Brunori SAS: “A casa tutto bene”. La recensione

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brunori Sas - A casa tutto bene - Artwork

Avevamo lasciato Dario Brunori, meglio conosciuto come Brunori Sas, alle prese con la chiusura della sua trilogia di dischi con l’album “Vol. 3 – Il cammino di Santiago in taxi“. Lo ritroviamo con un nuovo disco e con uno scenario completamente differente attorno a lui.

Tante cose sono successe in questi tre anni: dal punto di vista artistico il cantante ha partecipato ad uno spettacolo teatrale, intitolato “Brunori Srl, una società a responsabilità limitata”, riportando in Italia il teatro canzone che fu di Gaber, mentre dal punto di vista personale Brunori è tornato alle radici, nella sua Calabria, decidendo di registrare questo nuovo disco in una masseria a San Marco Argentano, un comune di appena 7.000 anime in provincia di Cosenza, insieme alla sua band e al produttore Taketo Gohara.

Questa reclusione volontaria quasi alfieriana ha permesso a Brunori di poter guardare il mondo contemporaneo da un punto di vista privilegiato, senza pressioni e potendo parlare delle storture del mondo attuale da lontano: il nuovo disco “A casa tutto bene” è molto meno ironico rispetto ai precedenti (anche se non mancano episodi spassosi al suo interno) e molto più maturo, lucido nella sua critica, politico nel senso più lato del termine nel suo messaggio, maturo dal punto di vista artistico.

brunori sas a casa tutto bene cover
Brunori Sas – A casa tutto bene – Artwork

Il disco, composto da dodici tracce, comincia con il singolo “La verità” e spiega subito al suo ascoltatore cosa dovrà aspettarsi da questo nuovo disco: disincanto, amarezza, crudezza e realtà a piene mani profuse e trasformate in cantautorato attraverso una fusione alchemico-musicale che ricorda il primo Guccini. Per rimanere in tema di piena attualità ecco “L’uomo nero“, canzone durissima e senza sconti verso tutti i fomentatori di paura che disegnano e vedono uomini neri ovunque in tutta la loro vita e in tutta la loro storia, con il passato costretto a ripetersi perchè gli uomini che odiano non cambiano mai. Sempre su questo filone troviamo “Secondo me“, canzone sull’ipocrisia e sull’egoismo del mondo occidentale che si è troppo imborghesito e ha deciso di dimenticare il dolore senza volersi più sporcare le mani ma rimanendo arroccati nelle proprie torri d’avorio (“chissà com’è invece il mondo visto da te”).

Brunori dice di scrivere “canzoni poco intelligenti” ma “Canzone contro la paura” lo è invece tantissimo, grazie ad un’ironica melodia alla De Gregori che accompagna un testo di autocritica nei confronti dei cantanti e del pubblico che si accontenta della musica superficiale per dimenticare il dolore quotidiano e ritrovarsi in un mondo che non c’è: alla fine sarà proprio una canzone a ricordarci chi siamo. “Lamezia Milano” parla invece dei frequenti viaggi del cantante e del confronto tra la provincia calabrese e la metropoli lombarda con anche una citazione a Battiato (“sul ponte sventola bandiera bianca”). Lo stesso confronto lo troviamo con “La vita liquida“, canzone che parla delle preoccupazioni per la società moderna dove tutto è liquido e sfugge dalle mani, portando noi stessi quasi all’evaporazione e a finire nel mare magnum della quotidianità, persi per sempre.

Potevano mai mancare in questo disco le canzoni d’amore? Ovviamente no, ma sono sempre particolari, come nella ballata voce e chitarra “Colpo di pistola”, che parla con leggerezza di un amore malato (“l’amore è un colpo di pistola, è un pugno sulla schiena, schiaffo per cena, l’amore ti tocca appena”) e di come a volte un sentimento possa uccidere (“prima l’ho uccisa e dopo l’ho baciata”). In “Diego e io” invece si parla di amori finiti male e di corna, di rabbia e di rimpianti per una storia che sfugge dalle nostre mani con le mandole settecentesche che rendono tristissimo il tutto.

Ci sono anche ritratti di soggetti moderni, come in “Sabato bestiale“, ritratto misero e squallido di un uomo qualunque che vuole solo passare un sabato tra alcol e donne da castigare, senza pensare agli altri e evitando qualsiasi contatto con la realtà e con la morale, perchè ognuno pensa per se stesso. Con “Don Abbondio” invece abbiamo il requiem della nostra coscienza, di noi che guardiamo fuori dalla finestra per vedere cosa resta tra le macerie e su cosa è possibile tentare di ricostruire, ma non stasera.

C’è un poco di speranza in questo disco? Incredibilmente si. “Il costume da torero” è una di queste parentesi, una canzone allegra e giocosa dove il coro di bambini sottolinea la voglia del cantante di salvare il mondo con un gioco di magia, un costume e una spada finta, perchè in fondo non si è mai abbastanza cinici da credere che il mondo possa essere migliore di com’è.

Il disco si chiude con “La vita pensata“, canzone che cerca di tirare le le somme di tutta la riflessione, quasi una richiesta all’ascoltatore nel trovare la risposta alla domanda della vita, al suo senso e al suo significato, perchè “la vita va vissuta senza trovarci un senso”. E questo è forse tutto il senso di questo disco: “A casa tutto bene” è un bellissimo disco di cantautorato italiano che pesca a piene mani dalla migliore tradizione italiana (e i riferimenti a Battiato, De Andrè e Guccini non sono tirati a caso) per cercare di trovare una risposta all’assurdità che ci circonda. Non a caso Brunori Sas si è dovuto spostare in un paesino sperduto della Calabria per poter avere l’orizzonte libero dalle nebbie e dalle sovrastrutture della società moderna e poter così cercare con la musica e con le parole di raccontare cosa sia diventata la società di oggi. Ne esce fuori un ritratto assolutamente in chiaroscuro, sospeso tra la vita caotica della metropoli e il silenzio delle cicale della campagna, dove la sera steso sul letto fissi il soffitto e ti ritrovi a pensare a cosa stai facendo della tua vita. E in un momento del genere non ci potrebbe essere colonna sonora migliore di questo disco. D’altronde non è questo il compito dei cantautori?

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