Lady Gaga: “Joanne”. La recensione

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Lady GaGa - Joanne - Artwork

È solo al quinto disco ma è ormai considerata una stella di calibro mondiale: parliamo di Lady Gaga (al secolo Stefani Joanne Angelina Germanotta), performer e cantante americana di chiare origini italiane che ha da poco dato alle stampe il quinto capitolo della sua carriera discografica, “Joanne“, prodotto dalla Interscope Records a distanza di due anni dal precedente “Cheek to cheek” cantato insieme a Tony Bennett.

Per questo disco Lady Germanotta ha chiamato a se moltissimi produttori e collaboratori: da Mark Ronson a Jeff Basher, da BloodPop a RedOne, senza dimenticare l’apporto di altri musicisti come Florence Welch nella canzone “Hey Girl”, Josh Homme dei Queens of the Stone Age (accoppiamento quanto meno curioso) e Beck che ha collaborato nella canzone “Dancin’ in Circles”. Il resto dei musicisti è stato contattato da Mark Ronson che li ha “pescati” da un progetto precedente in cui avevano collaborato Rufus Wainwright e Amy Winehouse.

Metto insieme tutto questo mare di persone, si è passato al lavoro della scrittura e con “Joanne” Lady Gaga è tornata alle origini, parlando spesso della famiglia e della vita, con la morte di sua zia Joanne Stefani Germanotta che ha avuto una profonda influenza sul disco, come lei stessa ammette: “Tornare dalla tua famiglia e da dove sei venuta, e dalla tua storia… questo è quello che ti rende forte. Non è guardare fuori che ti rende così, ma il guardare dentro di te… Joanne è stato una progressione per me. È stato come tornare in studio e dimenticare di essere famosa.”

Lady GaGa - Joanne - Artwork
Lady GaGa – Joanne – Artwork

Anticipato dai singoli “Perfect illusion” e “Million reasons“, il disco mostra sin da subito come rispetto ai lavori precedenti non voglia essere incasellato in un genere ben preciso, fluttuando dalla dance-rock al country: in questo album è stato proseguito il lavoro cominciato con “Artpop” di “spogliare” progressivamente le canzoni da troppi strumenti e muri musicali per mettere a nudo la voce dell’artista e per focalizzare l’attenzione sui testi come si evince già dal primo brano, “Diamond Heart“, che dà il la a tutto il disco e che parla della vita di  Gaga come go-go dancer a New York.  “A-Yo” cambia completamente genere ed è un country modernizzato, mescolando due sue precedenti canzoni come “Manicure” e “Americano” per trasferirci una sensazione da bar di Nashville: la piccola perla è però la title-track, dove Gaga, accompagnata da solo una chitarra acustica e da degli archi, parla della sua zia scomparsa in maniera semplice e toccante.

Con “John Wayne” torniamo alle canzoni da cowboy (grazie anche alla sapiente mano di Josh Homme) per un pezzo dal sapore totemico e che ricorda tanto da vicino alcuni brani dei QOTSA. Cambiamo canzone e cambiamo collaborazione, visto che in “Dancin’ in Circles” troviamo la mano di Beck che disegna una canzone pop dal ritmo curioso e affascinante dedicata alla masturbazione. Subito dopo troviamo i brani scelti come singoli, “Perfect Illusion“, una disco-rock song che sembra precipitata nel presente dritta dritta dagli anni ’80, e “Million Reasons“, un pezzo pianoforte e chitarra assolutamente country sia nella musica che nel testo, quasi inaspettato se pensiamo alla Lady Gaga di “Alejandro” e “Bad Romance”.

Sinner’s Prayers” mescola abilmente campane, fischi, country music, R&B e pop mentre Gaga parla di amore non corrisposto (“Her love for him ain’t cheap, But it breaks just like a knockoff piece from Fulton Street” con riferimento alla strada di Manhattan dove si compra bigiotteria) mentre l’organo hammond di “Come to Mama” affonda negli anni Settanta e parla di tolleranza e accettazione degli altri con tantissime citazioni bibliche. Altro pezzo sorprendente è “Hey Girl” dove BloodPop e Ronson disegnano una geniale canzone funky su misura per le voci di Lady Gaga e Florence Welch. Il disco termina con “Angel Down“, una torch song ispirata dalla morte di Trayvon Martin, evento per cui Gaga si è esposta mediaticamente in prima persona nei giorni che seguirono la sparatoria, attirandosi anche delle critiche.

Quando Miss Germanotta ha parlato del suo disco, ha detto che immaginava di parlare con una ragazza che viveva nel mezzo della campagna e che era capace di capirla e trovare una connessione con lei. Questo nuovo lavoro di Lady Gaga è molto eclettico e sembra una collezione d’arte, dove si trovano quadri dedicati al rock, altri dedicati al funky e altri ancora dedicati al pop. “Joanne” è un insieme di generi e sensazioni, tenute insieme dall’unico collante che ci potesse essere, ovvero il cuore dell’artista, provata dalla morte della zia e che ha deciso di raccontare le sue frustrazioni, la sua nostalgia e i suoi desideri in un disco senza autotune e ritornelli eccessivi ma anzi mettendosi a nudo e rischiando in prima persona, come ha dichiarato lei stessa: “Voglio andare nel mondo e portare con me le storie più profonde che riguardano la mia vita e trasformarle in canzoni con la speranza che tocchino gli altri nel profondo facendoli riflettere sulla loro vita e sulle loro storie.” Certamente “Joanne” è un disco che fa riflettere e che forse si pensava impossibile da una artista dell’eccesso come Lady Gaga: non sappiamo se sia una strada nuova da intraprendere, ma di sicuro è una sfaccettatura molto interessante.

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