Meddle, i fan divisi: “Echoes capolavoro, Seamus la traccia meno riuscita”
Dopo l’abbandono di Syd Barrett, i Pink Floyd si ritrovarono a dover ridefinire il proprio percorso artistico, dando inizio a una fase di sperimentazione che avrebbe segnato il loro passaggio dal rock psichedelico al rock progressivo. In questo contesto nacque l’album Meddle, pubblicato nell’autunno del 1971, considerato uno dei dischi chiave nella storia della band britannica. Questo lavoro contiene sia uno dei brani più celebrati dai fan, sia una traccia controversa, spesso indicata come la più discussa e meno apprezzata dagli appassionati.
Meddle: tra capolavori e momenti controversi
Il lato B di Meddle è occupato interamente da Echoes, una suite di oltre 23 minuti che rappresenta il cuore concettuale e sonoro dell’album. La traccia nasce da un singolo suono di pianoforte filtrato attraverso un amplificatore Leslie e si sviluppa in un viaggio musicale che spazia tra lirismo, psichedelia, improvvisazione e atmosfere rock avvolgenti. Ancora oggi Echoes è considerata una prova anticipatrice delle composizioni più ambiziose degli album successivi dei Pink Floyd, come The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here, e rimane uno dei brani più amati e simbolici dai fan.
Contrapposta a questa monumentale suite c’è Seamus, un brano blues dalle tinte semi-comiche che, per molti appassionati, risulta quasi un momento di leggerezza fuori luogo nel contesto dell’album. Spesso etichettata come un “riempitivo umoristico”, questa traccia è invece nota per contenere l’ululato del cane di Steve Marriott (ex Humble Pie), che sembra quasi integrarsi nel gruppo come un membro aggiuntivo. In recensioni specializzate, come quella di Classic Rock Review, Seamus è indicata come “la canzone più brutta mai realizzata dai Pink Floyd”, un giudizio condiviso da molti fan più devoti.
I brani che completano Meddle
L’album si apre con One of These Days, un pezzo strumentale aggressivo e ipnotico, costruito su un basso a doppia traccia suonato da Roger Waters e David Gilmour. Il brano si caratterizza per un crescendo ritmico che culmina in una voce filtrata che pronuncia la frase inquietante: “One of these days I’m going to cut you into little pieces” (Uno di questi giorni ti taglierò in piccoli pezzi). È l’unico frammento vocale del brano, ma lascia un segno indelebile nell’ascoltatore.
Segue A Pillow of Winds, una canzone delicata e sognante, dalle influenze folk e da un’atmosfera intima e onirica, che poi si trasforma in Fearless, con un riff ipnotico e un finale sorprendente: i cori del pubblico del Liverpool Football Club che intona l’inno “You’ll Never Walk Alone”. Il lato A si conclude con due brani eccentrici: San Tropez, una composizione jazzata e leggera scritta da Waters, e infine Seamus.
Syd Barrett: l’influenza e l’eredità nel percorso dei Pink Floyd
Il periodo successivo all’uscita di Barrett fu cruciale per la band. Roger Keith Barrett, noto come Syd Barrett, fu il fondatore e primo leader dei Pink Floyd, ma a causa di problemi legati all’uso di sostanze psicotrope e a una crescente alienazione, fu allontanato dal gruppo nel 1968. La sua figura è centrale nella storia dei Pink Floyd e ha influenzato profondamente la loro musica, specialmente gli album successivi come The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e The Wall.
Barrett era noto per il suo stile chitarristico innovativo e sperimentale, capace di introdurre dissonanze, distorsioni e feedback che hanno lasciato un’impronta profonda nel rock psichedelico e nel rock sperimentale. Nonostante una carriera breve, Syd è considerato uno dei pionieri della musica psichedelica e ha influenzato molte generazioni di musicisti, da David Bowie ai Queen, passando per artisti del calibro di Brian Eno e Jimmy Page.
Syd Barrett si ritirò dalle scene musicali alla fine degli anni ’60, dedicandosi alla pittura e al giardinaggio fino alla sua morte nel 2006. La sua leggenda continua a vivere attraverso l’eredità artistica e il profondo impatto che ha avuto nella musica e nella cultura rock.
L’eredità visiva e artistica dei Pink Floyd: Gerald Scarfe e The Wall
Parallelamente alla musica, i Pink Floyd sono noti anche per la loro innovativa comunicazione visiva, in particolare grazie alla collaborazione con l’artista e illustratore Gerald Scarfe. Dal 1971 iniziò un rapporto professionale che portò alla creazione di alcune delle immagini più iconiche della band, culminando nel progetto multimediale di The Wall (1979), uno degli album-concept più celebri nella storia del rock.
Scarfe, cartellonista politico e caricaturista britannico, portò il suo sguardo satirico e grottesco al servizio della narrazione visiva dei Pink Floyd, disegnando personaggi simbolici come il giudice, l’insegnante e la madre repressiva, che sono diventati elementi chiave sia nell’album sia nell’omonimo film e spettacolo dal vivo. Le sue animazioni e illustrazioni contribuirono a trasformare The Wall in un’esperienza sensoriale totale, integrando musica, immagini e teatro.
Le sue creazioni non solo accompagnarono le esibizioni dal vivo, con pupazzi giganti e proiezioni animate, ma offrirono un commento critico sulla società, l’autorità e l’alienazione, temi centrali nel lavoro di Roger Waters e della band.
Con l’uscita di Meddle e il successivo evolversi della loro produzione, i Pink Floyd hanno saputo attraversare epoche e generi, lasciando un’impronta indelebile nella storia musicale mondiale. Dalla sperimentazione sonora di Echoes all’irriverenza di Seamus, passando per la drammaticità di Syd Barrett e la potenza visiva di Gerald Scarfe, il percorso della band rimane un punto di riferimento imprescindibile per chiunque ami il rock e l’arte in tutte le sue forme.
