Subsonica: “8”. La recensione

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“Caro terrestre, la magia del numero 8 esprime il mistero di un tempo che talvolta gira su se stesso. Basta farsi trovare sempre pronti. Proprio come ora che la missione è completata e un varco si è aperto permettendoci di salutare una figura familiare. E di conoscerla meglio guardando un nuovo video che forse esisteva già prima. In qualche altra dimensione”.

Così i Subsonica, band di riferimento della scena rock elettronica italiana, aveva annunciato il videoclip di “Aurora sogna“, brano di successo tratto da uno dei suoi dischi capisaldo, “Microchip emozionale“, per annunciare il “ritorno a casa” e a un nuovo disco complessivo della band, “8“, dopo i progetti solisti di Samuel (voce), Max (chitarra), Boosta (tastiere), Vicio (basso) e Ninja (batteria). D’altronde, già nel disco precedente, con “Il Terzo Paradiso“, si era cominciata a esplorare questa dimensione di continuo infinito, di tempo che ricorre su se stesso, come mostra anche la copertina del disco, curata da Marino Capitanio, graphic designer poco più che trentenne attualmente attivo ad Amsterdam.

E che sia un vero e proprio ritorno a casa e alle sonorità dei primi dischi lo si capisce subito con il primo degli undici brani di “8”, ovvero “Jolly Roger“: sonorità incalzanti, batteria serrata, voce effettata e si torna ai tempi di “Non classificato“, brano del primo disco omonimo. Certo, non bisogna dimenticare nemmeno che siamo nel presente, e infatti nella camera temporale dei Subsonica entra anche il rapper Willie Peyote nel pezzo “L’incubo“, che strizza l’occhio alle tendenze moderne senza però dimenticarsi di graffiare con parole sempre al vetriolo e molto caustiche verso la società attuale.

Dopo arriva il secondo singolo scelto per promuovere l’album, “Punto critico“, annunciato da un frammento radio in francese, ed è sempre un tuffo al passato, agli esordi della band torinese, quando la ritmica e i testi erano quasi tutto, e subito dopo troviamo “Fenice“, altro brano che si affaccia alle radio e alla gioventù di oggi senza dimenticare quella cifra che ha reso i Subsonica diversi dagli altri. Ed è questo gioco tra passato e presente (o futuro, fate voi) che fa capolino diverse volte nel disco e che tenta una sintesi tra le due anime del pubblico dei Terresti (così come vengono chiamati i fans dei Subsonica).

Cover
Subsonica – “8” – Cover

Respirare“, oltre a essere il terzo singolo, ricordare nel ritornello “In alto mare” di Loredana Bertè e avere a corredo un video molto bello, mostra l’anima “lenta” dei Subsonica, quella che è stata capace di sfornare nel corso degli anni ballate come “Quando” e “Lasciati“: dato che però il gioco delle contrapposizioni in questo disco è costante, ecco “Bottiglie rotte“, il primo singolo, una sferzante denuncia al mondo dei social e alla voglia di apparire a tutti i costi. “Le onde” ha una storia particolare: l’11 marzo 2015 moriva improvvisamente, in un incidente stradale, Carlo Rossi, carissimo amico della band, e il gruppo ha deciso di dedicargli un pezzo con un lavoro collettivo. La canzone non è altro che l’interrogarci sulla perdita di una persona cara e sul significato di quello che succede dopo la morte.

Dopo questo momento altamente emozionale, ecco due pezzi che parlano di fuga: “L’incredibilmente performance di un uomo morto” parla della fuga dai sentimenti verso una storia che si chiude, in un crescendo di tensione, mentre “Nuove radici” parla di quei ragazzi che, dopo avere studiato e viaggiato, scelgono di lavorare la terra con consapevolezza, inventiva e rispetto. Sono entrambe scappatoie ma con musicalità diverse: un crescendo rossiniano la prima, un ritmo afrobeat la seconda.

Uno dei pezzi migliori del disco, “Cieli in fiamme“, dalla musica ipnotica e dal testo che si pianta nel cervello (“Non so come smettere/Non so come smettere/Non so come smettere/Di frantumare il nostro piccolo amore”) fa da prodromo all’ultimo pezzo, “La bontà“: questa canzone è la sintesi sia del disco che dei vari stili possibili che rendono i Subsonica i Subsonica perchè dentro c’è tutto, tematica sociale, vari generi musicali che si mescolano tra di loro, le voci che disegnano nuove traiettorie per i Terrestri all’ascolto. E i Terrestri avevano bisogno di tracciare una nuova rotta, lasciati in balia del vuoto dello spazio-tempo per troppi anni. Ma ora è finalmente arrivato il momento di riaccendere i motori e di prendere le carte di navigazione: c’è un nuovo universo da scoprire, un nuovo mondo musicale da esplorare, un nuovo disco da amare. Bentornato a bordo, Terrestre.

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