lealtà e la trasparenza del proprio lavoro, delle influenze ricevute, ai tributi spontanei. Mica come in Italia che bisogna difendersi dal modo di fare “tutto italiano”, in cui trovano spazio furbizia – disonestà – arroganza – dimenticanza. Cioè: se non sei sempre presente sulle scene vieni dimenticato, il professore di turno ha sempre qualcosa da obiettare discostandosi dal problema, tutti bravi ad usurpare e tendenti alla dimenticanza generale. Ma per fortuna non funziona così dappertutto.

146942411
Pearl Jam & Bruce Springsteen al Festival dell' Isola di Wight | © Samir Hussein/Getty Images

Prima Bruce Springsteen (che non ha mai avuto timore di rendere pubbliche le influenze ricevute dagli artisti – cui ha tratto anche ispirazione) poi Eddie Vedder che nella polemica che lo interessò (Kurt Cobain attaccò duramente i Pearl Jam accusandoli di avere letteralmente copiato il modo di fare ed intendere musica propria dei Nirvana) oltre alla legittima difesa, in un concerto pochi giorni dopo l’annuncio della morte del frontman dei Nirvana, rese omaggio a quest’ultimo dicendo: “Oggi il mondo della musica ha perso un diamante. E noi siamo qui per ricordarlo. Se non ci fosse stato Kurt Cobain, noi forse non saremo su questo palco a suonare – ndR”. Una cosa del genere, in Italia, sarebbe difficile da immaginare. Figuriamoci vederla avverare. Forse è questa la differenza – né tutto bianco né tutto nero – tra l’Italia e il resto del mondo.

Ma arriviamo al punto. Il giorno 23 Giugno 2012 sono attesi all’Isola di Wight come headliners i Pearl Jam. Hanno eseguito una cover di Joe Strummer – “Arms aloft”, il pezzo eseguito – e subito dopo Eddie Vedder si è lasciato andare dichiarando: Joe avrebbe adorato questo posto, lo stavamo pensando mentre arrivavamo qua. E’ triste sapere che il prossimo Dicembre saranno 10 anni che non è più con noi – ndR”. Proviamo ad immaginare cosa sarebbe successo, se un cantante o una band italiana avesse fatto lo stesso. Anzi, forse una cosa del genere non potrebbe mai accadere. Il perchè, lo abbiamo già esposto. Ma non solo, Eddie Vedder durante il concerto aveva indosso una maglietta con scritto tramps like us, baby we were born to run – ndR”. E’ palese il richiamo ad una celebre canzone di Bruce Springsteen. Non dimentichiamo, poi, il pezzo “My City of Ruins” cantato da Eddie Vedder in presenza dello stesso Springsteen. Ecco qui il video:

 

Eddie Vedder – My City of Ruins

Ieri, 24 Giugno 2012, come headliner erano attesi Bruce Springsteen & The E-Street Band. Un concerto  di 2 ore e 50 minuti. Un curioso aneddoto ci svela che proprio lui, tre anni fa in occasione di un concerto a Glastonbury, eseguì una cover di “Coma Girl” di Joe Strummer & The Mescaleros. Non solo. Nel 2009 in occasione del concerto tenutosi all’Hyde Park in occasione dell’ Hard Rock Calling aprì il concerto con una cover di “London Calling” dei Clash. Per non citare i numerosi tributi e le cover eseguite durante la carriera. Cose che si possono apprezzare solo all’estero, data la palese cultura della polemica e del sospetto, tutta italiana.

Con questo, spostiamo l’attenzione su un punto cruciale: mentre nel resto del mondo la musica è condivisione, in Italia ci si focalizza sempre sui demeriti spallegiati da polemiche e sospetti. Un popolo senza identità. Poi tutti si chiedono perchè il resto del mondo ci deride. Poi mi chiedo perchè – invece – il popolo dei concerti italiano è apprezzato da artisti di fama internazionale.

2 COMMENTS

  1. Io le parlo da amante assoluta di Bruce, da fan appassionata dei Pearl e, non per ultimo, da fan italiana. Ha ragione, c’è una politica del sospetto e dell’oblio in Italia. Ma qui, in questo articolo stiamo parlando di artisti, non di cantanti da due soldi. In Italia chiunque rende omaggio a Faber, indiscusso poeta: il giorno del suo compleanno, Jovanotti stava facendo un concerto. L’ha citato e ha cantato Bocca di Rosa.
    Il vero problema in Italia è che gli artisti veri famosi sono pochi e i rimanenti sono sconosciuti, ingoiati dalla bestia del marketing e della musica commerciale.
    All’estero non sono santi, all’esteroLady Gaga e Madonna si insultano, all’estero fanno canzoni di strafottenza verso i colleghi. E poi sì, all’estero ci sono anche artisti che rendono gloria agli altri.
    Quelli che definisco “artisti” in Italia non hanno problemi a onorare chi lo merita. Ci si onora tra grandi, non vedrà mai un anima debole ringraziare un mito e non vedrà mai un artista ringraziare una nullità musicale. Quando due grandi si influenzano, si ringraziano, il problema è trovarli. E all’estero hanno il vantaggio della legge dei grandi numeri, della probabilità. Insomma, sono di più e hanno più artisti di noi in circolazione!
    Il nostro è un popolo grande, in declino, ma grande. Possiamo rialzarci musicalmente e moralmente. Ma dobbiamo crederci sempre, senza arrenderci. No retreat, baby, no surrender, in qualsiasi ambito ce ne sia bisogno.
    Ps: scusi la citazione, ma queste parole sono scolpite nella mia materia grigia..proprio non se ne vanno.

    • Cara Vale, inziamo a darci del tu che la musica non ammette barriere.
      Condivido in toto la tua analisi (no retreat, baby, no surrender).
      E’ una cultura che troverà spazio anche qui.
      Solo un pò di tempo.

Rispondi a vale Cancel reply

Please enter your comment!
Please enter your name here

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.