Deadmau5: “Seven”. La recensione

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Deadmau5 -
Deadmau5 - "Seven" - Artwork

E’ uscito “Seven“, nuovo EP di Deadmau5, produttore discografico e dj canadese al secolo noto come Joel Thomas Zimmermann: il disco è stato pubblicizzato dall’artista direttamente sul suo canale Soundcloud. Dopo l’ultimo disco “Album title goes here” del 2012 ed il successo ottenuto con brani come “Professional Griefers” e “The Veldt” il produttore ha deciso di pubblicare questo nuovo disco, “Seven”, molto particolare. “Seven” è un disco che esce dal solito standard a cui ci ha abituati Deadmau5, ovvero la musica elettronica con influenze pianistiche e corredata di voci eccezionali a supporto della melodia ritmata.

“Seven” è definibile come un concept album di sette canzoni dalla durata di poco meno di diciotto minuti in cui si esplorano i sette vizi capitali in chiave classica, affidando alle sole note di un pianoforte un ritratto di ognuno di essi. Qualcuno potrebbe pensare che siamo molto lontani dalla electro-house a cui Deadmau5 ci ha abituati, ma questo pensiero non è corretto: pezzi in passato come “Raise your weapons” e “Strobe“, con la delicatezza dei loro inserti musicali, dimostrano che Zimmermann sa benissimo come suonare un pianoforte per suscitare emozioni nell’ascoltatore.

Deadmau5 - "Seven" - Artwork
Deadmau5 – “Seven” – Artwork

Seven” è un disco che potrebbe richiamare alla mente paragoni che possono essere blasfemi od addirittura fuori luogo per qualcuno, come il “Carnaval” di Schumann, ma io credo che il concetto alla base del disco sia lo stesso: una carrellata sulla natura umana utilizzando figure allegoriche, in questo caso i sette peccati capitali, qui esplorati grazie agli ottantotto tasti di un pianoforte. E così si susseguono “Acedia“, “Avaritia“, “Gula“, “Invidia“¸”Ira“, “Luxuria” e “Superbia“, in un saliscendi di note e musica che accompagnano l’ascoltatore in un ideale viaggio dentro l’animo umano e dentro le sensazioni che muovono l’uomo nelle sue scelte di tutti i giorni, nella vita che ci scorre attorno, nelle pulsioni che regnano dentro di noi.

La scelta della copertina non è casuale in questo caso, il numero sette con in sottofondo uno dei quadri di Hyeronimus Bosch, un pittore del quattrocento olandese famoso per le allegorie sulla vita e sulla morte, sul paradiso e sull’inferno, in un momento storico molto particolare dove forti erano le inquietudini che si sentivano in giro per l’Europa. Inquietudini che si sentono anche nei brani di “Seven”, nel greve di “Avaritia”, nell’indolenza di “Acedia”, nella falsa gioia di “Gula”, nel peso di “Invidia”, nella ossessione e nella cattiveria di “Ira”, nella autoreferenzialità di “Luxuria” e nella esplosione di suoni di “Superbia”, degno finale di un disco piccolo ma perfetto, di un diamante nero, di un disco capace di emozionare e stupire. Complimenti a Zimmermann, è riuscito a stupire con un lavoro assolutamente non banale e classico, riavvicinandosi alla musica del 1800 lui così moderno e tecnologico. Un disco da comprare, se amate le emozioni.

 

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