Stef Burns League, “Roots & Wing”. La recensione

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Stef Burns League - Roots & Wings

“Roots & Wings” sta a Stef Burns come il rock sta alla Fender: potrebbe sembrare una sciocca similitudine eppure a ben vedere non è proprio così dal momento che il quarto tassello discografico del chitarrista californiano è una parentesi a sé dopo il successo riscontrato dal precedente “World, Universe, Infinity”. Chi segue Stef Burns (all’anagrafe Stephan Birnbaum) ha sviluppato con il tempo un rapporto empatico con le sei corde, le sue, ogni volta un’emozione diversa.

C’è lo dicono Alice Cooper e Sheila E, senza dimenticare il vagabondo Prince o Huey Lewis & the News con il quale gira il mondo e i palcoscenici che lo abitano, Fender in spalla e amplificatore rigorosamente Marshall sparato a massimo volume: se la faccenda si tinge di melodie blues-rock senza dimenticare un pizzico di jazz che non guasta mai allora è il momento di avventurarci nell’ascolto di “Roots & Wings”, un titolo una storia.

Stef Burns League - Roots & Wings
Stef Burns League – Roots & Wings

Si guarda all’America con illustre ammirazione ogni qualvolta il vibrato delle corde vocali pronuncia la parola rock eppure è curioso prendere consapevolezza del fatto che stavolta ci troviamo di fronte ad una situazione inversa: le radici in California e le ali germogliano grazie ai suoi amori (moglie, figlia e chitarra) le muse ispiratrice di quest’ultimo lavoro come di recente ha avuto modo di dichiarare.

A onor del vero utilizza anche la Gibson (una Custom “Black Beauty” ’57, una Les Paul Supreme, una Explorer e una SG Standard) ma l’immagine di Stef Burns ci riporta alla Stratocaster homemade by Fender. Ed è proprio quest’ultima la protagonista di “Roots & Wings” e si sente, senza per questo dimenticare la sua musa ispiratrice, l’italianissima moglie Maddalena Corvaglia che compare nel videoclip e primo singolo estratto “What Doesn’t Kill Us”che anticpa l’uscita dell’album il prossimo 21 Gennaio per l’etichetta Utratempo/Self.

“Roots & Wings” conta dodici brani di cui due strumentali, scritti da Stef Burns con il tastierista Fabio Valdemarin e il batterista Juan van Emmerloot e Roberto Tiranti (basso e cori) che si unisce al gruppo in tour formando così la Stef Burns League. L’album, registrato tra Stati Uniti, Olanda e Italia, arriva a sei anni di distanza dal precedente “World, Universe, Infinity” e vede la partecipazione (oltremodo) di alcuni amici musicisti: Faso (Elio e le Storie Tese), Paolo Costa, il californiano Dan De Shara al basso e su un brano  anche il tastierista di Vasco Rossi, Alberto Rocchetti.

Il sound è di forte impatto, suoni tirati, arpeggi e ritmica che richiamano l’atmosfera delle produzioni “tipiche” americane e una scrittura maturata col tempo: un continuum del precedente “World, Universe, Infinity” che non disturba, anzi rende l’idea che il musicista cammina di pari passo con l’artista tracciando la sua strada in un territorio non proprio favorevole com’è quello italiano.

Il brano d’apertura è il primo singolo estratto “What Doesn’t Kill Us” una schitarrata adrenalinica more strong (giusto per rimanere in tema): volumi alti e batteria sparata diritta nello stomaco. Un leggero calo ritmico per i seguenti brani “Something Beautiful” e “Miracle Days” in cui è dato ampio risalto alla parte strumentale (di forte impatto proprio quella in “Miracle Days”). Attenzione a parte merita la ballad “Home Again” violini e chitarra acustica in apertura e guitar solo tutto da ascoltare. Infusi springsteeniani.

Il blues-rock di “Cover You” e “Roots & Wings” sono due estratti a caso che ti aspetti di ascoltare live per poter apprezzare in pieno il talento innato e la tecnica acquisita negli anni da Stef Burns: nel caso in cui ci fossero dubbi ci si può rifugiare nelle due instrumental track “Sky Angel” e “Us” che possono essere trasmesse a iosa nelle casse dello stereo: ispirazione.

“Roots & Wings” è un disco dal sound molto ricercato che non perde di spontaneità e naturalezza: i musicisti ci sono, le muse ispiratrice anche, il significato latente e la storia a sé non mancano di certo. Non disturba ascoltare una power ballad come “Paper Cup” nella tracklist o una più dolce (con riferimento alla linea melodica) “Patience”. In una parola: genuino.

 

 

 

 

 

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