Filippo Graziani: “Le cose belle”. La recensione

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Filippo Graziani - Le cose belle - Artwork

È in uscita “Le cose belle“, disco di esordio di Filippo Graziani, figlio d’arte di Ivan Graziani  in gara alla 64° edizione del Festival di Sanremo nella sezione Nuove Proposte: il disco è distribuito da Warner Music da a metà febbraio, pubblicizzato per radio e anche attraverso un videoclip promozionale.

Il brano che lancia il disco è stato definito dallo stesso Graziani come “Uno sguardo a una generazione con un piede in un secolo e uno in un altro, cresciuta alla luce della televisione degli anni ‘80 che ha proposto un modello di futuro fatto di cose belle mai arrivate, e che perciò fanno male, Esattamente come tra due amici seduti davanti a una birra che parlano del passato, del presente e del futuro che si vogliono creare”. Ed è infatti l’unico brano generazionale di un disco molto autobiografico ed innamorato del rock, come il suo autore ci aveva già detto in un’intervista.

Filippo, figlio del noto cantautore Ivan Graziani, è nato e cresciuto a Rimini, in un ambiente pieno di musica, suoni, canzoni e artisti, ed ha nel corso del tempo suonato sui palchi di tutta Italia e d’America, aprendo i concerti di cantanti come Renato Zero, Vibrazioni, Morgan, Negramaro, Nicolò Fabi, Max Gazzè e Zakk Wilde. Ha anche curato il disco “Tributo a Ivan Graziani” (Sony Music), una raccolta di 14 brani interpretati da artisti del panorama musicale indipendente e non (Marlene Kuntz, Roy Paci, Simone Cristicchi, Cristina Donà, Paolo Benvegnù, Marta Sui Tubi, La Crus ed altri…) che si confrontano con il repertorio di Ivan in cover del tutto personali e rivisitate.

Filippo Graziani - Le cose belle - Artwork
Filippo Graziani – Le cose belle – Artwork

Le cose belle” è un disco di 10 tracce in cui Graziani esordisce nel mondo della musica cantando tutte le idee che sono nate in questi 7 anni di musica e parole: il progetto esordisce con “Mutamenti“, pezzo di rock molto delicato e poetico, una richiesta di cambiamento alla persona amata e forse anche a se stessi, e prosegue con la title-track, “Le cose belle“, un affresco generazionale vivido e quasi doloroso, dove chi parla non sente di doversi giustificare da una vita “irregolare”, una vita che bastone e propone miti ed esempi consumistici che non servono a niente. E forse l’unica reazione possibile è capire che a volte anche le cose “belle”, artefatte e perfette possono fare più male delle cose “brutte” o non regolari.

Il disco prosegue con “Fare e disfare“, un brano dove la linea di basso detta la strada da seguire e dove le chitarre distorte disegnano un tappeto sonoro sul quale si ricordano gli errori fatti e da fare, le cose da fare e disfare per l’ennesima volta, in un ciclo che porta sempre allo stesso punto. Dopo troviamo “Nove mesi“, un brano d’amore molto dolce dove la chitarra ed i violini accarezzano dolci parole dal sapore di rinascita e di crescita, come se fosse un parto verso una nuova vita, e “L’effetto“, altro brano aperto dalla chitarra acustica e destinato all’amore, con un impianto musicale che ricorda molto i gruppi folk moderni come Young the Giant e Mumford & Sons.

Il cervello“, canzone ironica e pungente su certe persone che dimostrano di valere meno di quello che si pensa, ricorda moltissimo da vicino il padre e si candida come uno dei pezzi migliori del disco, se non il migliore, con il suo pop accattivante da tastiera elettrica, tastiera elettrica che ritroviamo anche in “Un’altra vita“, brano dal sapore notevolmente funky e dalla linea melodica molto anni ’70, inframezzato da un pezzetto più leggero che ricorda molto da vicino alcune canzoni anni ’70 di gruppi italiani come La Bottega dell’Arte.

Il disco ha anche il suo brano lento in “Brucia“, una canzone che parla di abbandono e della fine di una relazione ma senza pentimenti, ben consci che si è dato tutto in una relazione e che non si poteva dare di più e che il sentimento dentro di noi non cambierà: le tastiere ci riportano subito al rock con un brano come “Satellite“, brano rock che ricorda molto da vicino i lavori di gruppi come gli Interno 17, formazione che ha visto nascere il rock sperimentale in Italia. Il disco termina con “Paranoia“, un bel rockettone carico e ruvido, sporco al punto giusto e dal sapore fortemente americano grazie anche alla voce modificata ed ad un testo semplice e d’effetto, anche molto ironico.

Il disco d’esordio di Filippo Graziani, “Le cose belle”, è davvero un gran bel disco: il lavoro fatto in questi anni ha permesso al giovane cantautore di non stratificarsi in un genere ma di riuscire ad esprimersi sia attraverso vari generi musicali che attraverso testi semplici ma mai banali e che colpiscono subito l’ascoltatore (con “Il cervello” e “Le cose belle” una spanna sopra le altre canzoni). Complimenti davvero, lavori così in Italia ormai se ne fanno davvero pochi. Vi consigliamo di non lasciarvelo sfuggire.

 

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