Tarja: “Colours in the dark”. La recensione

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Tarja - "colours in the dark" - Artwork

Chi ha ascoltato nella sua vita della musica metal non può non aver notato, nel panorama musicale internazionale, una voce come quella di Tarja Turunen, ex voce dei Nightwish ed ora avviata ad una carriera solista. Ed il soprano svedese si presenta al pubblico con il suo terzo disco “Colours in the dark“.

Tarja Turunen, o Tarja come si fa chiamare, è una di quelle voci che ha caratterizzato tutta una scena musicale, quella del metal sinfonico e delle “female fronted metal bands” di cui fanno parte anche Within Temptation, Edenbridge, Sirenia e The Agonist, giusto per citare solo qualche gruppo. Dopo i dissapori con i Nightwish, dissapori che hanno portato ad una presa di posizione sul sito ufficiale della band da parte di Marco e Tuomas con l’esclusione della cantante dal gruppo, il soprano scandinavo si presenta sulle scene più agguerrita che mai.

Dopo aver fatto parlare di sé per un duetto con Sharon den Adel dal titolo “Paradise (What About Us?)“, Tarja presenta il suo disco solista, “Colours in the dark“: il lavoro discografico prevede 10 canzoni per la durata di ben 61 minuti, quindi un lavoro molto sostanzioso dal punto di vista musicale.

Il disco si apre con “Victims of ritual“, canzone che mette subito in chiaro che né la voce né il genere sono cambiati: siamo nel campo pieno del metal sinfonico ed alternativo, con il soprano che spande gorgheggi a tutto spiano senza quasi sforzo alcuno. Dopo troviamo “500 letters“, brano più melodico ed accattivante ma non meno “cattivo” e tecnico, soprattutto sul piano del canto e dei fraseggi di chitarra.

Tarja - "colours in the dark" - Artwork

Lucid dreamer” si apre con una prima parte quasi ovattata e celeste che introduce la voce di Tarja su un tappeto di violini prima di ripiombare sui suoni duri della chitarra e della batteria, intramezzando parti sognanti a parti lucide, proprio come dice il titolo della canzone. Ben altra musica troviamo nel brano successivo, “Never enough“, uno dei brani migliori del disco, dove si compenetrano bene sia voce che melodia per un risultato finale al di sopra della media.

Siamo appena a metà disco e subito si parte per un viaggio mistico, un “Mystique Voyage” che richiama in qualche modo da un lato le atmosfere alla Max Payne e dall’altro le atmosfere che si respirano al Tomorrowland, per un brano decisamente accattivante e particolare. Particolare è anche il pezzo successivo, “Darkness“, dalle atmosfere cupe e sospese.

Con “Deliverance” si fa un tuffo nel passato, ai tempi in cui Tarja cantava ancora nei Nightwish, visto che la struttura della canzone richiama molto le composizioni del gruppo scandinavo, ma è solo un ricordo momentaneo, visto che “Neverlight” porta da tutt’altra parte, con il suo rock veloce e riffato.

Il disco si conclude con i due brani “Under silence” e “Medusa“, brano che vede la partecipazione di Justin Furstenfeld: il primo è un pezzo arioso e ampio, dalle chitarre solenni e dalla voce che si amplifica quasi nel vuoto lasciatole dagli strumenti, mentre il secondo ha un sapore diciamo “diversamente pop” ed è molto piacevole da ascoltare grazie anche alla sua melodia molto accattivante.

Per giudicare questo disco bisogna un attimo fare una considerazione: se vogliamo parlare di Tarja, poco da dire, voci come la sua nel panorama musicale internazionale ce ne sono poche e lo hanno capito anche i Nightwish che hanno faticato non poco prima di trovare una cantante alla sua altezza come Floor Jansen. Se vogliamo parlare del disco, invece, occorre fare un minimo di distinguo “cum grano salis” come dicevano i latini. Molte canzoni richiamano il genere che ha reso Tarja famosa ma non hanno alle spalle la scrittura musicale di due giganti come Marco e Tuomas e questo in alcuni casi si sente, visto che delle canzoni secondo me hanno dei ritmi che male si adattano ad una voce come quella della Turunen, che ha bisogno di spazi e tempi diversi, più ampi e cadenzati e non troppo veloci e rabbiosi. E ovviamente il prodotto nel complesso ne risente. Ci sono delle gran belle cose in questo disco (per esempio “Never enough”, “Mystique voyage” o la conclusiva “Medusa”) ma ci sono anche altre cose che, in mancanza di una stampella musicale adeguata per una voce del genere, zoppicano più vistosamente. Diciamo che è un buon lavoro e che credo renderà magnificamente dal vivo, dimensione dove la Turunen si è sempre espressa alla grande, ma che si poteva fare qualcosina di più.

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