Simple Plan: “Taking one for the team”. La recensione

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Negli anni 2000 ad un certo punto c’è stato un fiorire incredibile di gruppi giovani e giovanili che hanno imbracciato chitarre, bassi e bacchette e hanno cominciato a pestare pesante rimodellando il genere cosiddetto pop-punk, dandogli un target notevolmente più fresco e più da college americano: cito a memoria gruppi come Weezer e Blink 182, fino ad arrivare ai nostrani Finley e Melody Fall.

Col tempo queste tracce di musica giovane, scanzonata e caciarona si sono via via diluite nel tempo ma qualche gruppo ancora resiste e continua a fare la musica che vuole fare indipendentemente dalle mode e dai tempi: uno di questi esempi sono i Simple Plan, gruppo musicale pop punk franco-canadese formatosi nel 1999 a Montréal e ormai arrivato al quinto album, “Taking one for the team“. Il gruppo di Pierre Bouvier ha venduto quasi dieci milioni di copie in tutto il mondo ed è famoso sia per le sue puntate nel mondo del cinema (sua la colonna sonora di Smallville, Desperate Housewives, Una scatenata dozzina, Scooby-Doo e Quel pazzo venerdì) e il suo impegno umanitario: la Simple Plan Foundation, un’associazione benefica no-profit fondata dai Simple Plan nel dicembre 2005, è molto attiva nel sostentamento e nell’educazione dei bambini del terzo mondo ed ha raggiunto un volume di donazioni di oltre un milione e mezzo di dollari, consentendo al gruppo di ricevere vari premi per il loro impegno in campo musicale e umanitario.

Tutte queste informazioni potrebbero disegnare un gruppo serio e dal piglio deciso e autoritario ed invece abbiamo di fronte una formazione che fa del divertimento e della scanzonatezza la propria bandiera: i Simple Plan, sempre gli stessi dal 2000, sono guidati dalla voce di Pierre Bouvier e vedono Jeff Stinco alla chitarra solista, Sébastien Lefebvre alla chitarra ritmica, David Desrosiers al basso e Chuck Comeau alla batteria e percussioni. Il loro ultimo disco, “Taking one for the team“, ha avuto una lunga gestazione: infatti è nel 30 luglio del 2014 che la band annuncia di avere iniziato le registrazioni del loro quinto album di inediti e nel giugno 2015 esce un nuovo singolo inedito, “Saturday“, seguito il 28 agosto dal video su YouTube di “Boom!” mentre il 18 settembre è la volta di “I Don’t Wanna Be Sad” e il 15 ottobre 2015 viene pubblicato un altro singolo, “I Don’t Wanna Go to Bed“. A questi si aggiunge anche il singolo “Opinion Overload“, pubblicato due settimane prima dell’uscita del disco.

Dopo tutto questo attendere parliamo del disco vero e proprio: “Taking one for the team” è un disco di 14 tracce per 47 minuti di musica e vede un sacco di feautring e partecipazioni (ben quattro) e parte con il singolo “Opinion overload” che dà già un’idea ben precisa di che disco abbiamo per le mani: riff potenti, ritmo scanzonato, batteria pestona, insomma tutti gli ingredienti classici del pop-punk anni 2000. L’inizio è a tutta velocità e non dubitiamo che questo brano entrerà a far parte di qualche colonna sonora di qualche film o telefilm dal target giovane.  Possiamo prevedere lo stesso destino anche per “Boom!” e per “Kiss Me Like Nobody’s Watching“, brani allegri e moderni.

Cover
Simple Plan – “Taking one for the team” – Cover

Con “Farewell” troviamo la prima collaborazione del disco con Jordan Pundik e troviamo un brano un goccio diverso, dallo stoppato interessante e dal ritornello molto più punk che pop: “Singing in the Rain” vede al suo interno l’intermezzo rap di R. City per una canzone estiva e dalla chitarra funky che porta a fischiettare il ritornello con una certa insistenza. Torniamo alla musica tanto cara ai Simple Plan con “Everything Sucks” e “I refuse“, brano che ha una coda lenta e solistica finale alquanto carina.

Dopo il brano funky “I Don’t Wanna Go to Bed” che vede la partecipazione di Nelly e il pop-punk a tutta manetta di “Nostalgic” troviamo a mio avviso la canzone migliore del disco, “Perfectly Perfect“, una love ballad voce e chitarra classica che in soli tre minuti condensa quasi tutto il disco con i suoi violini e la sua dolcezza. Ci deve essere una sorta di maledizione per questi gruppi pop-punk che fa sì che ci si ricordi più delle loro rare ballad che dei pezzi più animati: forse è la loro eccezionalità che li rende così speciali. Forse.

L’attacco di “I Don’t Wanna Be Sad” (ma un po’ in generale tutta la canzone) mi ha fatto venire in mente in maniera anche abbastanza decisa “All around the world” degli Oasis (ascoltatele anche voi e ditemi cosa ne pensate) mentre “P.S. I Hate You” e la dolcissima “Problem Child” ci avvicinano alla fine del disco, dove troviamo “I Dream About You“, canzone che vede la partecipazione di Juliet Simms e che non sembra quasi fare parte di questo disco, viste le sue atmosfere rarefatte e il suo essere così diversa da tutte quante le altre tracce dell’album.

E’ difficile fare una recensione pezzo per pezzo di questo album, dato che sembra all’ascolto un corpus unico senza soluzione di continuità: “Taking one for the team” è un disco da ascoltare in sequenza e da bere tutto d’un fiato, come una bibita fresca in una calda giornata estiva. La potenza del pop-punk di Pierre Bouvier e soci non si è stemperata con gli anni che sono passati ma ha sempre mantenuto una sua attualità e una sua impronta ben precisa, resistendo allo scorrere degli anni e permettendo loro di continuare ad esistere e a rinnovare se stessi e un genere spesso snobbato dalla critica musicale ma che affolla le charts di tutto il mondo. La nuova fatica musicale dei Simple Plan è un disco piacevole e allegro che vi farà compagnia per tutto il tempo del suo ascolto assolvendo in pieno al suo compito di intrattenimento sonoro: promuoviamo questi canadesi a pieni voti.

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