Sai quanto guadagna un prete in Italia? Resterai senza parole - melodicamente.com
La retribuzione media del sacerdote italiano. Non è così alta come credi, e dipende anche da molti fattori.
In Italia, il reddito di un prete varia in base a diversi fattori come la diocesi di appartenenza, l’esperienza e le mansioni affidate. Attualmente, un sacerdote può percepire uno stipendio mensile netto che si aggira tra i 1.200 e i 1.400 euro, una cifra che comprende la cosiddetta “obolo” versata dalla comunità parrocchiale. A questa somma, generalmente, si aggiungono alcune forme di supporto economico come l’alloggio gratuito nella canonica, che rappresenta una voce importante nel bilancio complessivo del prete.
È importante sottolineare che il compenso di un sacerdote non è equiparabile a un salario tradizionale: la Chiesa non applica un contratto di lavoro come le aziende private e la retribuzione riflette più un supporto per il sostentamento e l’attività pastorale che un vero e proprio stipendio. Inoltre, molti sacerdoti integrano il loro reddito con attività sociali o culturali, come la guida di scuole, biblioteche o centri di aggregazione.
Aspetti fiscali e contributivi del reddito ecclesiastico
Dal punto di vista fiscale, il trattamento economico del prete presenta peculiarità specifiche. Il reddito percepito è soggetto a tassazione, ma la Chiesa cattolica gode di alcune esenzioni particolari previste dallo Stato italiano in virtù dell’intesa concordataria. Dal 2019, in seguito alla revisione dell’otto per mille, una parte del finanziamento statale è stata ridistribuita per sostenere direttamente le attività caritative e sociali delle diocesi. Influenzando indirettamente anche il bilancio dedicato al sostegno del clero.
Dal punto di vista contributivo, i sacerdoti sono iscritti a una forma particolare di previdenza gestita dall’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero. Che garantisce loro una pensione calcolata in base agli anni di servizio. Questo sistema, diverso da quello dei lavoratori dipendenti, assicura una tutela economica nel lungo periodo. Anche se i livelli contributivi sono generalmente inferiori rispetto alla media nazionale.

Negli ultimi anni, alcune diocesi hanno adottato misure per aumentare la trasparenza sulle risorse destinate ai sacerdoti. Soprattutto in un contesto di riduzione del numero di religiosi e di maggiore scrutinio pubblico sulle finanze ecclesiastiche. La pandemia ha inoltre evidenziato la necessità di rivedere il modello di sostentamento, con iniziative volte a diversificare le entrate delle comunità parrocchiali.
Non mancano poi le polemiche riguardo a presunti privilegi economici del clero, spesso amplificati da una percezione pubblica poco informata. In realtà, la maggior parte dei sacerdoti vive con mezzi modesti, dedicando la propria esistenza a servizi religiosi, sociali e culturali. I quali difficilmente trovano paragoni nel mondo laico.
L’evoluzione normativa e l’attenzione crescente verso la trasparenza potrebbero portare a una gestione più efficiente e condivisa delle risorse. Valorizzando il ruolo dei sacerdoti nella società contemporanea senza alimentare fraintendimenti sul loro sostentamento economico.
