Tu chiamale se vuoi cover… I parte

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Bob Dylan

Il reportage che vi verrà presentato sulle cover sarà divisa in due puntate, la prima sulla musica internazionale e la seconda (pubblicata la settimana prossima) incentrata su quella italiana. Partiamo con qualche definizione, giusto per schiarirci le idee.

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Bob Dylan | @copy; Kevin Winter/Getty Images
Nel panorama musicale nazionale e internazionale spesso un artista decide di esibirsi cantando o suonando un pezzo non suo, ma “preso in prestito” da un altro artista, esibendosi cioè in una “cover“, ovvero nella reinterpretazione o il rifacimento di un brano musicale. Appena partiti, però, già dobbiamo tentare di fare una differenza tra “interpretazione” e “cover“, cosa non semplice in quanto la linea di demarcazione tra questi due tributi differenti non è ben definita: in genere si parla di “interpretazione” quando un musicista interpreta un brano considerato un classico della musica, mentre si usa il termine “cover” per indicare la reinterpretazione di brani relativamente recenti (come nel caso delle “cover band” e delle tribute band, gruppi musicali che interpretano solo canzoni note scritte da altri). Quindi una cover si differenzia nettamente da un plagio. Discorso a parte meritano gli “standards“, temi musicali molto noti nel campo della musica jazz, usati dai jazzisti per la loro popolarità e per avere la possibilità di improvvisare sugli accordi del brano. Il termine “cover” deriva dall’America degli anni Trenta, quando i brani di successo erano realizzati da artisti di colore e per questo motivo non venivano trasmesse dalle radio: si ovviò al problema realizzando versioni edulcorate dei brani cantate stavolta da ragazzi bianchi, oscurando o coprendo le versioni originali (quindi “covered“, dal verbo “to cover” in inglese). Da allora, soprattuto nell’ambito pop e rock, il termine cover si è diffuso ed ha assunto il suo attuale significato comune. Bisogna anche dire che i diritti economici e le rendite relative alla riproduzione del brano rimangono degli autori originali i cui nomi devono solitamente essere pubblicati in calce alla riproduzione audio: l’autore della cover intasca solo la remunerazione relativa all’interpretazione. Può anche capitare che, nell’interpretare una cover, i testi siano arrangiati e/o tradotti in un’altra lingua, in questo caso i diritti possono essere divisi percentualmente a seconda dell’entità delle modifiche tra l’autore originale e colui che ha apportato le modifiche, a seconda di quello che è stabilito dalla locale società che tutela il diritto di autore.     Nel panorama internazionale le cover sono spesso utilizzate per farsi conoscere dal grande pubblico, utilizzando un pezzo famoso e riproponendolo o addirittura parzialmente modificandolo per raggiungere anche quel pubblico che normalmente non ascolterebbe il genere musicale della cover band. Ne possono essere un esempio “Wicked Games” di Chris Isaak rifatta dagli His Infernal Majesty oppure “What a Wonderful World” di Louis Armstrong re-interpretata con successo dal deceduto cantante dei Ramones Joey Ramone. In altri casi le cover non si distaccano molto dal brano originale e servono praticamente solo come apripista verso il grande pubblico: giusto per citare qualche esempio, “Light my Fire” dei Doors ricantata dal vincitore della prima edizione di Pop Idol Will Young oppure “Big Yellow Taxi” di Joni Mitchell reinterpretata dai Counting Crows. Di solito le cover non raggiungono mai la bellezza del pezzo originario, ma in alcuni casi ci si avvicinano davvero tanto. In questo gruppo di cover possono rientrare “Hallelujah” di Leonard Cohen cantata da Jeff Buckley, “My Way” di Paul Anka (già cover di “Comme d’habitude” di Claude François) resa celebre da Frank Sinatra, “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan re-interpretata dai Rolling Stones oppure “Knockin’ on Heavens’ Door“, sempre di Bob Dylan, rielaborata dai Guns N’Roses. Chiudiamo questa parte dell’inchiesta con una piccola curiosità: “Yesterday” dei Beatles è considerata la canzone che vanta il maggior numero di cover: secondo il Guinnes Book of Records quelle ufficiali sono oltre 3000. Nel 1972, sette anni dopo la sua pubblicazione erano già state realizzate 1186 cover.

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