My Bloody Valentine: “m b v”. La recensione

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Ci sono dischi che cambiano la musica, che la rendono qualcosa di diverso, che esplorano nuovi spazi e creano nuovi generi. Uno di questi dischi è stato “Loveless” dei My Bloody Valentine, disco che 22 anni fa fece scoprire il “wall of sound” delle chitarre distorte e creò il genere shoegaze. Dopo quel disco, i My Bloody Valentine sparirono. Si parlava di un altro disco che però non arrivava mai, e intanto cominciavano a suonare i figli dello shoegaze, musicisti e gruppi che esploravano a loro volta quel nuovo filone appena creato e che da esso erano ispirati. Oggi, nel 2013, i My Bloody Valentine hanno deciso di finire questa lunghissima gestazione e di pubblicare “m b v“, ideale seguito di “Loveless”.

Perché questa prefazione? Perché la reputo necessaria per spiegare questa recensione ed il voto che ho deciso di dare a questo disco. Il lavoro dei My Bloody Valentine è fantastico, il disco è bellissimo ed è suonato in maniera davvero egregia, il “wall of sound” è magistrale e lo shoegaze qui è all’ennesima potenza, ma… ma… ma questo disco ha 22 anni alle spalle. 22 anni di attesa spasmodica da parte dei fans, 20 anni di ricerca musicale già fatta nel genere shoegaze, 22 anni di vita vissuta che nessuno potrà restituire a questo lavoro. Ed è naturale che il disco in alcuni punti suoni addirittura come “questa parte devo averla già sentita da qualche altra parte…”. E’ normale.

Detto questo, parliamo del disco. E ne parliamo bene. Ne possiamo solo parlare bene dopo un inizio come quello con “She found now“, dove i MBV sposano le atmosfere rarefatte e sognanti alla Sigur Ros (atmosfere che troviamo anche nel brano “is this and yes”), e con “Only tomorrow“, dove lo shoegaze incontra il british pop anni ’90 degli Oasis con qualche richiamo agli Stone Roses.

My Bloody Valentine - "m b v" - Artwork
My Bloody Valentine – “m b v” – Artwork

Il disco mostra tutte le sfaccettature del suono dei MBV: “Who sees you” è un perfetto rock in stile shoegaze, “if I am” è un brano lento ed avvolgente che colpisce per il suo sound sospeso e vi troverete a canticchiare i coretti anni ’60 di “New you” senza neanche volerlo.

Il disco ha un’impennata di ritmo con “In another way“, dove i My Bloody Valentine dimostrano di saper suonare anche loro e di saper picchiare duro se serve, e con “Nothing is“, dove il gruppo suona in un crescendo sempre più duro e coinvolgente, quasi in un’atmosfera da concerto. Il disco si chiude con “Wonder 2“, un’incredibile crescendo in salsa psichedelica che conclude degnamente il disco.

I My Bloody Valentine cominciarono dicendo di voler fare musica normale, dimostrando che anche le persone “comuni”: Kevin Shields e soci probabilmente non parlavano di loro, visto che questo disco ha un impatto al di là del comune. Come detto prima, sono passati ben 22 anni. Ma dopo 22 anni i MBV hanno sfornato un disco che sa di Stereolab, di Primal Scream, di Stone Roses ma soprattutto che sa di MBV. Ed è qualcosa di incredibile.

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