Paramore: “After laughter”. La recensione

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Volete un sinonimo di tranquillità nel mondo musicale? Bene, non prendete ad esempio i Paramore, la band americana nata nel 2004 nel Tennessee e che nel corso della sua vita ha già subito almeno tre ricombinazioni in termini di formazione. Attualmente la band è composta da Hayley Williams (voce, tastiera) e Zac Farro (batteria), unici due membri della formazione precedente, e Taylor York (chitarra, percussioni), membro dal 2007, e sono circondati da un nugolo di turnisti che ha permesso loro di continuare ad esistere.

Incuranti del caos i nostri tre hanno deciso di annunciare la pubblicazione del quinto album di inediti dei Paramore, “After Laughter” e pubblicato il 12 maggio dalla Fueled by Ramen, facendolo precedere dai singoli “Hard Times” e “Told You So“. E già dai singoli si è capito come il sound della band sia mutato in questi anni, avvicinandosi a delle sonorità proprie degli anni Settanta e Ottanta di gruppi come i Talking Heads, Tom Tom Club, Cyndi Lauper e Blondie, facendo dire al chitarrista Taylor che la loro musica è “troppo rock per essere definita pop e troppo pop per essere definita rock”.

Fatte queste opportune premesse, parliamo di “After laughter”, quinto album in studio dei Paramore che non era nato sotto i migliori auspici, se dobbiamo credere alle parole di Williams (“Non sapevo neanche se avremmo registrato un nuovo album. C’è stato un momento che non ho neanche voluto che succedesse. E poi, quando ho cominciato a volerlo, non sapevo neanche come avremmo potuto farlo”). Il disco è stato prodotto dal “solito” produttore Justin Meldal-Johnsen e ha come tema fondante, visto il periodo di forte instabilità in cui è stato scritto, tradimenti, delusioni e rimpianti.

Le sonorità di “After Laughter” si sviluppano invece intorno al lavoro già cominciato con Paramore, continuando ad attingere dalla new wave e dal pop rock anni ottanta e trovando come fonte di ispirazione artisti di quel periodo quali Talking Heads, Tom Tom Club, Cyndi Lauper e Blondie anche se i testi densi di sentimenti negativi come ansia e depressione sono riconducibili all’emo degli esordi. Dal punto di vista sonoro, tuttavia, il distacco dalle sonorità pop punk ed emo dei primi tre album è ancora più netto e spinto verso le sonorità proprie degli Eighties, come testimoniano i due singoli e la canzone “Rose-colored boy“, il trittico di brani con cui si apre il disco.

Per trovare il primo brano più “lento” dobbiamo aspettare “Forgiveness“, il quarto pezzo del disco che parla del perdono e della redenzione tra Harley e gli altri membri della band: non fatevi ingannare dalle chitarre lo-fi di “Fake happy“, il brano si sviluppa dopo in piene sonorità anni Settanta e che è da considerarsi un vero e proprio inno alla infelicità e alla falsità delle persone che fingono di essere contente anche quando non lo sono solo perchè devono. Con “26” Hailey parla ad una versione più giovane di se, quella di “Brick by boring brick” che odiava i sognatori senza i piedi per terra, e le dice che un giorno dimenticherà le parole ciniche che ha detto in precedenza e che, anche se sognare avesse un costo, ora lei sarebbe disposta a pagarlo.

After Laughter Paramore album cover
Paramore – “After laughter” – Cover

Pool” è una canzone d’amore, per quanto possa sembrare assurdo e la tematica sia affrontata con occhio cinico e cupo, ma non abituatevi troppo al suo ritmo, dopo si torna a ballare con “Grudges“, pezzo davvero alla Cindy Lauper che immerge nella atmosfera anni Ottanta che fa in fondo da base a tutto il disco, come dimostra anche un pezzo come “Caught in the Middle“, brano che parla dello scorrere degli anni e di come ci si trovi da grandi ad affrontare la depressione di essere cresciuti e non sapere come andare avanti.

Con “Idle Worship” Hailey dimostra anche di saper parlare di se stessa e delle attenzioni a volte eccessive che alcuni fans hanno nei confronti della band che idolatrano ed eleggono a suo idolo, sbagliando: il pezzo fluisce in maniera dinamica dentro “No Friend“, l’unica collaborazione del disco, quella con Aaron Weiss dei MeWithoutYou, che porta ad uno spoken word che mette insieme pezzi delle canzoni dei Paramore trasformandoli in qualcosa di unico e particolare. Il disco si chiude con “Tell Me How“, la vera ballad del disco, un pezzo voce e pianoforte sulla perdita degli amici e su quanto ci troviamo ogni tanto nella vita a dover fare scelte dolorose per sopravvivere.

After laughter” è un disco essenziale ma diretto, senza troppi giri di parole: i Paramore con questo album continuano a camminare sulla strada tracciata dal disco precedente e continuano la loro esplorazione degli anni Ottanta, questa volta spostandosi anche negli anni Settanta, abbandonano il punk emo dei primi periodi e mutando, cosa che ha fatto arrabbiare alcuni fans. Paradossalmente, quanto più i Paramore sono stati sul punto di separarsi, tanto più hanno trovato le ragioni per restare uniti e creare nuova musica: il gruppo trova forza nelle difficoltà e i brani dimostrano come la Williams sia ormai una cantante con tutte le carte in regola. La band americana ha capito che la vita è una continua serie di nuovi inizi e con l’ultima frase di “Tell me how” “I can still believe” (“Io posso ancora credere”) dimostra di avere ancora speranza nel futuro. E per fortuna, aggiungiamo noi.

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