Breathless: “Breath’n’roll”. La recensione

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Breathless - "Breath'n'roll" - Artwork

I Breathless, formazione romana molto giovane di rock’n’roll, dà alle stampe il suo primo disco di inediti, “Breath’n’roll“, registrato e mixato nei Locomotore Recording Studio da Luigi Di Filippo per l’etichetta Noise and Sound Records.

La band, nata nel 2007 dall’incontro tra quattro adolescenti con formazioni musicali molto differenti (rock, blues, hip hop, grunge e metal), ha al suo attivo una lunga gavetta nei locali della capitale e non solo, viste le loro partecipazioni a vari festival nazionali come  il Contest Emergenza Festival, prima di approdare a questo lavoro, che raccoglie il meglio delle tracce scritte e vissute dal gruppo nei suoi cinque anni di storia.

I Breathless (Sabrina Sannibale voce e chitarra, Monica de Rosa alla batteria, Fabio Fodarella al basso e Lorenzo “Kallo” Carlini alla chitarra) cerca di fondere i differenti punti di vista dei suoi membri in un unico punto di fuoco, ribattezzato da loro stessi “breath’n’roll”. Il disco è composto da 7 canzoni per 20 minuti scarsi di musica e parte subito a razzo con “That magic have to come“, pezzo adrenalinico e dalle varie anime al suo interno, da quella punkettara a quella hard rock, con molti cambi di direzione.

Proseguendo nell’ascolto dell’album troviamo “It’s going to work“, un brano che parte subito con la chitarra stoppata e si fa subito gradire nonostante la presenza invadente del controtempo, mentre con “Strawberry” andiamo nell’hard rock che sfiora il blues. Nel disco non potrebbe mancare una traccia più lenta… forse. La troviamo  solo nella parte iniziale di “Carnival game“, pezzo alquanto introspettivo e deciso, uno dei migliori del disco.

Breathless - "Breath'n'roll" - Artwork
Breathless – “Breath’n’roll” – Artwork

Taste of sun” si apre con un arpeggio cattivo e prosegue accelerando il suo lungo percorso (con i suoi 4:01 è la traccia più lunga del disco) fino all’epilogo strumentale finale: la penultima canzone, “Curtains“, è un brano molto più pop dei precedenti e per questo forse colpisce meno all’ascolto conducendo dritti alla canzone finale, “Esaurita“, che, nonostante il titolo italiano, di italiano non ha niente e che chiude il disco tra chitarre cattive e gorgheggi rudi.

Come opera prima, il disco dei Breathless è molto interessante: nonostante la sua esiguità ed un certo sound da “live in presa diretta”, le canzoni scorrono fluide senza stancare chi le sente, con forse solo i primi due brani che sono più ostici da digerire per via dei continui cambi di ritmo che li rendono poco “cantabili”. Ma è un male lieve. Dopo 5 anni di live e di concerti, forse ci si sarebbe aspettato un disco con qualcosina in più di 7 tracce, che sembrano davvero poche. Li aspettiamo con un lavoro più organico e adulto.

 

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