Travis: “Where you stand”. La recensione

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Travis - "Where you stand" - Cover

I Travis, band da tempo impegnata come band “invisibile”, ha da poco pubblicato il suo nuovo disco, “Where you stand“. Il gruppo pop rock di Glasgow, formatisi nel 1995 e che deve il suo nome al protagonista del film “Paris, Texas” di Wim Wenders si è fatto conoscere nel corso del tempo per alcune sue canzoni divenute famosissime come “Sing”, “Turn”, “Why does it always rain me” e “Flowers on the window” ed è ritenuta una band precursore di gruppi come Coldplay, Keane e Snow Patrol.

I quattro scozzesi (Francis Healy alla voce e chitarra, Dougie Payne al basso, Andy Duniop alla chitarra e Neil Primrose alla batteria) dopo il disco del 2008 “Ode to J. Smith” hanno aspettato ben 5 anni prima di fare uscire un nuovo loro lavoro di inediti. Ed ecco arrivare “Where you stand“.

Il disco, composto da 11 canzoni per 42 minuti di musica, si apre con il pop elettrico di “Mother“, brano sospeso tra rock e pop dove regnano le chitarre ed il pianoforte che disegnano un’atmosfera quasi elegiaca: legata a questa canzone troviamo “Moving“, dal ritmo dettato dalla batteria e che dà proprio l’impressione del movimento, facendosi scegliere come canzone perfetta per un bel viaggio in macchina.

Reminder” si fa notare per il bel ritmo pop e per il simpatico fischiettio ma non rimane molto in mente: la successiva title-track ha un paio di cambi di ritmo e tonalità molto interessanti e rimane bene impressa in mente. Il pezzo successivo, “Warning sign“, fa tornare indietro ai fasti dei primi Travis, grazie ad una struttura musicale ben congegnata ed ad una ritmica coinvolgente che fa venire voglia di cantare insieme al gruppo.

Travis - "Where you stand" - Cover
Travis – “Where you stand” – Cover

Da questa canzone in poi il disco prende una piega decisamente migliore rispetto all’inizio, bello ma non all’altezza della fama del gruppo: lo dimostra “Another guy“, pezzo che si ascolta la prima volta e si è convinti di averlo sentito già da sempre e che dà una familiarità eccezionale. Lo dimostra anche “A different room“, brano che ricorda in alcuni punti “Chasing cars” degli Snow Patrol ma che mantiene una sua punta di particolarità, a dimostrazione che i Maestri, se vogliono, rimangono sempre Maestri.

Il lo-fi e l’artigianato pop si fondono in “New shoes“, canzone dal sound ovattato e sporco che colpisce nel segno grazie anche al ritornello molto catchy: catchy è anche la canzone seguente, “On my wall“, canzone spensierata e che profuma di estate e di voglia di riscatto e che credo entrerà tra le mie preferita da suonare con la chitarra acustica per la sua struttura semplice ma efficace.

I Travis si sono fatti conoscere anche per le canzoni molto sentimentali e tristi e “Boxes” entra di diritto in questa categoria, pezzo che vedrei bene in qualche serie televisiva: il disco si chiude con “The Big Screen“,  degna conclusione di questo album con il suo pianoforte emozionante ed emozionale.

Al primo ascolto di “Where you stand” sono rimasto un po’ deluso ma devo dire che presto mi sono ricreduto: i Travis hanno impiegato cinque anni per tornare sulle scene ma non hanno assolutamente sprecato il loro tempo, al contrario hanno confezionato un disco capace di emozionare e di coinvolgere, degno successore degli altri album e che si farà notare soprattutto per brani come “Boxes” e “Warning sign”. Welcome back Travis.

 

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