La vicenda che ha portato all’ordinanza della Cassazione - Melodicamente.com
La Corte di Cassazione ha nuovamente fatto chiarezza sulle conseguenze degli accertamenti fiscali notificati a società.
La sentenza ribadisce un principio fondamentale per i contribuenti e i loro soci: un atto di accertamento fiscale notificato a una società di persone inesistente è nullo, e tale nullità si estende anche agli atti notificati ai singoli soci. Questa decisione rappresenta un’importante tutela contro le pretese fiscali basate su atti viziati da nullità formali, evitando così lunghi e onerosi contenziosi.
Il caso esaminato riguarda una società in accomandita semplice (Sas) che, al momento della notifica di un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, era già stata cancellata dal registro delle imprese. Di fatto, l’atto veniva notificato a un soggetto giuridico inesistente. Nonostante l’annullamento dell’atto principale in primo grado, il Fisco aveva continuato a pretendere il pagamento delle somme dai singoli soci.
La Corte di Cassazione ha chiarito che, nelle società di persone, la responsabilità dei soci è strettamente collegata a quella della società stessa. Questo perché, per effetto dell’obbligo di trasparenza fiscale, il reddito della società è imputato direttamente ai soci in proporzione alle quote di partecipazione. Se la società non esiste più, i soci non hanno più quote, rendendo nullo l’avviso di accertamento.
“Se l’atto notificato alla società è nullo, di conseguenza è nullo anche quello notificato ai soci,” afferma la Cassazione, sottolineando che l’invalidità del primo atto annulla tutte le pretese fiscali rivolte ai singoli soci.
Limiti all’estensione della nullità degli atti notificati ai soci
Tuttavia, la Corte ha precisato che questa estensione della nullità non è automatica in ogni situazione. Se l’atto societario è nullo, ma tale nullità non incide sugli atti notificati individualmente ai soci, questi ultimi potrebbero rimanere validi. Ad esempio, se un avviso è stato notificato in ritardo solo per la società ma i soci hanno ricevuto gli avvisi nei termini, l’annullamento non si estende agli atti dei soci.
Inoltre, la nullità autonoma di un atto notificato a un singolo socio, indipendente da quella dell’atto societario, comporta l’annullamento solo di quell’atto specifico, non di quello societario. Questo richiede un’attenta valutazione caso per caso per stabilire se le nullità siano connesse o meno.

La sentenza si inserisce in un contesto normativo complesso. Dal 13 dicembre 2014, infatti, la legge prevede una sopravvivenza fittizia fiscale per le società cessate, che consente all’Agenzia delle Entrate di notificare atti anche a società cancellate dal registro per un periodo di cinque anni successivi alla cessazione. Questa norma ha lo scopo di permettere il recupero di imposte non versate o accertamenti relativi a periodi precedenti la chiusura.
Tuttavia, la disposizione non ha efficacia retroattiva. Nel caso giudicato dalla Cassazione, la società era cessata prima dell’entrata in vigore della norma, quindi la sopravvivenza fittizia non poteva essere applicata. Ciò ha portato alla dichiarazione di nullità degli atti notificati, con conseguente annullamento delle pretese fiscali rivolte ai soci.
Quando scatta un accertamento fiscale e il ruolo dei decreti ingiuntivi
Oltre alla nullità degli accertamenti notificati a società cessate, è utile comprendere cosa determina l’avvio di un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’accertamento è uno strumento con cui il Fisco verifica la correttezza delle dichiarazioni dei redditi e delle imposte versate da contribuenti e imprese.
Un elemento che può far scattare un controllo è la presenza di un decreto ingiuntivo a carico del contribuente. Tale provvedimento giudiziario, utilizzato per ottenere il pagamento di un credito certo e non contestato, può segnalare una situazione economica in contrasto con quanto dichiarato al Fisco. Ad esempio, un decreto ingiuntivo per il mancato pagamento di un prestito bancario, se accompagnato da redditi dichiarati irrisori, può far sorgere sospetti sull’effettiva capacità contributiva.
L’Agenzia delle Entrate, grazie a un capillare sistema di incrocio dati, monitora movimenti bancari, proprietà immobiliari, passaggi patrimoniali e altri indicatori di capacità economica. Se emergono incoerenze tra il tenore di vita e le dichiarazioni fiscali, l’atto di accertamento diventa probabile.
