Sander Van Doorn: “Eleve11”. La recensione

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Sander Van Doorn - Eleve11 - Artwork

Uscito a settembre su etichetta Doorn Records, l’album “Eleve11” sta continuando a dilagare. Stiamo parlando della seconda fatica di Sander Van Doorn , maestro olandese di musica dance – progressive – trance. Nel titolo dell’album è racchiuso il gioco di parole tra “eleven” e “elevate”. All’ascoltatore sono proposte undici tracce, o meglio una salita a undici piani, un’elevazione verso una nuova e sopraffina dimensione sonora.

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Sander Van Doorn - Eleve11 - Artwork

Sander Van Doorn, “Eleve11”. Le Tracce

L’album si apre con il primo singolo estratto “Love Is Darkness“, che dà il via all’ascesa in grande stile: comincia la rotazione nelle radio europee già in primavera e finisce per diventare un buon successo estivo. A renderlo indimenticabile è la parte vocale, affidata saggiamente alla bravissima Carol Lee. In questo pezzo dance, come accenna il titolo, c’è tutto: paura, rabbia, amore, libertà, tristezza, diretti da un ritmo crescente e infine esplosivo. Ma Sander Van Doorn gioca le sue carte migliori una dietro l’altra:  la traccia numero due è l’inconfondibile “Koko“, che quest’estate ai festival di tutto il globo ha scatenato il finimondo ed è diventata un vero e proprio inno per l’anno 2011. L’ipnotico ritornello può suonare privo di interesse, ma a renderlo una bomba a idrogeno è la linea di bassi che lo accompagna in sottofondo. Il risultato è un pezzo completamente strumentale, capace di ipnotizzare il pubblico e farlo saltare e fischiettare al tempo stesso. Dopo questa partenza a razzo, ci rilassiamo con la suadente voce di Tom Helsen, che ci introduce la più pacifica  “Believe“. Il clima rimane temperato anche con “Nano“, un pezzo strumentale, che sembra voler farci sollevare da terra, ma con gentilezza. Ignoto il legame che lega il titolo al brano, forse un omaggio alla nano-tecnologia? A seguire un altro singolo estratto, che ha visto la luce anche nelle nostre radio a ottobre-novembre: “Rolling The Dice” può vantare la voce della affermatissima Nadia Ali e la collaborazione con il connazionale Sidney Samson. Non è una canzone tipicamente da club, ma è molto più che un pezzo da far girare con leggerezza per radio. Così come per la traccia d’apertura, questo pezzo produce sentimenti ed emozioni, che vengono intarsiati e cuciti da un ritmo sempre in elevazione.

Beyond Sound” facilita l’ascesa, essendo una traccia strumentale in pieno stile trance. Il suono, meno aggressivo e più disteso, ricorda ancora i festival estivi, nei quali il mago Sander avrà sicuramente testato il prodotto. Ma le atmosfere ritornano intense e cupe con “Timezone“, pezzo che ancora una volta incarna l’anima progressive dell’intero disco. Un inizio pacato, poi una scalata inesorabile di note fra gli antri dell’immaginazione, il tutto sostenuto dalla ottima e trascinante voce maschile di Frederick. Dopo questo pezzo molto coinvolgente, incontriamo una creatura curiosa: la versione curata da Sander Van Doorn del classico “Drink To Get Drunk” di Sia Vs. Different Gear, annata 2001. La reazione esplosiva provocata dalle modifiche del dj olandese consiste nel potenziare la linea di bassi e creare un drop più netto. Sicuramente apprezzato in pista, per il resto non possiamo concordare che sia un remix memorabile. Decisamente più interessante è ciò che esce dalla collaborazione con Laidback Luke: quest’ultimo, oltre ad essere connazionale e amico di Sander, gli somiglia pure parecchio, tanto che la gente scambia i due dj di continuo. Il titolo della canzone, “Who’s Wearing The Cap” si spiega attraverso una fotografia postata dai due dj dove ci sono appunto Sander e Luke, e uno dei due indossa un cappellino. L’invito al riconoscimento “musicale” era dunque stato prima il titolo di una foto scorsa sui social network di internet, poi è diventato direttamente il titolo della traccia prodotta dai due. Il pezzo, estratto a metà novembre, a nostro parere, è straordinario, è una bomba d’energia che ti ricarica il lunedì e pure tutta la settimana, una fusione tra progressive e electro che farà più di una strage nei prossimi festival.

Al penultimo blocco troviamo la elettrica “Slap My Pitch Up“, traccia semplice e aggressiva, anche questa ideale per riscaldare a dovere serate in discoteca, anche se, nonostante l’evidente richiamo, non si spinge al livello di rabbia dei Prodigy. L’undicesimo pezzo è “Eagles“, frutto dell’intesa tra Sander e il sempre più ispirato Adrian Lux: provare per credere sembra di trovarsi davvero in cielo ascoltando questo brano, e mentre prendiamo quota sentiamo di diventare anche noi un po’ “aquile”. E questo sarebbe davvero un finale d’album straordinario, la coronazione di un percorso avvincente ed emozionante. Ma finito il pezzo, dopo circa otto minuti di silenzio, compare la traccia fantasma, ovvero “Intro“. Ci lascia un po’ sconcertati un “intro” nascosto alla fine dell’album…che fosse stata la traccia d’apertura prima di essere scartata? In ogni caso anche questo brano non è da meno e ha già attirato l’attenzione di vari dj, come EDX, che ci hanno già messo le mani sopra per remixarlo.

Sander Van Doorn

Sander Van Doorn è il dj №16 al mondo secondo la rivista culto di musica da club Dj Mag. Classe ’79, si è distinto per il suo suono electro – trance, che gli ha permesso di acquisire uno stile originale e incisivo. Ha già vinto importanti riconoscimenti, e, nonostante abbia pubblicato solo due album, le sue produzioni e remix sono numerosi: in particolare segnaliamo il remix riempi-pista da lui curato di “King of My Castle” del 2007 di Wamdue Project e la più famosa “Close My Eyes” del 2009, capolavoro uscito da una collaborazione con i Pet Shop Boys e Robbie Williams.

Per un’ascesa ancora più vertiginosa, consigliamo di andarvi a trovare le tracce in versione estesa. L’album risulta fruibile, ma alcune canzoni danno il meglio di sè nella loro completezza e a volte, nella versione dell’album, si sente che manca qualcosa, che qualcosa è stato tirato via. Per il resto tanto di cappello a Sander, anzi, visto che siamo in tema, di cappellino!

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