Afterhours a Napoli, “Folfiri o Folfox è la nostra palingenesi”

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Afterhours, presentazione "Folfiri o Folfox" - Ph. © Angelo Moraca

“Folfiri o Folfox è la nostra palingenesi” – un disco che segna una nuova tappa della carriera degli Afterhours. Un vulcano pronto a sprigionare la sua energia, complice il tour che partirà il prossimo mese di Luglio dal Kimera Rock festival di Avezzano. Poca filosofia, molto contenuto. Lo ribadisce con incedere incalzante Manuel Agnelli: “è il contenuto che fa l’oggetto”, sempre pacato ma molto attento a rispondere alle domande dei fan che senza scrupoli chiedono perché il tour non faccia tappa a Napoli. Prima il lavoro in studio, poi il resto. Ed è proprio su Folfiri o Folfox (nel mercato discografico dallo scorso 10 Giugno, ndR) che si concentra la chiacchierata prima di vestire gli strumenti con il suo alter ego Rodrigo D’Erasmo, trascinando nella loro musica i fan presenti, come la lava di un vulcano. Appunto.

Afterhours, presentazione "Folfiri o Folfox" - Ph. © Angelo Moraca
Afterhours, presentazione “Folfiri o Folfox” – Ph. © Angelo Moraca

Chitarra, violino, pianoforte. Voce. “Come fai ad avere una voce così forte, espressiva!?” – chiedono dal pubblico – “fondamentalmente sono un baritono basso ma provengo dalla cultura punk dove se non urlavi non riuscivi a trasmettere ciò che avevi dentro – salvo poi dare una testata a chi era di fronte (ride)” – continua. “Le sonorità di quest’album mi permettono di espellere le tossine.” La rinascita, già. Un lavoro “Folfiri o Folfox” che nasce e si sviluppa dopo periodi di profondi cambiamenti, di perdite, di morte e vita. Un flusso che si rinnova, sempre. Nulla di (ri)cercato, nessuna scelta anchilosata, solo dedizione al lavoro e ispirazione. Lo dice a chiare lettere Rodrigo D’erasmo, “ogni giorno in studio, ad orari ragionevoli pero'” – ride – “nessuna attesa, nessuna ricerca particolare, solo piena dedizione agli strumenti e alla fase compositiva. Manuel ha la capacità di elaborare le cose in maniera tempestiva, così mentre io elaboravo i miei dubbi lui imbracciava già la chitarra e tutto ha avuto senso, poi.” Ma gli Afterhours non sono solo Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo: “fondamentale è stata l’impronta di Roberto (Dell’Era) e Fabio (Rondanini) che in studio si sono superati. Ad esempio in “Se io fossi giudice”, mancava la timbrica, il pezzo non suonava. Poi è arrivata la chitarra…” – continua – “e l’impronta noise rock della batteria di Fabio!”.  Molto materiale inedito, distrutto da scelte precise di contenuto: nulla c’entrava con “Folfiri o Folfox”, salvo poi riprenderlo in futuro.

La copertina, poi. “Il simbolo dell’orchidea è stata una scelta di mia figlia” – dice Agnelli – “ha visto questa foto che ho scattato con il cellulare ed è stata rapita dall’immagine. Avevo qualche dubbio, qualche riserva, ma poi ho letto che l’orchidea si nutre della materia in decomposizione. Come la chemioterapia con un tumore. L’orchidea è l’amore, la ricerca di romanticismo; lo sfondo nero sono i problemi, le difficoltà, la paura.” Un disco “Folfiri o Folfox” per le nuove generazioni, un messaggio di speranza, di continua ricerca della forza interiore necessaria per andare avanti anche quando siamo morti dentro. Che tutto contribuisca ad essere una tappa della propria esistenza, senza scorciatoie, che possono sì portare dei risultati immediati, salvo poi scemare subito dopo. Perché – ancora – la soddisfazione arriva dal poter fare le cose in libertà: così parlarono gli Afterhours.

 

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