Redeem: “Awake”. La recensione

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È uscito “Awake“, il nuovo e terzo disco dei Redeem, formazione di alternative rock svizzera composta da Stefano “Saint” Paolucci, Alessio Piazza e Simon Steiner.

Il gruppo nasce nel 2003 a Zurigo in Svizzera e nel nel 2006 esce il primo album “Eleven” che gode di riscontri positivi con il singolo “Alive” che viaggia sui canali musicali svizzeri come MTV o Viva: da lì il gruppo parte in tour in Europa con mostri sacri del rock come i 3 Doors Down, Gotthard, Daughtry e i Die Toten Hosen. Nel 2008 i Redeem vengono messi sotto contratto dalla Universal Music e iniziano subito a lavorare al secondo disco “999“, che uscirà nel 2011: dal 2012 Alessio Piazza entra a far parte della band, contribuendo alla presenza scenica della stessa e modificando lì’assetto musicale della band, come si sente nelle canzoni che in questo caso hanno avuto una genesi più veloce dei casi precedenti, visto che il gruppo ha cominciato a lavorarci dal settembre dello scorso anno.

Dopo “Eleven” e “999” la band presenta la sua terza fatica in studio, “Awake“, un disco composto da dodici brani (11 tracce più la bonus track) per quasi 44 minuti di musica e si apre subito con “Insanity“, brano decisamente rock che scava a fondo nella memoria e riporta agli anni ’90 di formazioni come i De/Vision e i Paradise Lost. Subito dopo troviamo “Chanson d’amour“, che inganna con il titolo in quanto è un brano hard rock che pesta pesante sul tempo e taglia l’aria con i suoi riff metallici e cattivi.

The Last Goodbye” è il nuovo singolo/videoclip scritto per qualcuno che ha perso una moglie la quale ha deciso deliberatamente di farla finita con la vita e i Redeem riescono nell’ìmpresa di non appesantire la canzone anche se ci sono alcuni passaggi a vuoto nella canzone: con “Guilty” invece si verifica un curioso fenomeno, ovvero la memoria cerca di richiamare un preciso periodo storico-musicale ma non ci riesce. La title-track riesce finamente in quest’opera e ci troviamo nel rock alla Therapy? e questo fenomeno di collocazione c’è per buona parte del disco.

La canzone “Beautiful Day” è dedicata ai figli di Paolucci ed è una dolce ballad coinvolgente e che abbraccia l’ascoltatore: subito dopo troviamo l’unico brano scritto in italiano nel disco, “La luna“, che nel disco fa un effetto strano, non cattivo, intendiamoci, ma strano, grazie alla contaminazione degli stili al suo interno tra rock e pop. Con “The riddle” siamo in pieno territorio di sperimentazione musicale tra melodie catchy, atmosfere oscure e chitarre rudi.

Redeem awake
Redeem – “Awake” – Cover

L’album nel suo complesso risente di un certo taglio duro e cupo che è figlio degli sbalzi tra luce e ombra che si avvertono sia nella melodia che nei testi e questo diventa esemplare con “Borderline“, il primo singolo e potenzialmente il migliore brano del disco, un’energica ballata che gioca con i contrasti. “Alter ego” invece vira decisamente verso il nu metal mentre l’ultimo brano, “Judgement Day” denuncia in toni violenti e rock (con qualche punta di elettronica) il malessere di una società in cui il singolo, anziché piegarsi alla sua volontà, preferisce piegarsi alla volontà degli altri. La bonus track è una versione acustica di “The last goodbye” solo pianoforte e voce e qui accade un piccolo miracolo, la canzone si spoglia della sua pesantezza e si solleva dal suo fardello rock per librarsi libera e senza pesi in uno spazio nuovo, delicato e emozionante.

Nel giro di pochi mesi i Redeem sono riusciti a produrre un album molto denso e potente: “Awake” è un disco diretto e senza compromessi che parla di tutto ciò che rappresenta la vita (amore, odio, gioia e dolore) sfruttando il linguaggio del rock. Il nuovo album del trio svizzero ha sonorità dure, energiche e che richiamano alla mente tanti gruppi prima di loro (Therapy?, Good Charlotte, De/Vision, Paradise Lost) sfuggendo per fortuna alla gabbia del già sentito, trappola assolutamente da evitare. Non solo, quando lascia gli ormeggi del rock duro e puro la band mostra di avere insospettabili qualità soprattutto in chiave compositiva e musicale, come dimostra la ghost track e il singolo “Borderline“. Forse questa direzione (e tutto quello che ne consegue) sarebbe da esplorare ulteriormente senza paura e con la fiducia nei propri mezzi, se i Redeem volessero. Intanto godiamoci un buon disco di rock.

 

 

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