Alicia Keys: “Here”. La recensione

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Here” è il sesto disco della cantautrice americana Alicia Augello Cook, meglio nota come Alicia Keys, ed è stato pubblicato il novembre dello scorso anno dalla RCA Records e anticipato dal singolo “Blended Family (What You Do for Love)”. L’album segue l’uscita di “Girl on fire” avvenuta nel 2012.

Lo stesso disco era stato annunciato dalla Keys in un’intervista al magazine Humanity: “La musica per questo disco è venuta spontanea, veloce – la più veloce che abbia mai creato in vita mia. Era come se tempeste di musica piovessero ogni notte. È stato pazzesco perchè non hai vissuto niente del genere fino ad ora e già sapevo di cosa volevo parlare e come assemblare la mia musica per creare questo suono così potente e iniziare questo nuovo viaggio musicale. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto con questa intenzione: ho composto probabilmente 30 canzoni in qualcosa come dieci giorni.” La nascita del figlio Genesis nel dicembre del 2014, secondo l’artista, ha messo “una velocità diversa nelle cose”.

Detto questo, parlando del disco, non mi ha colto favorevolmente il fatto che nel disco su 16 canzoni ben 5 siano interludi di massimo un minuto (li considero occasioni sprecate, ma so che è un mio pensiero). Specificato questo aspetto, esaminiamo l’album: dopo il primo interludio, “The Beginning (Interlude)”, il disco parte con “The Gospel”,  un brano a metà tra jazz, hip hop e funk, e la tendenza si ripete con “Pawn It All” che ha addirittura una venatura gospel e nei cori troviamo il produttore del disco, Swizz Beatz.

Dopo il secondo interludio, “Elaine Brown (Interlude)”, troviamo “Kill Your Mama”, pezzo che vede la collaborazione di Emily Sandé e che si libra alto nel cielo di questo disco grazie alla chitarra e alla sua costruzione musicale, così sporca ma così vera: con “She Don’t Really Care / 1 Luv” la Keys torna dopo anni su un terreno a lei congeniale, quello delle contaminazioni pop, vista la presenza nel pezzo di samples of “One Love” di Nas e l’interpolazione di “Fool Yourself” di Little Feat, per una doppietta che dà lustro a tutto il disco. Arriva il terzo interludio, “Elevate (Interlude)” che vede la voce di Nas e subito dopo troviamo “Illusion of Bliss”, pezzo lento e coinvolgente a metà tra il jazz e la torch song con quella goccia di crooning e di midtempo che non guasta e dove la Keys può librare la sua voce.

Cover 1
Alicia Keys – “Here” – Cover

Dalle prime note di “Blended Family (What You Do for Love)” (che vede il featuring di ASAP Rocky e Tish Hyman nei cori) mi è venuta in mente “What I am” di Edie Brickell & New Bohemians, pezzo del 1988, e le somiglianze tra i due brani sono tante: al di là di questo è un bel brano che si fa ascoltare molto piacevolmente. Un altro featuring è quello che vede Pharrell Williams nel pezzo “Work on It” che si differenzia dal resto del disco anche per le mani di di Pharell che la rende una canzone molto moderna, forse un goccio fuori contesto in un disco come questo.

“Cocoa Butter (Cross & Pic Interlude)” introduce “Girl Can’t Be Herself”, pezzo molto coinvolgente come “Kill your mama”, che vede solo la voce di Alicia, una chitarra e una drum machine per un risultato notevole: dopo l’ultimo interludio “You Glow (Interlude)” ci avviamo verso la parte finale del disco con “More Than We Know“, brano dalle venature gospel e funky che si lascia ballare. L’atmosfera lascia il posto al triste pianoforte di “Where Do We Begin Now” e il tutto si conclude sempre sulle ali del pianoforte che introduce l’ultima canzone, “Holy War”,

Here” ha ricevuto recensione molto positive oltreoceano e dopo il suo ascolto si capisce perché: il disco mescola abilmente molte tendenze e molte tradizionali musicali americane in un tutt’uno organico che non copre mai il talento puro di Alicia Keys che dimostra ancora una volta come la sua scrittura musicale sia moderna e fluida. Rispetto ai lavori precedenti della Cook in questo disco troviamo molti più spunti R&B convertiti in una sorta di sinfonia cittadina ricca di spunti e di riferimenti alla situazione politica e sociale attuale: dall’altro lato troviamo però idee troppo frammentate (cinque interludi sono francamente troppi) e in alcuni casi sembra che le canzoni necessitassero di un maggior lavoro di rifinitura alle spalle prima di essere presentate al grande pubblico.  E il disco vive in pieno questa dicotomia, cercando di bilanciarsi tra voglia di sperimentazione e ancoraggio alle tradizioni. Per questo sono portato a considerare “Here” come un album di passaggio, una evoluzione musicale necessaria in questo momento della Keys. Siamo speranzosi però per il prosieguo della carriera di questa brillante e mai banale cantautrice americana.

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