Gambardellas: “Sloppy sounds”. La recensione

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Una vecchia battuta dice: “Qual’è il miglior modo per un batterista per essere licenziato dalla propria band? Semplice, basta che dica “Ragazzi ho scritto una canzone!”. Questa è la situazione in cui deve essersi trovato molte volte Mauro Gambardella, batterista di gruppi indie-rock italiani come Thee Jones Bones, George Merk, the R’s e Paletti (ed endorser per per AGNER SWISSDRUMSTICKS), che un bel giorno ha deciso di chiudersi in uno studio di registrazione insieme a Fabio “FabztheDale” Dalè per registrare tutte quelle canzoni che aveva in mente e che gli erano state rifiutate nel corso degli anni.

Le sue canzoni, fatte di un rock semplice e diretto, lo hanno portato al progetto indipendente Gambardellas e al suo album d’esordio “Sloppy Sounds“, mixato da Fabio Trentini (produttore, tra gli altri, dei Guano Apes) e prodotto dalla BigWave Records/Audioglobe, album in uscita il 12 Febbraio.

L’album definisce la sua natura già dal termine scelto nel titolo, “sloppy”, che in inglese significa tante cose, da frastagliato e poco definito a fracassone e trasandato. Il termine richiama alla perfezione l’orientamento del disco verso un rock diretto e senza troppe definizioni, una musica ruvida e frutto di un lavoro che mescola vari generi come il garage rock, il powerpop e il rock’n’roll.

Gambardellas Sloppy Sounds Cover OFFICIAL
Gambardellas – “Sloppy sounds” – Artwork

Il disco, composto da 9 tracce, parte con il rock diretto e coinvolgente di “Flash“, che ricorda molto come stile compositivo e come voce cantante i Faith no More. La sensazione non passa con le canzoni successive come “Freeway” (omaggio a “Immigrant song” dei Led Zeppelin).

E’ un disco all’apparenza molto vario: si passa allo stoner rock di “Josh” e dal garage rock di “Tito” al rock vero e proprio di “Needs” e al rock con sfumature pop di “Shine again”, senza dimenticare la California e i coretti alla Beach Boys con tanto di hammond per “Smile” e al rock alla Red Hot Chili Peppers di “Living the night“: il disco si conclude con le atmosfere più dilatate di “Valley“.

Un bel disco di rock anche se più varietà soprattutto nelle sonorità non sarebbe dispiaciuta. Ma grazie a questo disco abbiamo scoperto una voce interessantissima, che non ha nulla da invidiare alle altre voci del rock.

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