deadmau5: “W:/2016ALBUM/”. La recensione

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“Non mi piace. È così dannatamente confuso, messo insieme a caso. Ma, hey… se ti piace come dovrebbe piacere a me, per piacere evita. Le uniche due mie canzoni preferite di questo disco sono “Snowcone” e “Whelk then”. Sono sicuramente felice di queste due tracce. Non è stato scritto dall’inizio alla fine, è un anno di lavoro che non ha un senso logico. Almeno voi non dovete restare seduti qui come me e sopportare costantemente questa merda. Compra questo, uscito ora, compra quello, clicca qui. La vera ragione per cui ho pubblicato questo disco nonostante non sia contento del prodotto finale? Perchè ho dei dannati conti da pagare.”

Ora, se chiunque in ambito musicale si azzardasse a rilasciare delle dichiarazioni del genere, nel giro di pochi minuti sarebbe come minimo richiamato dalla casa discografica che probabilmente straccerebbe anche il contratto in essere, almeno in Italia. Ma siamo in Canada, nella casa di Joel Thomas Zimmerman, disc jockey e produttore discografico canadese meglio conosciuto come deadmau5, e quindi conosciamo già il personaggio e le sue stranezze.

E pensare che il disco era stato presentato da deadmau5 stesso in un’intervista alla BBC Radio 1 come un lavoro molto orientato sulla fantascienza degli anni Ottanta (e per questo Zimmerman aveva comprato un sintetizzatore Prophet 1o): poco dopo l’uscita di “W:/2016ALBUM/” deadmau5 era stato intervistato da Rolling Stone e aveva detto che lui era riluttante a produrre il disco ma che era stato “spinto” a farlo e ha concluso dicendo che “forse è arrivato il momento di sedermi, fermarmi e lavorare su quel tanto favoleggiato “disco della vita” che sto inseguendo da dieci anni.”

Sapete cosa? Lo crediamo anche noi. “W:/2016ALBUM/” suona come un disco stanco, senza capo nè coda, non ci sono spunti degni di nota, è semplicemente un’accozzaglia di suoni messi lì per fare numero. Ed è davvero un peccato perchè ci sono attualmente pochi musicisti elettronici EDM come deadmau5. Ma è anche vero che nessuno lavora bene sotto pressione. E questo disco ne è la prova.

Deadmau5 2016ALBUM
deadmau5 – “W:/2016ALBUM/” – Cover

Certo, ci sono anche degli episodi che fanno ben sperare per il presieguo, come l’iniziale “4ware“, che è pienamente nello stile del dj canadese e che ricorda alcuni lavori di di progressive trance di Eric Prydz o Gui Boratto, oppure “Cat Thruster“, che riesce a bilanciare la giusta dose di kitsch musicale con i riff di sintetizzatore e le linee di basse (alla Todd Terje, per intenderci), per non parlare di “Deus Ex Machina“, una vera macina musicale psichedelica come solo gente del calibro di Robag Wruhme e i Wighnomy Brothers riescono a fare. Ora parliamo invece un attimo delle canzoni preferite da deadmau5, “Snowcone” e “Whelk then“: la prima è un pezzo molto particolare, più evoluto e ricercato rispetto al solito sound di deadmau5, quasi trip-hop nel suo incedere ipnotico, mentre la seconda ha un che di inquietante come solo alcuni lavori di Amon Tobin sapevano essere e lascia un senso di stranezza reale, palpabile, particolare. Ecco, queste due canzoni, prese nel complesso a paragonate a tutto il resto del disco, sembrano suonate addirittura da qualcun altro. “2448” e “No Problem“, per esempio, (prendiamo due canzoni a caso), sembrano uscire dal blocco degli appunti dei Daft Punk, per non parlare dell’unico pezzo cantato, “Let go“, dove troviamo la voce di Grabbiz: se ripenso alle collaborazioni con Medina e Kaskade, viene il latte alle ginocchia.

Il problema di “W:/2016ALBUM/” è che il disco parte anche bene ma dopo quattro canzoni si spegne, diventa monotono, semplice, senza conflitti musicali, quasi politicamente corretto, e il paradosso è che mai come in questo disco il suono è stato più ricco, più pieno, più completo. In questo disco non manca la qualità tecnica, mancano le emozioni, non c’è evoluzione, è semplicemente un susseguirsi di loops senza variazioni una traccia dopo l’altra fino alla fine. E la cosa più frustrante è che tutti gli addetti ai lavori sanno che Zimmerman ha nelle sue corde la possibilità di creare un disco molto più bello ed eccitante ma questo album manca clamorosamente di personalità. E questo sembra assurdo considerando che ha da poco sciolto il suo contratto con la EMI e quindi in teoria potrebbe essere più libero mentalmente e creativamente parlando. Ma purtroppo, almeno alla prova dei fatti, non è così. Forse è arrivato davvero il tempo di fermarsi un attimo e racimolare le idee prima che sia troppo tardi e che la frustrazione prenda il posto del talento.

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