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5 motivi per ascoltare “Plastic Hearts” di Miley Cyrus

È uscito da pochi giorni il nuovo album di Miley Cyrus. La popstar ha 28 anni ed una carriera incredibile alle spalle, con questo album sembra aver raggiunto una certa maturità ed è passata a sonorità un po’ più rock rispetto al passato. Un album più maturo rispetto ai precedenti sì, ma con ancora del lavoro da fare. Non è la Miley Cyrus di Hannah Montana e nemmeno quella di Wrecking Ball, non è quella influenzata dalla madrina (e che madrina) Dolly Parton: qui c’è Stevie Nicks, la strega bianca. Nel complesso, “Plastic Hearts” è un lavoro in cui si fondono le passioni musicali di Miley Cyrus, tra brani più aggressivi e altri più malinconici e romantici. Oltre a mostrare l’immagine di una donna indipendente, forte, che non teme il giudizio degli altri e non ha paura di andare avanti, c’è un altro messaggio di fondo. Lo ha già detto chiaramente anche Miley Cyrus, è un pensiero rivolto ai suoi ex, e non è dei più gentili.


Plastic Hearts


Gli anni Ottanta

Come già detto, gli anni Ottanta sono l’influenza principale di “Plastic Hearts”, una delle prove più evidenti è la cover di “Heart of glass” di Blondie.

Mick Rock

Ok, una foto non si ascolta ma la foto della cover di “Plastic Hearts” è stata scattata da uno dei fotografi più celebri nel mondo del rock. Mick Rock in passato ha fotografato anche Joan Jett, una delle collaborazioni presenti nell’album. Ma ha fotografato anche David Bowie, i Queen, i Talking Heads, Iggy Pop, i Ramones (e tanti, tanti altri). Lo stile della foto è estremamente anni Ottanta, che sono il fil rouge dell’intero album e l’ultima grande passione della Cyrus.

Le cover

Miley Cyrus ha inserito anche alcune delle cover con cui si era esibita all’iHeart Festival. Alcune sono più riuscite di altre, come “Heart of Glass” e “Zombie”, che ha ottenuto molta visibilità anche in rete. Su tutte, la cover del pezzo cult dei Cranberries, mostra la Cyrus nella sua versione più rockettara.

I duetti

In quest’album, prodotto da Mark Ronson, Miley Cyrus si è data alla pazza gioia con le collaborazioni con i suoi punti di riferimento musicali. In questa nuova era più rock, il battesimo avviene con Stevie Nicks e la fusione di “Midnight Sky” e “Edge of Seventeen”, pezzo cult del primo lavoro da solista per la voce Fleetwood Mac, uscito nel 1982. C’è poi Joan Jett, icona della ribellione degli 80s con The Runaways, sulle quali è basato l’omonimo film con Kristen Stewart e Dakota Fanning. C’è Billy Idol per “Night Crawling”, brano che sa di già sentito e che allo stesso tempo fa molto “club”. Lo stesso vale per “Prisoner”, che ha avuto un successo strepitoso non appena è stata rilasciata. In questo caso l’icona è più contemporanea che mai e si tratta di Dua Lipa, per una canzone che ricorda tantissimo gli anni Ottanta e in particolare il ritornello di “Physical” di Olivia Newton-John.

La nuova Miley

Miley Cyrus nel corso della sua carriera, iniziata quando era appena bambina, ha dimostrato in più occasioni di essere una star camaleontica. La riprova è proprio quest’album, dall’impronta più rock e che crea uno stacco definitivo dalla popstar rispetto a “Younger Now” (2017). La produzione di “Plastic Hearts” è stata piuttosto lunga e nel mezzo la Cyrus ha vissuto il divorzio a Liam Hemsworth, un intervento chirurgico alle corde vocali, la perdita della nonna, l’incendio della casa di Malibu, la fine della relazione con Cody Simpson e, come tutti, l’arrivo della pandemia. Oltre alla rabbia verso le relazioni precedenti e la voglia di andare avanti, non mancano le riflessioni sull’impatto che i media hanno avuto sulla sua vita e su come tutto potrebbe essere percepito diversamente se lei non ci fosse più (in “Hate me“). Quella di “Plastic Hearts” è una donna che ha disfatto il progetto più volte prima di darlo alla luce, modificandolo a seguito delle esperienze vissute. Una donna che ora si presenta con una nuova consapevolezza, raccontata nella schietta “Never be me“.

 

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