La censura nella musica italiana (www.melodicamente.com)
Nel panorama della musica italiana, la censura ha segnato un’epoca, limitando espressioni artistiche e modificando testi.
Molti brani, una volta soggetti a tagli e revisioni per conformarsi ai rigidi canoni morali del tempo, sono oggi cantati con entusiasmo, simboli di una libertà espressiva conquistata nel tempo.
Tra questi, spiccano artisti come Fabrizio De André e Claudio Baglioni, la cui storia e musica riflettono l’evoluzione culturale di intere generazioni.
Un viaggio tra testi modificati e significati nascosti
Negli anni passati, la censura musicale in Italia ha colpito anche pezzi divenuti oggi iconici. Fabrizio De André, il cantautore genovese noto per la sua poesia che racconta emarginati e ribelli, ha visto modificare alcuni versi delle sue canzoni per attenuare riferimenti considerati troppo forti o provocatori. Un esempio emblematico è il suo celebre brano in cui un verso sui Carabinieri venne “addolcito” per non urtare la sensibilità dell’epoca. Nonostante ciò, la sua musica ha continuato a rappresentare una voce autentica e critica, tanto da essere oggi oggetto di riedizioni curate e arricchite da materiali inediti, come nel progetto WAY POINT, promosso dalla Fondazione Fabrizio De André Onlus nel 2024.
Anche Claudio Baglioni, altro gigante della musica leggera italiana, ha visto alcuni suoi testi censurati o modificati nelle prime fasi della carriera. Un esempio è la celebre canzone presentata a Sanremo che originariamente si intitolava “Gesùbambino”: per evitare polemiche, il titolo e alcune strofe furono sostituiti da versioni più moderate. Baglioni, che ha festeggiato oltre cinquant’anni di carriera con oltre 60 milioni di copie vendute, è noto per la sua capacità di raccontare emozioni e storie con testi che, pur raffinatissimi, sono stati in alcuni casi soggetti a censure dovute a riferimenti ritenuti troppo espliciti o politicamente sensibili.
Tra gli altri casi, brani di Mina, come durante la performance di Mille e una luce, furono sottoposti a censura visiva per la loro sensualità, con la versione integrale trasmessa solo molti anni dopo, nel 2010. Ancora, canzoni di artisti come Francesco Guccini, noto per i suoi testi filosofici e impegnati, furono giudicati controversi dalla Rai, mentre Radio Vaticana li accolse con favore, dimostrando le diverse sensibilità culturali nel periodo.
La guerra e la pace raccontate attraverso le canzoni censurate e non
La musica italiana ha spesso affrontato temi sociali e politici forti, come la guerra e la pace, soggetti a particolari attenzioni da parte della censura. Brani con messaggi antimilitaristi o riferimenti alla guerra, come quelli scritti da Fabrizio De André o da altri artisti del folk revival italiano, venivano modificati o addirittura sequestrati, come accadde per l’album “Le canzoni del no” del 1964, che includeva testi contro la guerra e l’armamento nucleare.
La storia della musica di protesta in Italia è ricca di esempi di canzoni che hanno documentato le sofferenze delle vittime e denunciato le contraddizioni sociali, spesso a costo di scontri con le istituzioni. Canzoni come “La guerra di Piero” di De André si inseriscono in questo solco, diventando inni al pacifismo e alla riflessione sui conflitti, mentre altri brani come “Le Déserteur”, versione italiana di un classico francese, raccontano la scelta di disertare per rifiutare la violenza e la morte.
Queste canzoni, pur nate in contesti di forte censura, sono oggi riconosciute come testimonianze preziose e vengono riscoperte nelle riedizioni e nei concerti, mantenendo viva la memoria storica e culturale.

Con il mutare delle sensibilità sociali, alcuni testi e film degli anni passati sono oggi oggetto di dibattito per il loro contenuto considerato sessista o inappropriato. Brani come “Teorema” di Marco Ferradini, “Di tanto amore” di Mia Martini, o “Bella senz’anima” di Riccardo Cocciante, seppur amati e riconosciuti come capolavori, presentano oggi versi che possono apparire problematici rispetto ai valori contemporanei.
Anche la celebre “Grande grande grande” di Mina, pur universalmente apprezzata, è stata rivalutata in chiave critica per il messaggio di accettazione passiva di una relazione disfunzionale, cosa che oggi stride con le moderne concezioni di amore basato sul rispetto e sull’uguaglianza.
Nel cinema, la commedia sexy degli anni Settanta, con protagonisti come Lino Banfi ed Edwige Fenech, e film come “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wertmüller, riflettono un’epoca in cui umorismo e rappresentazioni di genere erano molto diverse da quelle odierne. Scene oggi considerate problematiche erano allora recepite nel contesto culturale del tempo, ma oggi sollevano riflessioni importanti sulle dinamiche di potere e sul ruolo delle donne nella società.
Questi esempi dimostrano come la storia della musica e della cultura italiana sia un percorso di evoluzione, che passa anche attraverso confronti critici con il passato, senza rinunciare a riconoscere il valore artistico e sociale delle opere.
