Sonohra: “La storia parte da qui”. La recensione

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Sonohra - La storia parte da Qui - Artwork
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Si potrebbe definire il disco della maturità questo dei Sonohra che abbiamo avuto anche il piacere d’intervistare proprio all’uscita di “La storia parte da qui”, nuovo album d’inediti del duo composto dai fratelli Diego e Luca Fainello. Il lavoro è uscito il 15 Maggio 2012 e, immediatamente, ha avuto un ottimo riscontro di pubblico. Come loro stessi hanno sottolineato più volte, ci troviamo davanti ad un album che li ha visti protagonisti al 100% in quanto nel diso ci sono maggior consapevolezza e maturità artistica, ma soprattutto un lavoro che i due fratelli hanno avuto modo di curare nei minimi dettagli.

La storia parte da qui” vede quindi una partecipazione attiva dei Sonohra a discapito dei produttori che, spesso, influenzano il sound degli artisti: i fratelli Fainello hanno espresso la volontà di essere semplicemente sé stessi proponendo un disco che naviga  fra italiano e inglese, un lavoro dai toni leggeri nel quale, leggendo i testi, si nota una ricercatezza e una precisione dei minimi dettagli sicuramente apprezzabile. Un disco che vuole, secondo quanto dichiarato da Diego Fainello, risultare maggiormente rock, influenzato dagli ascolti dei due fratelli che si sono accostati a band come Muse e Nickelback.

Sonohra - La storia parte da Qui - Artwork
Sonohra - La storia parte da Qui - Artwork

Sonohra – “La storia parte da qui”, l’analisi del disco:

La tracklist di “La Storia Parte da Qui” si compone di tredici tracce:

  1. Moonrise
  2. Il cielo è tuo
  3. Liars
  4. Il re del nulla
  5. Ciò che vuoi
  6. The night is Ours
  7. Nuda fino all’eternità
  8. La storia parte da qui
  9. Si chiama libertà
  10.  It’s much too late
  11. L’ amante di Lady Chat
  12. Andromeda
  13. The Sky is Yours

Brani che vantano collaborazioni davvero molto importanti:  da Enrico Ruggeri passando per Hevia, protagonista assieme ai Sonohra di “Si Chiama Libertà” e non solo ma, andiamo con ordine. Il disco si apre con “Moonrise“, brano strumentale che conduce l’ascoltatore proprio all’interno del disco, 45 secondi che risultano quasi ascetici ma, poi, si inizia ad entrare in pieno clima Sonohra con la seconda traccia, “Il cielo è tuo“, un brano molto importante per i Sonohra, forse uno dei più evocativi dell’intero lavoro che tratta di una tematica delicata ma quanto mai attuale, ossia l’abuso sui minori.

La terza traccia “Liars” si apre con un momento d’introduzione per poi mettere in campo un riff parecchio accattivante, forse una delle migliori basi dell’intero lavoro. La canzone, cantata in inglese, parla della crisi dei sogni, della crisi delle società moderne che si trovano  a vivere nella mancanza assoluta di valori causa di tutto ciò una politica corrotta che si insinua ovunque. L’inglese ha dalla sua che riesce a rendere tutto immediato e i Sonohra non hanno difficoltà a passare da una lingua ad un’altra, visto che il disco è stato registrato e mixato in America, elemento fondamentale per le sorti del lavoro ma anche per la maturità del duo che è abituato a viaggiare praticamente dall’infanzia.

La quarta traccia propone una delle collaborazioni fondamentali in questo disco ossia quella con il rapper Michael Adrian. Il brano inizia ricordando Eminem dei tempi migliori e prosegue con un sound rap che si intervalla con il canto dei Sonohra. E’ la classica canzone che non ci si aspetta da una band come questa dei fratelli di Verona e, quindi, è una piacevole sorpresa. Ci troviamo immersi nel quinto brano “Ciò che vuoi” che si può catalogare nel filone classico del background della formazione, per poi passare a “The night is ours”  che inizia come una delle migliori ninna-nanna; anche qui recuperiamo l’inglese ed immaginiamo questa canzone come un perfetto sfondo per una storia d’amore, ci troviamo in terreno di romanticismo puro. Ci pensa “Nuda fino all’eternità” a risvegliarci da questo tripudio di dolcezza; la settima canzone del lavoro vede la collaborazione di John Vesely e anche in questo caso si punta su un inizio con un sound accattivante. Un brano che vede l’apporto del cantante e chitarrista statunitense John Vesely, militante nella band emo-rock “Secondhand Serenade”.

Sonohra
Sonohra | © Alessandra Tisato

Arriviamo a “La storia parte da qui“, canzone molto incisiva, uno dei brani portavoce di questo disco che è stata scritta da Eugenio Finardi e Roberta Di Lorenzo proprio per i Sonohra, ci troviamo in un cantato che questa volta quasi sopperisce sotto la parte musicale, almeno per quanto riguarda la prima parte della canzone che poi, invece, riprende ad essere un brano che ruota attorno ad un ritornello molto orecchiabile. Una canzone che senza dubbio strappa uno dei giudizi maggiormente positivi all’interno di questo lavoro.

La nona canzone è quella scelta per essere il singolo di “La storia parte da qui”, ossia “Si chiama libertà” che vede una collaborazione importante come quella con Hevia. Il videoclip del lavoro è girato dal regista “Calu”, Gianluca Montesano all’interno del Parco delle Chiese Rupestri di Matera, scelto per dare una forza anche visiva al brano: la scelta di questa canzone come singolo è facilmente intuibile;  è uno dei brani più in linea con i Sonohra e ha dalla sua l’apporto di una cornamusa che riesce a fare la differenza.

Riprendiamo l’inglese con “It’s Much Too Late” e quanto detto per “Liars” vale anche per questo brano che, una volta spento il disco si canticchia ad oltranza. Probabilmente la scelta di inserire queste canzoni che risultano essere un po’ più leggere rispetto alle altre è proprio dovuta alla volontà di concepire un disco in grado di essere ascoltato tutto d’un fiato dall’inizio alla fine. Ci avviciniamo alla chiusura con l’undicesima canzone, “L’amante di Lady Chat”, canzone scritta da Enrico Ruggeri proprio per il duo veronese. La “chat” nel titolo è proprio la rappresentazione del mondo web, interessante, aperto ma sicuramente pieno di trappole, pieno di illusioni.

“La storia parte da qui” si conclude con “Andromeda” che richiama la parte strumentale di “Moonrise” riuscendo ad essere ancor più rilassante, sì, sarebbe perfetta durante una seduta di Yoga o durante una seduta di massaggi. Il disco dei Sonohra si conclude con “The Sky is yours” che nient’altro è che la versione in inglese del “Cielo è tuo”, di cui si segnala l’apporto di Alex Giarbini.

Complessivamente il lavoro strappa un giudizio positivo grazie alla sua versatilità: tredici brani di cui sette in italiano, due strumentali proprio all’inizio e alla fine del disco e quattro brani in inglese che riescono a toccare i temi principali dell’intera esistenza. Una maturità che i Sonohra stanno conquistando anche grazie a momenti “musicalmente” importanti come la registrazione e masterizzazione agli Sterling Sound Studios di New York di niente meno che Ted Jensen, sì, proprio lui che ha lavorato con i più grandi artisti di fama mondiale.

Da segnalare, però, anche le numerose collaborazioni, alcune che si sentono proprio all’interno del disco come quella con Michael Adrian o Hevia ed altre che invece riguardano la parte di scrittura come quella con Eugenio Finardi ed Enrico Ruggeri. Il voto finale, dunque, strappa un giudizio più che positivo tenendo conto che, di certo, difficilmente i Sonohra potranno piacere al pubblico maggiormente alternativo o quello amante dalle profonde atmosfere rock; un disco che cerca di sperimentare di più, che cerca di aprirsi maggiormente a nuove influenze ma che piacerà agli amanti del pop-rock.

Voto:

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