Davide Santorsola: “Stainless”. La Recensione

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Davide Santorsola - Steinless/ Artwork | Sito ufficiale

Davide Santorsola dice: la vita da jazzista non è assolutamente facile.
Negli ultimi 60 anni il genere prima sviluppatosi oltre oceano, poi diventato la musica leggera impegnata per eccellenza, ha raggiunto alti livelli di espansione.
Artisti come Miles Davis, Bill Evans, Gershwin (dai quali Santorsola è fortemente ispirato) e tanti altri esponenti del genere hanno reso questa musica dal sapore popolare, un genere dalle mille sfumature, ricco di elementi classici ma anche di elementi moderni (riferendoci al blues e al bepop).
Santorsola è un pianista italiano dalla fama internazionale. All’attivo dal 1989 ha già dato vita a tanti successi, tour in Giappone, collaborazioni preziosissime e tanti lavori discografici, ultimo della serie “Stainless”.
Lo stesso titolo dell’album nella lingua italiana ha il significato di “incontaminato”.
Caratteristica del compositore pugliese è abbracciare la tradizione rivisitandola con elementi contemporanei, i quali prendono parte dal passato, ricostruendo a piccoli passi il futuro.
Le parole di Santorsola si riferiscono ovviamente alla musica, ma potremmo considerare la sua affermazione come applicabile in tutti i campi dell’arte, della scienza e del pensiero.
Il compositore pugliese ha voluto affrontare un viaggio in quella che è la storia di un genere che lui rende contemporaneo, un jazz nato alla fine degli anni ’40 ma reso più che mai attuale dalla sapienza di un grande improvvisatore.
Stainless è la raccolta di 15 pezzi, tra i quali 7 inediti e 8 riarrangiamenti di brani intramontabili appartenenti alla scena jazz classica, una recording session jazz di piano, archi e percussioni.

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Davide Santorsola – Steinless – Artwork

La tracklist dell’album è la seguente:

1. My Favourite Things (di R. Rodgers)
2. My Funny Valentine (di R. Rodgers e L. Hart)
3. My One And Only Love (di G. Wood e R. Melling)
4. Light And Grey (di D. Santorsola)
5. I Loves You Porgy (di G. Gershwin e I. Gershwin)
6. Parenthesis #2 (di D. Santorsola)
7. The Way You Look Tonight (di J. Kern)
8. Puccini Opening (di D. Santorsola)
9. Puccini (Part I ) (di D. Santorsola)
10. Nessun Dorma (di G. Puccini)
11. Puccini (Part II) (di D. Santorsola)
12. E Lucevan Le Stelle (di G. Puccini)
13. BE 25 (di D. Santorsola)
14. X 38 (di D. Santorsola)
15. 7 Anéis (di E. Gismonti).

L’album si apre con “My favourite things”, primo tributo a Rodgers e al jazz anni 40. Le piccole sfumature che Santorsola ha saputo rinnovare si percepiscono in maniera evidente rispetto all’originale esecuzione affidata nel tempo a tanti grandi di questo genere. L’intro incantevole di un tema orchestrale accompagna il pianoforte che sembra tracciare un sentiero verso quella che sarà l’apertura musicale, quasi a sfociare nei consensi di un tema sereno e romantico addolcito da un timido fiato di sottofondo e un organo appena percepito. Continui i crescendi verso cui il tema principale si trasporta. Improvvisazioni continue del piano sembrano intrecciarsi perfettamente agli archi di uno dei pezzi più famosi del repertorio jazz di sempre.

Ci sono attimi di jazz che qualsiasi musicista dovrebbe riconoscere e sapere, ed è così che Santorsola torna ad omaggiare Rodgers con “My Funny Valentine”.  Un pezzo senza tempo, rielaborato in tempi più lunghi e rilassati, nel quale l’orchestra, sola all’ intro, funge da cuscino per un piano dal mood tranquillo.

“My One and Only Love” vede protagonista un piano solista il cui suono appartiene al più classico colore jazz anni ’50. Un’esecuzione pulita e un contrabbasso accennato sono impreziositi dagli archi. Evidente è la percezione del contemporaneo di un piano più sfuggente che riprende il tema classico più tranquillo e disteso in un omaggio a Wood dove gli archi non fanno altro che addolcire un tema in continuo crescendo.

Ad aprire la serie di inediti è “Light and Grey”: un continuo pizzicato sul piano sembra ricercare la risposta di un’orchestra dal mood rilassato che partecipa al lungo dialogo tra i tasti bianchi e neri. Il titolo la dice lunga, un pianoforte che rappresenta la luce e che vuole sfociare in quell’ombra grigia e timida che sono gli archi di un’orchestra discreta e silenziosa. Il piano dunque è la luce che insegue il grigio dell’ombra.

“I Loves you Porgy” come tributo a Gershwin, particolari suoni di un jazz che ha subito influenze blues. Ed è così che Santorsola riprende la versione del 1939 donandogli contemporaneità, trasformando i tipici fiati di Gershwin in un pianoforte protagonista.
In “Parenthesis#2″ continua il dialogo con Gershwin, in questo inedito Santorsola crea continuità con il pezzo precedente, per un piano che all’inizio sarà semplice contorno per poi spianarsi un sentiero verso la seconda parte che è tipicamente del jazz, una fuga improvvisata su tema classico.

Con “The Way You Look Tonight”, tributo a Kern, prende spazio in questo disco una mistura di suoni caldi, romantici, accomodanti e avvolgenti del jazz classico.

Si apre con “Puccini opening” il tributo al grande compositore italiano, un’intro gradioso orchestrale che ci inserisce in “Puccini (Part I)” , inedito dai suoni moderni e da vocalismi in sottofondo quasi ad emulare una voce proveniente dal presente. In “Nessun Dorma” si riconferma la dolcezza di un piano in contrapposizione al titolo stesso. “Puccini (Part II)” è un continuo incattivirsi di archi (quasi a ricordare l’influenza di Wagner nella musica di Puccini) i quali insistentemente ripetono sempre la stessa sequenza musicale. Le percussioni sembrano accompagnarci in un misterioso viaggio, il suono del pianoforte verrà abbandonato e gli archi piegheranno la loro rigidità, adottando suoni più melodici e placati, con interventi estemporanei di un piano che ritorna esausto. Le tonalità in questo punto fanno riferimento all’Oriente, quasi a tributo di quell’opera fantastica dallo scenario drammatico,la “Turandot”, il tutto accentuato da un violino disperato e un continuo arpeggiato.
Quest’ultimo si apre nell’esecuzione di “E lucevan le stelle”, ad omaggiare la “Tosca”.

“BE25” è un inedito tributo al grande pianista statunitense Bill Evans, dal quale Santorsola è fortemente ispirato.
“X38” è fortemente swing, un intro veloce di piano e orchestra festosi, con accenni di bossanova che si chiudono in un finale atipico dal gusto esotico suggerito dall’uso del pandeiro.
A chiudere l’album è la lunga sonata dal carattere sereno, “7 Aneis” di “Gismonti”. Gran finale affidato all’intro di piano solo, che non ha nulla di diverso dalle sonatine di fine ‘800 dal gusto sicuramente più attuale e leggero.

Un viaggio del tutto particolare che il compositore Pugliese ha voluto fare tra quei momenti musicali che sono stati indubbiamente d’ispirazione per la sua musica.
All’inizio i musicisti jazz non facevano altro che regalare improvvisazioni al pianoforte su temi classici senza tempo. Santorsola ha saputo dare alla sua interpretazione al “classico” rendendolo contemporaneo, senza intaccarne le fondamenta.
Il musicista e compositore jazz deve essere un grande esperto dell’armonia, capace di plasmare in maniera eccellente tutti gli elementi propri di un genere musicale così complesso come l’utilizzo della poliritmia, dei ritmi sincopati, del blue note e di tutti quegli elementi musicali che lo rendono un genere unico.
La personalità di Santorsola è in continua contraddizione proprio come il jazz, ma è capace di addolcire un genere dall’aspetto gelido, è autore di un suono maturo e di solo performance di grande livello, elementi che lo hanno portato a farsi conoscere dal panorama internazionale.
Stainless” è il disco giusto per chi riesce ad apprezzare la bravura di un grande maestro che si lascia ispirare dalla tradizione per regalarci un classico contemporaneo.

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