I Nine Inch Nails ci riprovano con “Not the actual events”

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Nel lontano 2013 i Nine Inch Nails, creatura musicale di Mr. Autodistruzione Trent Reznor, pubblicano il loro ultimo disco “Hesitation marks” ed è subito trionfo per tutti i i fans della band che ha creato il genere industrial. Passano tre anni Reznor (che ricordiamo essere principale autore, produttore, cantante, strumentista, nonchè unico membro ufficiale e solo responsabile dei Nine Inch Nails) decide che è gia passato troppo tempo e dà in pasto ai fans e alla industria discografica un nuovo capitolo della saga NIN, ovvero “Not the actual events“.

Non parliamo di un disco vero e proprio in questo caso ma solo di un EP che era stato sardonicamente annunciato dallo stesso Reznor con le parole “Il 2016 non è ancora finito, aspettate e vedrete”. Il disco, prodotto dalla etichetta di Reznor The Null Corporation, è il secondo EP della band americana dopo “Broken” del 1992  e segna la presenza del collaboratore di lunga data Atticus Ross come membro ufficiale della band. D’altronde lo stesso Reznor aveva detto che aveva individuato dei suoni interessanti ma che non avrebbero portato alla produzione di un disco vero e proprio.

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Nine Inch Nails – “Not the actual events” – artwork

L’album è composto da cinque canzoni: si parte con “Branches/Bones“, breve brano assolutamente nello stile dei NIN che mescola due canzoni in una in poco meno di due minuti, e si prosegue con “Dear World,“, pezzo che mescola elettronica e rumori con la voce inconfondibile di Reznor che canta due testi differenti nel canale destro e nel canale sinistro, quasi come in una ideale conversazione con se stesso, cosa che lascia un attimino straniti. “She’s Gone Away” è un pezzo assolutamente cupo, una vera e propria composizione dark dove i rumori e le suggestioni musicali si mescolano con la dura voce del cantante che varia di registro dal lucido all’allucinato (grazie anche all’apporto della moglie Mariqueen Maandig Reznor), un pezzo che sembra partorito dal passato dei NIN e contrasta con “The Idea of You“, brano rock per non dire quasi mainstream (per quanto sia possibile che i Nine Inch Nails siano mainstream) considerando anche la presenza di Dave Grohl alla batteria. Il brano finale, “Burning Bright (Field on Fire)”, è un maestoso incedere nel rock industriale anche grazie alle chitarre di Dave Navarro che regalano puri momenti di godimento.

Le recensioni di questo disco sono state generalmente positive: d’altronde non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da Reznor e Ross, due persone che sanno cosa mostrare al proprio pubblico e come evocare demoni musicali moderni e post-industriali con il solo schioccare delle dita. Nel disco è presente la furia viscerale di periodi come quello di “Broken” e “The Downward Spiral” e la ruvidezza di dischi come “The Fragile” e la qualità del prodotto è indiscutibile ma lasciano perplessi i 21 minuti in cui si consuma il tutto che sembrano solo un semplice antipasto alla grande abbuffata che potrebbe essere un disco vero e proprio con al suo interno i cinque brani sopra descritti. Le idee abbondano, il clima di terrore musicale c’è, i testi inquietanti pure, ora non manca altro che un degno finale a questo prologo, ovvero un disco vero e proprio.

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