
Riduzione IMU e sconto sulla TARI per i pensionati all’estero (www.melodicamente.com)
Ci sono importanti novità per quanto riguarda la Naspi: l’allarme dell’INPS, cosa cambia per le settimane di disoccupazione necessarie.
L’INPS ha diffuso importanti chiarimenti riguardanti le modifiche normative sull’accesso all’indennità mensile di disoccupazione Naspi, introdotte dalla recente legge di Bilancio 207/2024.
Con la pubblicazione della circolare n. 98 del 5 giugno 2025, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha ufficializzato la stretta sulle condizioni necessarie per ottenere il sussidio in caso di cambiamenti lavorativi nel corso dell’anno.
Nuove regole per la Naspi dal 2025: cosa cambia
Dal 1° gennaio 2025, chi ha un contratto a tempo indeterminato, decide di dimettersi o risolve consensualmente il rapporto di lavoro e poi viene assunto da un’altra azienda alle stesse condizioni, potrà perdere il diritto alla Naspi se viene licenziato prima di aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nel nuovo impiego. In sostanza, l’indennità di disoccupazione non spetta più al lavoratore che, dopo un primo rapporto di lavoro a tempo indeterminato concluso volontariamente, accetta un nuovo incarico di breve durata (inferiore a tre mesi) e viene licenziato prima del raggiungimento di questo minimo contributivo.
L’INPS spiega che «per eventi di cessazione involontaria a partire dal 1° gennaio 2025, il richiedente deve vantare almeno 13 settimane di contribuzione dall’ultimo evento di cessazione di un rapporto a tempo indeterminato interrotto per dimissioni o risoluzione consensuale, se tale cessazione volontaria è avvenuta nei 12 mesi precedenti la cessazione involontaria». Questo significa che non sarà più possibile accedere alla Naspi in caso di dimissioni, seguite da un impiego molto breve nel corso dello stesso anno, a meno che non sia trascorso un intero anno dall’ultimo lavoro.
Non tutte le dimissioni volontarie sono soggette a questa nuova regola restrittiva. Sono infatti escluse le dimissioni per giusta causa, come ad esempio un trasferimento aziendale non giustificato da ragioni tecnico-pratiche e non accettato dal lavoratore. Inoltre, non rientrano nella limitazione le risoluzioni consensuali nei casi in cui il dipendente rifiuta un trasferimento in una sede distante più di 50 chilometri dalla residenza o raggiungibile con oltre 80 minuti di trasporto pubblico.

Anche le dimissioni che avvengono durante i periodi di tutela di maternità e paternità sono escluse dalla stretta, così come quelle regolamentate dall’articolo 7 della legge 604/1966, che disciplina i licenziamenti illegittimi. Per poter richiedere la Naspi, inoltre, resta imprescindibile il requisito di aver lavorato almeno 13 settimane nei quattro anni precedenti, un periodo definito come “contribuzione utile”. In questa contribuzione sono inclusi non solo i giorni di lavoro effettivo, ma anche i contributi riconosciuti per maternità obbligatoria, periodi di lavoro all’estero in Paesi con convenzioni bilaterali con l’Italia (anche per Stati extra UE) e i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli.
Con questa modifica, il governo mira a contrastare l’abuso della Naspi attraverso un sistema che fino a oggi permetteva di aggirare i requisiti per il sussidio. La pratica di dimettersi volontariamente da un lavoro stabile per passare a un altro impiego di breve durata e poi richiedere l’indennità di disoccupazione viene dunque limitata. Questo intervento legislativo cerca di evitare che la Naspi venga utilizzata in modo strumentale, incentivando una maggiore stabilità occupazionale e riducendo i costi per il sistema previdenziale.
La circolare INPS n. 98 del 2025 rappresenta quindi un punto di svolta nel quadro normativo della tutela del reddito da disoccupazione, definendo con maggiore rigore i requisiti e le condizioni per beneficiare della prestazione e orientando le politiche di welfare verso un equilibrio più sostenibile tra diritti dei lavoratori e responsabilità del sistema previdenziale.