Noemi: “Made in London”. La Recensione

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Noemi cover "Made in London"

Noemi firma la sua rinascita “Made in London”. Ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel panorama musicale italiano è impresa ardua ma Noemi ci è riuscita, complice il tempo e il rapporto con il suo pubblico che cresce e si rafforza sempre di più. Cantautrice con una forza espressiva al di sopra della media – non perdendo l’oggettività – la “leonessa” torna nel mercato discografico con un album eterogeneo ma rinnovato nelle sonorità cui ci abituato nel tempo. Se da un lato la vena cantautoriale fa da padrona, dall’altro vediamo la collaborazioni di autori musicisti e produttori di un certo spessore “Made in London”.

Uscirà il prossimo 20 Febbraio nel mercato discografico “Made in London” di Noemi per l’etichetta Sony Music frutto di una maturazione artistica che si lascia apprezzare in pieno, complice la voglia e la determinazione che da casa Noemi porta direttamente sul palco. Già, perché la forza espressiva si determina proprio lì e – con un certo margine di sicurezza – il pubblico attende con ansia di rivederla sul palco per testare l’effetto che la cultura londinese ha sortito sulla leonessa. Sarà presente sul palco del Teatro Ariston in occasione del 64° Festival di Sanremo con i due brani “Bagnati dal sole” e “Un Uomo è un albero” estratti dal nuovo album “Made in London” ma sforziamoci di non cadere in sterili paragoni: seppur non ha mai nascosto la sua ammirazione per Amy Winehouse, Noemi dimostra ancora una volta che l’eccellenza italiana non ha nulla da invidiare al modo.

Noemi cover "Made in London"
Noemi – “Made in London” – Artwork

Testi scritti e cantati in inglese (ma non tutti), sound rinnovato, la volontà di trasferirsi a Londra cui si aggiunge l’esprienza cumulata nel corso degli anni , ci “restituiscono” una Noemi più grintosa che mai con “un album vario , che prende spunto da molti generi diversi che amo,cercando di fare il sunto di quella che e’ la mia personalità musicale canora e artistica” senza tralasciare l’umiltà che la contraddistingue da sempre:

“Non è assolutamente mia intenzione rinnegare un passato che amo perchè mi ha dato tantissimo, ma solamente allargare i confini musicali dove spesso capita di rinchiudersi per paura o semplicemente per pigrizia”.

Hanno partecipato alla realizzazione di “Made in London” autori come Paul Statham, Poul O’duffy, e Shelly Poole, produttori inglesi tra cui Steve Brown – appena nominato per i Britt Award come miglior album di quest’anno con Laura Mvula – e gli Electric; tra gli italiani ci sono Diego Mancino e Luca Chiaravalli che hanno collaborato alla stesura di due brani e Daniele Magro, The Italians mentre un ringraziamento particolare va al produttore esecutivo Charlie Rapino.

La tracklist ci presenta in primis “Acciaio”, testo scritto da Noemi dopo aver letto l’omonimo libri di Silvia Avallone e musica scritta a quattro mani con Paul Stathman (Dido) e gli Electric: arrangiamento elettro-pop e la chitarra di Enrico Melozzi sono un sunto perfetto della peculiarità dell’album che si racchiude in una sola parola: originalità. “Sempre in viaggio” segue la scia della prima canzone – sperimentazione lodevole – salvo trovare la Noemi degli inizi: l’intro del piano, lirica in lingua inglese da Jamie Hartman (James Blunt), sezione archi e un timbro vocale unico nel suo genere. Questa è “Passenger” (definita da Noemi una delle migliori dell’album) che fa coppia con “Se tu fossi qui” due brani in cui la musica è volutamente messa in primo piano. Naturalezza.

“Don’t get me wrong” è un manifesto che rende in pieno tutta la forza espressiva della “leonessa”, titolo in lingua inglese, testo cantato in italiano, partitura elettro-rock: modernità. Modernità che si rafforza nella settima canzone della tracklist “Tutto l’oro del mondo”.

“Per cosa vivere” mescola in sé il cantautorato italiano e le sonorità tipiche anglosassoni, un compito arduo affidato a Noemi che riesce in pieno a superare questa barriera, complice la collaborazione con il produttore Paul O’Duffy (Amy Winehouse). Una delle migliori canzoni dell’album. La sezione archi e il testo scritto da Noemi in “Un fiore in una scatola” ci dice che, sì, il talento ha solo bisogno di tempo per fiorire, ritmo sincopato e la presenza dietro le pelli del batterista Troy Miller (Amy Winehouse).

L’album si chiude con “Alba” melodia composta davanti al piano, sezione archi e voce: una melodia che culla l’ascoltatore, lullaby per renderla con un termine inglese.

Ritmi altalenanti, sperimentazioni e modernità la parole chiave dell’album, Noemi non dimentica il suo passato e ci regala un album ricco di spunti ma non di sunti: la maturazione artistica è lapalissiana, il timbro di voce inconfondibile – marchio di fabbrica – fa sì che Noemi possa proseguire questo viaggio: non è azzardato dire che l’eccellenza italiana si lascia apprezzare in lavori come “Made in London”. E chissà cosa ci regalerà l’ascolto dei due brani “Bagnati dal Sole” e “Un uomo è un albero” che saranno presentati al Festival di Sanremo. Attesa e curiosità.

 

 

 

 

 

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