Pj Harvey illumina il Ferrara Sotto Le Stelle

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PJ Harvey at Coachella Festival

Pj Harvey, vestita di bianco e con un sorriso appena accennato, incanta i presenti che affollano Piazza Castello in attesa proprio della sua esibizione. Una vita dedicata alla musica e soprattutto alla ricerca del suono perfetto; spogliatasi dei testi provocanti e dell’atteggiamento sfrontato, la cantautrice è apparsa in una veste diversa, sicuramente più matura rispetto agli inizi della carriera ma soprattutto con un sound meno sporco ma più raffinato ed elegante.

La voce di Pj Harvey non ha bisogno di molte parole: bastano le prime note per capire che, la scorsa sera, il palco di Ferrara era completamente nelle sue mani. Nel corso del tempo è stata continuamente paragonata alla dea del rock Patti Smith ma oggi, dopo decenni di carriera, Pj Harvery può essere orgogliosa di aver trovato una propria dimensione, senza bisogno di alcun paragone.

I fan sono rimasti estasiati dalla voce e dall’esibizione di una delle artiste sicuramente più apprezzabili del panorama musicale odierno. I commenti di stupore e meraviglia per un’esibizione che scorre liscia, rasentando la perfezione, sono stati davvero molti.

La serata è iniziata con il brano “Let England Shake” tratto dall’ultimo omonimo album della cantautrice e da subito si è potuto vedere che Pj Harvey era in serata, in uno di quei momenti in grado d’incantare il pubblico, ansioso di ascoltarla.

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PJ Harvey at Coachella Festival | © Frazer Harrison/Getty Images

All’inizio della carriera Pj Harvey è apparsa sicuramente più vicina alle melodie e soprattutto al vestiario dark, presentandosi al pubblico con vistoso trucco e abiti succinti. Nel corso dell’evoluzione musicale la cantautrice inglese ha definito l’inizio come una maschera. Queste sono state le sue parole: “Era solo una maschera per me. Mi serviva a esorcizzare un momento molto difficile della mia vita, ma era tutto falso, costruito. Adesso sono cambiata e sul palco mi sento me stessa, come quando vado a fare la spesa”.

Pj Harvey ha riproposto molti brani del suo ultimo lavoro “Let England Shake”, cantando, in totale, ventuno canzoni. Ovviamente non sono mancati i noti brani “Angelene” e “Big exit”. Nel corso della performance la cantante ha mostrato una maturazione che si è notata, lampante, fin da subito. Riproponendo le canzoni del cosiddetto “primo periodo, Pj Harvey ha mostrato una classe e soprattutto un controllo molto maggiore rispetto al passato. La sua voce, quando raggiunge le note alte, altissime di cui è capace, sembra confondersi con un cielo ormai totalmente oscuro, formando un’antitesi perfetta. La voce si condensa di moltissime sfumature e sfaccettature, mostrando ancora una volta le potenzialità vocali indiscutibili.

Gli applausi sono stati una costante durante la performance della cantautrice che ha definitivamente chiuso il periodo fatto da lustrini e gesti plateali per lasciare spazio ad una vena musicale più intimista e contenuta. Pj Harvey è apparsa circondata da un velo romantico e nello stesso tempo malinconico, spogliandosi dei toni accesi e delle parole roboanti.

Unica imperdibile data italiana per i fan della cantante che timidamente, nel corso della serata ha presentato i suoi “angeli custodi” John Parish e Mick Harvey che l’hanno accompagnata al piano e alla chitarra durante l’esibizione.

Considerata ancora un’artista piuttosto di nicchia, la data di Pj Harvey non ha fatto sold out ma poco ci mancava; Piazza Castello è apparsa affollata di fan che si sono mostrati totalmente devoti alla cantautrice apparsa molto contenuta e concedendo solo timidi sorrisi.

Unica critica forse superflua ma per dovere di cronaca necessaria, il tempo dell’esibizione; un’ora e mezza contenente anche il bis, che forse non ha del tutto soddisfatto il prezzo del biglietto non certo per la qualità indiscutibile, ma per il tempo, apparso davvero molto tirato. Pj Harvey si congeda dal pubblico italiano con un “Thanks For Listening” che sembra bastare ai fan, ancora in estasi per una prova cantautorale di tutto rispetto.

 

8 COMMENTS

  1. La serata non è iniziata con “The words that maketh murder” ma con “Let England Shake”, prima traccia dell’omonimo album.

    “Angelene” è la prima traccia dell’album “Is this desire?”, non è il nome dell’album.

    Per una recensione così accalorata questi sono errori grossolani, che insinuano il dubbio sulla reale conoscenza dell’artista e dunque sull’attendibilità del vostro sito.

    Concordo sul fatto che è stato una fantastica esperienza che avrebbe dovuto durare in eterno.

  2. MA CHI C…O LE SCRIVE LE RECENSIONI???
    MANCO SA DISTINGUERE I TITOLI DELLE CANZONI DA QUELLI DEGLI ALBUM..
    CHE PENA!

  3. Ma che cavolo dite! Concerto pessimo, il suono era un fastidio per le orecchie ed era quasi impossibile sentire la ritmica con alti fruscianti e bassi non pervenuti ma solo distorti.
    Chi ha scritto questo pezzo e che è rimasto contento del concerto non ha mai visto un concerto decente in vita sua.

  4. Qualche precisazione: la prima canzone è stata “Let England Shake”, quella che dà il titolo al disco.
    Ed è inesatto dire che non “sono mancati brani DA Big Exit e Angelene”: queste sono due canzoni – che ha suonato – non due album.
    Quanto agli inizi carriera, semmai era più vicina al grunge che al dark. E di canzoni del “primo periodo” ne ha fatte poche, visto che dai primi due dischi non ha suonato nulla.
    E i concerti brevi (ma intensissimi) li ha sempre fatti, così come ha sempre avuto un gran controllo della voce (sicuramente a partire dal ’95, quando pubblico il terzo disco, ma a sentire le registrazioni anche prima).

  5. Mi scuso per gli errori dovuti alla fretta nei tempi di pubblicazione che verranno subito sistemati.

    Riguardo al parere, ritengo che come si è dimostrato anche dai vostri commenti alcuni hanno detto concerto fantastico altri concerto pessimo.

    Il piacere o meno dovuto ad un’esibizione è del tutto personale e nei commenti ciò dovrebbe essere tenuto conto, senza accusare per forza chi fa le recensioni.

  6. Per me è stato un concerto buono anche se non sempre intenso allo stesso livello.
    Dal punto in cui ero il suono non era così tremendo – e di concerti in vita mia ne ho visti un centinaio; qui forse erano un po’ sbilanciate le voci, mentre i bassi “cattivi” ci stavano tutti.

  7. No la decisione se sia stato un bel concerto o meno non è personale… quando i suoni non si sentono, sono male amalgamati, 2 o 3 chitarre che suonano gli stessi accordi dai suoni indistinti, non sono giudizi personali, sono visioni oggettive, di un concerto che triste da ammettere (per un fan della Harvey)è stato uno schifo, brutta la distribuzione del palco, brutta l’acustica.
    Insomma il folk se si fà lo si fà bene se no è meglio tornare al garage sano e crudo di un tempo.

    Unico complimento al batterista che è stato veramente fenomenale (anche se si sentiva a malapena).

    Appena ho iniziato a leggere la recensione ho capito che qualcosa non andava, con tutto il rispetto violet, ma da musicista ti assicuro che questo concerto non valeva nemmeno un soldo.

  8. ma chi scrive concerto pessimo che cosa ha visto? E’ stato molto bello e pieno di emozioni. Anch’io di concerti ne ho visti a centinaia in vita mia e non è la prima volta che vedo PJ Harvey, ma questo show mi ha lasciato molto soddisfatto. Preferivate che suonasse all’Estragon forse?

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