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I System Of A Down tornano a Milano, ma l’acustica li penalizza

System Of A Down

I System Of A Down sono tornati e Rho (Milano) ne è la prova. Dopo la parentesi da solista, il cantante Serj Tankian, ha deciso insieme agli altri quattro armeno-statunitensi di tornare a suonare insieme e riformare i SOAD. E’ stata così l’occasione per organizzare il Reunion Tour, in particolare dando così al pubblico italiano di vederli live e ampliando il tutto in un pomeriggio dedicato alla musica dal vivo dove si sono esibite diverse band.

Partiamo da un presupposto essenziale, l’Arena Fiera di Rho non è sicuramente in termini di acustica la migliore location possibile, anzi è quasi pessima, il suono si disperde facilmente, l’amplificazione in alcuni punti dello spazio dedicato al pubblico sembra non esistere, in compenso se ci si trova nella posizione giusta si ha un ascolto pulito e performante anche da lontanissimo, termine usato non a caso, perchè il luogo dell’evento ha anche i suoi pro, ampi spazi, sia in larghezza che in lunghezza, forse anche troppo, ad ogni modo uno degli spazi concertistici più grandi in Italia.

Detto ciò i concerti iniziano alle 16.30 puntuali, ad aprire le danze sono gli Anti-Flag, band punk rock proveniente da Pittsburgh che grazie al carisma del cantante Justin Sane riescono a coinvolgere il pubblico, a faro cantare, saltare e pogare allegramente, ma ancora di più invitano la gente a fare dei buchi e correre in cerchio. Tra le altre cose insultano Berlusconi. Passano in rassegna il loro successi, da “Turncoat” a “The Press Corpse” mettendoci nel mezzo anche “Should I Stay Or Should I Go” dei Clash. Finiscono suonando in pratica in mezzo al pubblico con il batterista Pat Thetic che suona il tamburello in mezzo alla gente, saranno tra i migliori della giornata.
Seguono i danesi Volbeat, che nonostante non ci facciano impazzire danno comunque buona prova della loro prestazione riuscendo a piacere al pubblico. Il loro Elvis Metal, come lo definiscono ed ormai viene definito da tutti, riesce a coinvolgere anche se forse avrebbero dovuto scegliere una scaletta di più ampio respiro.
Altra grande prestazione quella dei Sick Of It All, band hardcore punk di New York, alquanto sconosciuto in Italia (e loro lo sanno e lo dicono su twitter). Nonostante ciò il cantante Lou Koller con il pubblico, fanno creare un muro della morte, poi un cerchio dove correre, poi un pogo continuo, insomma il loro lavoro lo sanno fare e anche bene. Il chitarrista Pete Koller suona bene e si diverte a saltare a destra e sinistra per il palco, mentre il bassista ci tiene a confessare le sue origini italiane, dicendo in italiano che suo padre è di Salerno.  Hanno 25 anni di musica alle spalle e lo dimostrano con una performance degna di nota.
Arriva il momento dei Danzig, il cui leader dopo aver fatto una parte della storia del punk con i Misfits ha imboccto la strada dell’heavy metal, uno dei momenti più attesi. Purtroppo l’attesa si trasforma in delusione, oltre alla già citata pessima resa sonoro a causa dell’acustica dell’Area Concerti, Glenn Danzig sembra mettercela tutta per rovinare completamente l’opera. Il cantante vuole fare la star trasgressiva, caccia i fotografi prima del tempo da sotto il palco, inveisce contro un monitor audio, ma il problema maggiore è la sua voce, inesistente in pratica. Non ce la fa non solo a non eseguire gli acuti come in studio, ma spesso la voce manca proprio. Il pubblico si arrabbia, inizia a prenderlo in giro, qualcuno del pubblico lancia anche oggetti, allora Glenn Danzig insulta il pubblico e se ne va senza salutare. Pessimo concerto, in cui il chitarrista inizialmente regge la scena ma poi vuole strafare esagerando, e null’altro da aggiungere.

Sono le 21.30, il telone con la scritta System Of A Down inizia ad essere illuminato dalle luci di scena, parte la batteria ed inizia il vero show con “Prison Song“, almeno metà dell’Arena si trasforma in una bolgia, o meglio dove l’acustica permette un buon ascolto, il pubblico si emoziona ancora di più quando parte la chitarra. 40.000 persone li per il ritorno dei SOAD, un ritorno molto atteso sia per la loro assenza dai palchi da molti anni, sia perchè dal vivo non sempre hanno convinto, invece a Milano sono quasi perfetti, nonostante Serji Tankian annunci quasi subito di avere problemi alla gola. Passando tutti i brani che dal primo album omonimo a “Hypnotize” li hanno resi famosi, i quattro conferma di essere una macchina precisa, tecnicamente non sbagliano nulla, la voce del cantante rende bene, quasi come un disco in studio, Daron Malakian alla chitarra esegue i pezzi in tranquillità ed accompagna bene anche alla voce, il basso di Shavo Odadjian è sempre presente come deve, la batteria di John Dolmayan tiene il ritmo ed alza i toni. Purtroppo questa loro perfezione è un’arma a doppio taglio, variano poco, non dimostrano un grande estro, nessuna improvvisazione particolare, chi è lontano ha la sensazione di vedere un video da yuotube.
Si continua subito con B.Y.O.B., un altro pezzo carico bruciato subito che fa intendere che lo spettacolo durerà poco, sarà solo un’ora e mezza alla fine, ma che sicuramente non lascerà niente di intentato.
In scaletta ci sono “I-E-A-I-A-I-O“, “Know“, “Needles“, “Deer Dance“, “Radio / Video“, “Hypnotize“, “Question!“, “Suggestions“, fino ad arrivare a “Psycho“, che ancora una volta coinvolge il pubblico con cui il gruppo gioca, giusto un attimo prima di “Chop Suey!” cantata da tutti, fan e non.
Così si va avanti con “Lonely Day“,”Bounce“, “Kill Rock ‘n Roll“, “Lost in Hollywood“, “Forest“, “Science“, “Darts“, prima di un gran finale di una serie di canzoni a catena, la lenta e melodica “Aerials” è un inizio dei giochi finali, si crea un’atmosfera quasi romantica nel pubblico, poi è l’ora di “Tentative” e subito dopo una grande versione di “Cigaro“,  con a ruota subito “Suite-Pee“, e poi una particolare versione di “War?“, una delle poche varianti ascoltate, il pubblico apprezza e accompagna, arriva l’attesissima “Toxicity“, il brano più conosciuto dei System Of A Down, anche se purtroppo nella loro perfezione risulta anche essere brevissimo, infine è il momento di “Sugar“, brano con cui si chiude il concerto, nessun bis concesso dai SOAD, la loro performance senza alcuna delusione reale, se non quella della pessima organizzazione in merito al sonoro fatta (ma di chi la colpa? organizzatori? tecnici del suono? services vari?), e con nelle orecchie ancora strascichi di ottima musica. Tra le altre cose Serji Tankian ha trovato il tempo di dire a noi italiani che meritiamo un presidente migliore di Berlusconi, giusto per dire che è attento all’Italia.

Alla fine dei conti andiamo via non disullisi ma nemmeno considerandolo uno dei migliori concerti della nostra vita, non ci resta che sperare in un nuovo concerto dei SOAD con una amplicazione ed acustica come la band merita.
Intanto l’estate è iniziata con il ritorno dei System Of A Down, una serie di concerti che seguiremo ci aspettano e naturalmente aspettiamo i vostri pareri.

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