Questi siti ti stanno rubando i soldi e tu non lo sai: come difendersi -melodicamente.com
Esiste un meccanismo, se non regolato correttamente, può trasformarsi in una vera e propria trappola economica, portando a spese inattese.
Il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) rappresenta la base legale per tutelare i consumatori dai rinnovi automatici ingiusti. L’articolo 33 definisce come “clausola vessatoria” ogni pattuizione che crea uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti, a svantaggio del consumatore. È proprio questa norma a proteggere chi, ad esempio, si ritrova a pagare un altro anno di abbonamento a un servizio di streaming o a un software antivirus senza aver espresso un consenso esplicito, spesso per non aver letto una mail di avviso inviata dal fornitore.
Il rinnovo automatico non è vietato in sé, ma deve rispettare precise condizioni di equità e trasparenza. Una clausola di rinnovo diventa vessatoria e quindi nulla quando impone termini di disdetta eccessivamente rigidi o anticipati, limitando la libertà del consumatore di scegliere e recedere dal contratto. È quindi fondamentale che il termine di preavviso – ovvero il periodo minimo tra la comunicazione di disdetta e la scadenza del contratto – sia proporzionato e ragionevole.
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Il Codice del Consumo non stabilisce un limite preciso ai giorni di preavviso, ma l’AGCM ha fornito indicazioni concrete attraverso vari provvedimenti. Questi orientamenti aiutano a distinguere tra termini legittimi e termini sproporzionati che possono configurare clausole vessatorie.

- Per i contratti pluriennali, un preavviso di sei mesi (180 giorni) è considerato chiaramente eccessivo. Anche un termine di tre mesi può risultare irragionevole, soprattutto se non accompagnato dalla possibilità di recedere facilmente dopo il rinnovo. Invece, un preavviso fino a 60 giorni è generalmente ritenuto conforme.
- Per i contratti annuali, la proporzionalità è cruciale. Un termine di due mesi è stato giudicato troppo lungo e vessatorio, mentre un preavviso di un mese è considerato equo.
In generale, il preavviso deve rispettare tre criteri fondamentali: deve essere proporzionato alla durata del contratto, giustificato da esigenze organizzative reali del fornitore e non deve comprimere il diritto del consumatore di cambiare o cessare il servizio in tempi ragionevoli.
Oltre a stabilire limiti ai termini di preavviso, la normativa pone un forte accento sulla trasparenza. L’articolo 48 del Codice del Consumo obbliga i fornitori a fornire informazioni chiare e dettagliate prima che il consumatore sottoscriva il contratto. In particolare, l’utente deve essere informato in modo esplicito sulla durata, sulle modalità di rinnovo e sulle condizioni di recesso, così da poter prendere decisioni consapevoli e tutelare la propria libertà contrattuale.
Nel settore specifico dei servizi di comunicazione elettronica – come internet e telefonia – la legge è ancora più restrittiva. Oltre al Codice del Consumo, si applica il Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/2003), che prevede:
- L’obbligo per il fornitore di inviare un avviso almeno due mesi prima della scadenza del contratto tramite supporto durevole (email o SMS), informando sulle modalità per esercitare il diritto di recesso;
- Il diritto per l’utente di recedere in qualsiasi momento dopo il rinnovo automatico, con un preavviso massimo di trenta giorni e senza costi aggiuntivi o penali.
Queste norme sono volte a tutelare i consumatori, considerato che i servizi di comunicazione elettronica sono essenziali e spesso vincolano l’utente a contratti standard complessi. Quando la clausola di rinnovo automatico viene giudicata vessatoria da un giudice, essa è considerata nulla, ma ciò non implica l’annullamento dell’intero contratto. In tale situazione, il contratto termina alla scadenza naturale senza alcun rinnovo automatico e qualsiasi somma indebitamente addebitata a seguito di un rinnovo illegittimo deve essere rimborsata al consumatore.
