Agevolazioni per gli over 60: un sostegno economico e sociale -melodicamente.com
Una recente indagine svolta da Business Insider, basata su dati raccolti da Oxfam, mette in luce la straordinaria concentrazione di potere nel settore alimentare globale.
Dieci grandi multinazionali dominano di fatto quasi ogni scaffale dei supermercati di tutto il mondo, controllando centinaia dei marchi più riconosciuti e consumati. Questo oligopolio alimentare ha ripercussioni economiche, sociali, ambientali e sanitarie di vasta portata.
Al vertice di questa piramide si trova l’azienda svizzera Nestlé, che con un fatturato annuo superiore agli 80 miliardi di dollari opera in 189 paesi con 339.000 dipendenti. Nel suo vasto portfolio figurano marchi iconici come Nescafé e Nespresso nel settore del caffè, KitKat e Smarties nei dolciumi, Maggi per i preparati culinari, e marchi d’acqua come S.Pellegrino e Perrier. Inoltre, possiede brand dedicati all’alimentazione infantile e al pet food, come Gerber e Purina.
I dieci colossi che dominano il mercato alimentare globale
PepsiCo, nata nel 1965 dalla fusione di Pepsi-Cola e Frito-Lay, con un fatturato che supera i 70 miliardi di dollari e una presenza in oltre 200 paesi. PepsiCo è leader in bevande come Pepsi, Mountain Dew e 7UP, ma anche in succhi con Tropicana e snack come Lay’s e Doritos. Importante anche il settore cerealicolo con Quaker Oats.

The Coca-Cola Company, fondata nel 1886, raggiunge quasi 2 miliardi di consumatori quotidianamente con più di 4.100 prodotti. I suoi marchi più noti includono le bevande gassate Coca-Cola, Fanta e Sprite, oltre a acque e succhi come Dasani e Minute Maid, e bevande energetiche come Powerade.
L’inglese Unilever, con un fatturato di 50 miliardi di euro e 149.000 dipendenti, è presente in molte categorie: dal tè con Lipton e PG Tips ai condimenti con Hellmann’s e Knorr, fino ai gelati tra cui spiccano Magnum e Ben & Jerry’s. Ha inoltre investito nel settore vegetariano con The Vegetarian Butcher.
Danone, fondata nel 1919, è specializzata in latticini e acque minerali con marchi come Activia, Evian e Volvic, ma ha ampliato il suo raggio d’azione anche ai prodotti vegetali con Alpro e Silk.
Altri giganti includono General Mills (con marchi come Cheerios, Häagen-Dazs e Yoplait), Kellogg’s (celebre per cereali come Corn Flakes e snack come Pringles), Mars (dolciumi come M&M’s, ma anche pet food con Pedigree e Royal Canin), Mondelez International (biscotti come Oreo, cioccolato Milka e gomme Trident) e Associated British Foods, conglomerato presente in diversi settori alimentari.
Questa concentrazione di potere economico genera una serie di effetti collaterali significativi. Dal punto di vista economico, la scarsa concorrenza consente a queste multinazionali di mantenere margini di profitto elevati, spesso superiori al 40% in alcuni segmenti, con conseguente aumento dei prezzi che grava direttamente sui consumatori.
Sul piano della salute pubblica, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha più volte segnalato come la massiccia diffusione di alimenti ultra-processati, promossi spesso con campagne di marketing aggressive, soprattutto rivolte ai bambini, abbia contribuito all’esplosione di patologie come obesità, diabete e malattie cardiovascolari a livello globale.
Dal punto di vista ambientale e sociale, il rapporto “Behind the Brands” di Oxfam denuncia come le complesse catene di approvvigionamento di queste multinazionali siano spesso implicate in fenomeni di deforestazione, perdita di biodiversità e sfruttamento dei lavoratori nelle aree di produzione del Sud del mondo.
Conoscere l’entità di questo oligopolio globale non deve generare rassegnazione, ma piuttosto spingere a una maggiore consapevolezza nelle nostre scelte quotidiane. Ogni acquisto rappresenta una forma di voto economico che può indirizzare il mercato verso modelli più sostenibili e giusti.
Optare per prodotti locali, biologici, o provenienti da aziende più piccole e attente all’etica significa promuovere la diversità alimentare, tutelare i diritti dei lavoratori e ridurre l’impatto ambientale. Il cambiamento, quindi, può partire dal carrello della spesa, diventando uno strumento di pressione sulle multinazionali affinché adottino pratiche più responsabili.
Negli ultimi anni, alcune di queste aziende sono state oggetto di critiche e azioni legali. Ad esempio, Mondelez International è stata multata per aver praticato prezzi elevati su marchi come Oreo e Toblerone in Europa, ostacolando la libera concorrenza. Parallelamente, azionisti e consumatori hanno iniziato a chiedere a colossi come Nestlé una maggiore attenzione alla qualità e alla salubrità dei prodotti, contrastando la diffusione di alimenti ultra-processati.
