Bruno Mars: “24k Magic”. La recensione

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Prendete lustrini e paillettes, tirate fuori dall’armadio tutti i vostri vestiti più luccicanti e fiondatevi nel più vicino dancefloor dove trasmettono rigorosamente musica anni Ottanta: solo così sarete nel mood giusto per cominciare ad ascoltare “24k Magic“, il nuovo e terzo album in studio di Bruno Mars (al secolo Peter Gene Hernandez), l’eclettico e talentuoso cantautore 31enne americano.

Mars non ha mai nascosto una sua certa affezione e stima per gli anni Ottanta, tanto che in molti lo hanno paragonato a Prince o a Michael Jackson, cosa che da un lato lo ha reso felice da un altro lo ha quantomeno infastidito (“Non sono il secondo Michael Jackson o il secondo Prince, loro sono i miei idoli è vero ma io non voglio essere la copia di nessuno, sono solo il primo Bruno Mars”), ma è innegabile che il tocco di questo ragazzo proveniente da Honolulu ha un che di magico. Ne sanno qualcosa tutti gli artisti per cui ha prodotto musica (Flo Rida e Adam Levine su tutti).

24K Magic” è è stato interamente prodotto da Mars insieme ai suoi co-produttori, formando gli Shampoo Press & Curl e nella procedura di scrittura dell’album l’artista ha lavorato nei vari brani con artisti come Babyface, T-Pain e James Fauntleroy. L’album è pesantemente influenzato dalla musica degli Anni Ottanta e Novanta, e presenta sonorità che puntano su un R&B tradizionale, fortemente influenzato da funk e hip hop, ma con una certa dose di ammodernamento delle tematiche tanto care agli Eighties, senza un filo logico ben preciso, come dice lo stesso Mars: “Io non mi siedo e penso con l’intenzione di scrivere una canzone, l’ispirazione mi colpisce sempre in modo imprevisto: su un aereo, quando sono fuori o appena prima di andare a letto, sono idee che vengono improvvisamente. a mio avviso, e qualche volta riesco a trasformarlo in testo il giorno successivo. A volte ci posso mettere un anno per ottenere qualcosa. non si può forzare la creatività.”

Nel disco bruno è accompagnato dai “The Hooligans“, la sua band di musicisti, ballerini e cantanti che lo accompagnano durante i concerti (Philip Lawrence ai cori, Phredley Brown alla chitarra e cori, Jamareo Artis al basso, Eric Hernandez alla batteria, Kameron Whalum al trombone, Dwayne Dugger al sassofono, James King alla tromba e John Fossit alle tastiere e pianoforte) e già dalla prima canzone, la title-track, si ha questa impressione da “big band” alla James Brown e da favolosi anni Ottanta: la sensazione è confermata da “Chunky“, pezzo funky che è impossibile ascoltare senza cominciare a muovere qualche parte del corpo a caso.

Bruno Mars - "24k Magic" - Cover
Bruno Mars – “24k Magic” – Cover

Perm” è il secondo brano che sembra essere stato direttamente pescato dalle tasche dei pantaloni del Padrino del Soul Jame Brown sia per la struttura musicale che per il cantato, in questo caso quasi roco, insolito per una voce così pulita come quella di Mars: “That’s What I Like” è il primo “lento” del disco e colpisce direttamente nel segno, dato che ci troviamo di fronte ad una canzone fantastica che rimane in testa attaccata come una gomma da masticare e non va via, ma tornerà sicuramente utile per qualche occasione elegante e romantica. Degna compagna della canzone precedente è la successiva “Versace on the Floor“, ma qui siamo nel campo dei ballabili, dove la voce di Mars può elevarsi e giocare con il pianoforte in piena libertà per un risultato finale magnifico.

Il brano “Straight Up & Down” è perfetto come intermezzo per raffreddare l’atmosfera e come colonna sonora mentre si gira di notte con gli amici la città tutta illuminata per trascorrere una bella serata mentre “Calling All My Lovelies” sembra catapultato da un’altra epoca, con vaghe reminiscenze vaporwave ma sempre giostrate dalla sapienza di Mars in vista del gran finale che vede prima “Finesse“, un brano che avremmo visto benissimo cantato da Michael Jackson (il che è dire tutto) e dopo “Too Good to Say Goodbye“, la canzone che conclude il disco, un brano di più ampio respiro e molto più orchestrato che richiama alla mente le canzoni di Barry White e quel certo stile alla Lisa Stansfield.

L’anno scorso, in un’intervista, Bruno Mars aveva dichiarato di voler fare meglio dei suoi due dischi precedenti e di voler scrivere canzoni più belle: secondo me è riuscito in pieno nel suo intento. Il diamante grezzo di casa Atlantic ormai è diventato una gemma di assoluto valore, e “24k Magic” ne dimostra appieno il suo valore e la sua caratura. Nel disco non ci sono mai incertezze, tutto è perfettamente collocato al suo posto, non ci sono passaggi a vuoto e l’intero disco è un meccanismo ad orologeria. Nell’album c’è un profondo spirito che richiama agli anni Ottanta e Novanta ed è innegabile che ci siano continui riferimenti a quella epoca (James Brown, Barry White, Michael Jackson, Lisa Stansfield) ma il tutto è sapientemente dosato e miscelato e poi filtrato dal talento musicale puro di Bruno che ci mette la sua cifra stilistica e lo trasforma in qualcosa di completamente diverso e attuale. Un disco promosso a pienissimi voti e che si candida ad essere uno dei migliori del 2016 che sta per finire.

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