Appino: “Il Testamento”. La recensione

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Appino - Il Testamento

Una vita passata con gli Zen Circus quella di Andrea Appino, pisano classe 1978. Il cantautore, chitarrista, produttore discografico nonché frontman del già citato gruppo toscano, circa sei mesi fa, ha annunciato di voler intraprendere un percorso solista.

“Il Testamento” è stato pubblicato da La Tempesta/Universal il 5 Marzo 2013 e le registrazioni dell’album si sono svolte a partire dall’inizio di Gennaio 2013. Come mostrato dallo stesso Appino via Facebook, in sala di registrazione (Sam World Studio a Lari) sono comparsi molti volti conosciuti della musica italiana, da Giulio Favero (co-produttore, mixer e basso) passando per Franz Valente (batteria), Rodrigo D’Erasmo (violino), Gatti Mézzi e Marina Rei (cori).

Anticipato da “Che il lupo cattivo vegli su di te”, il cui videoclip è stato diretto da Stefano Poletti, ne “Il Testamento” Appino mette in mostra tutta la sua vena cantautorale con brani che si appiccicano addosso proprio a partire dai testi, cinici, malinconici ma intensamente illuminanti. La base ritmica è quella de Il Teatro degli Orrori, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, impreziosita dalla presenza di Rodrigo D’Erasmo, il violino degli Afterhours che recentemente ha lavorato anche con i Muse.

Appino – “Il Testamento”. L’analisi del disco

Quattordici tracce che raccontano storie di vita, un ritratto della società (non per forza moderna). Appino in interviste pre-uscita del lavoro ha spiegato che alcune canzoni non sarebbero mai state adatte per gli Zen Circus ma perfette per un disco proprio.

“Il Testamento” si sente che è un disco profondamente voluto, dove i testi appaiono senza filtri, liberi di essere ascoltati. La famiglia è il centro dell’album. Una famiglia che non è sempre gioia ma anche dolore. Un album che attinge dal rock moderno ma anche dal cantautorato anni ’70, il tutto miscelato grazie ad una base ritmica magistrale che rende il lavoro completo.

“Il Testamento” – Tracklist:

Appino - Il Testamento - Artwork
Appino – Il Testamento – Artwork
  1. Il testamento
  2. Che il lupo cattivo vegli su di te
  3. Passaporto
  4. Lo specchio dell’anima
  5. Fuoco!
  6. La festa della liberazione
  7. Questione d’orario
  8. Fiume padre
  9. Solo gli stronzi muoiono
  10. I giorni della merla
  11. Tre ponti
  12. Godi (adesso che puoi)
  13. Schizofrenia
  14. 1983

Si parte con “Il Testamento” che inizia con il violino magistrale di Rodrigo D’Erasmo. Una riflessione nata dalla morte di Mario Monicelli. Il 29 Novembre 2010 l’amato regista toscano, ormai in fase terminale, decise di suicidarsi gettandosi dal quinto piano dell’ospedale romano in cui era ricoverato. Il testo è fra i più belli dell’intero disco: “ho scelto tutto quello che volevo fare / ed ho pagato ben contento di pagare / perché la scelta in fondo è l’unica cosa / che rende questa vita almeno dignitosa / e quindi scelgo di saltar giù dal cornicione”. Un brano delicato e drammatico, arricchito da un superbo violino.

La seconda traccia “Che il lupo cattivo vegli su di te” è il brano scelto come singolo per rappresentare il disco. Spiegato dallo stesso Appino come una ninna nanna al contrario, il brano affronta la tematica dei nemici e della falsità della gente. Da sottolineare l’impatto ritmico che sostiene alla perfezione il testo. “Passaporto” affronta la tematica del viaggio come bisogno di evadere. Il brano si muove su una cantilena ripetuta dove la parola più rappresentativa è “passa”. “Un passaporto è tutto ciò di cui ho bisogno / per viaggiarmi dentro e non viaggiarmi intorno / tutto questo tempo speso ad imparare / poi quanto tempo ti rimane per viaggiare”. 

Il nostro peggior nemico siamo noi stessi, questo è il messaggio di “Lo specchio dell’anima”, una canzone rabbiosa e potente. Ci troviamo alla quinta traccia e “Fuoco!” cerca di affrontare il tema più discusso da sempre: l’amore. Appino realizza una ballata a tratti cinica ma profondamente veritiera: “e tutto questo amore io non l’ho mai voluto / tutto questo amore io non l’ho mai vissuto / tutto questo amore non l’ho mai voluto / a tutto questo amore io non ho mai creduto”. Una ballata romanticamente diversa.

“La festa della liberazione” è puro cantautorato. Appino propone un inno alla libertà, per nulla banale. La canzone riprende “Desolation Row” di Bob Dylan, visto che la struttura del brano è identica, cambiano gli accordi. “Questione d’orario” parla dell’esilio di una madre che scopre di essere incinta di un altro uomo, il tutto raccontato in una visione moderna grazie ad una lirica diretta. “Fiume padre” seppur vanta un testo intenso è supportato da una ritmica quasi “positiva”, molto aperta e semplice: “io respiro con te ma non posso / respirare per te, io la vedo così / scappare non ci serve a niente / scappare non ci serve a niente”. C’è da aggiungere altro?

Rodrigo D'Erasmo & Andrea Appino | Pagina Facebook Appino
Rodrigo D’Erasmo & Andrea Appino | Pagina Facebook Appino

Nella nona traccia “Solo gli stronzi muoiono” ricompare la figura di Monicelli il quale rispose proprio così alla domanda “Non ha paura di morire?”. Come si affronta la morte? Ci troviamo davanti ad una canzone spinta su un ritmo sostenuto e martellante. Crea un senso d’inquietudine, fortemente voluto, dove la coniugazione del verbo morire trova un largo utilizzo. “I giorni della merla” inizia con il suono che ricorda quello di un carillon. Il protagonista è ancora una volta l’amore. Quante volte ci convinciamo di amare quasi per obbligo e non per libertà? Una canzone che suscita riflessioni a catena.

“Tre ponti” inizia con un ritmo quasi cinematografico. Ci troviamo nuovamente davanti ad un racconto di vita dove l’amore assume una connotazione di disfatta. Ci avviciniamo alla fine del disco con “Godi (adesso che puoi)” che si snoda attorno alla rassegnazione. Le tematiche sono quanto già detto in precedenza. Una canzone che è stata paragonata alla lirica di Lucio Dalla e lo stesso Appino ha sottolineato che è un omaggio proprio al compianto artista.

“Schizofrenia” riprende la stessa paura di se stessi già affrontata in “Lo specchio dell’anima”. La figura del padre aleggia in un amore – odio perenne. Il brano inizia in modo molto delicato, circa un terzo della canzone è solamente strumentale. La ritmica di “Schizofrenia” ricorda alcune delle canzoni più infuocate de Il Teatro degli Orrori. Un ritmo sempre portato al limite, dove il testo viene urlato, quasi coro da stadio. Appino ci saluta con “1983”. Ancora una volta il cantautore sceglie di chiudere come ha iniziato, con la storia di una generazione. Una storia, come ha definito lui stesso, “tutta italiana”. Il brano è ispirato al discorso di Natale del presidente Pertini. Si arriva, alla fine, a questo “paese nuovo” che ricorda fortemente il “paese reale” degli Afterhours.

“Il Testamento” è un disco introspettivo, assolutamente personale e a tratti anche complesso, soprattutto per le tematiche trattate. E’ un album che fa riflettere. “Il Testamento” scatena riflessioni profonde sul senso della vita, sul senso delle scelte, sulla voglia di scappare, anche se scappare non è una soluzione.

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