Enpals finanzia l’INPDAP e scoppia la polemica

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Anche se poco pubblicizzato, il rapporto a tratti tedioso ma sicuramente rilevante tra Enpals (Ente Nazionale di Previdenza ed Assitenza per i Lavoratori dello Spettacolo) e le Industrie discografiche – cui si aggiunge anche la presenza delle etichette indipendenti – ha ricoperto da sempre un ruolo cruciale. Le ragioni risiedono proprio nell’essenza dell’ente stesso: previdenza ed assistenza ai lavoratori dello spettacolo. Tradotto vuol dire che anche chi pratica qualsiasi genere di lavoro svolto per il pubblico (o per le arti intesa come categoria generale) ha diritto ad avere una pensione come ogni onesto lavoratore esige. Non da meno un assegno di assistenza in caso di malattia od infortunio. Ora, tralasciamo la questione che può nascere o meno sul fatto che magari artisti che guadagnano milioni di euro avrebbero poi diritto anche ad una pensione o un assegno di malattia. Concentriamoci invece – se possibile – sul particolare: gli artisti, musicisti o lavoratori dello spettacolo che come tutti svolgono un lavoro, svegliandosi ogni mattina.

Enpals – Inpdap: La Storia

Gli interventi a tutela dei lavoratori per lo spettacolo hanno origini lontane. Nel 1821 fu istituita dal Real Rescritto nel Regno di Napoli (inserito nel Regno delle Due Sicilie) una cassa delle pensioni e sovvenzioni per i professori giuibilati del teatri reali. In particolare i proventi affluirono a tale ente (che sarò poi chiamato Cassa dei Giubilati con l’avvento del Regno d’Italia) tramite i contributi versati dal personale, dalle multe inflitte e dalle sovvenzioni statali e dall’incasso ottenuto in occasione di due serate di beneficenza tenutesi nel Real Teatro San Carlo di Napoli. Agli inizi del ‘900 tale fenomeno cominciò a diffondersi in tutto il BelPaese riscuotendo grande successo vedendo accorpato a sè un gran numero di persone dello spettacolo dai cantanti lirici ai musicisti al personale addetto alle strutture e così via, assitendo così alla nascita di altri enti addetti alla tutela di ciascuna categoria. Le Casse in definitiva erano in numero di tre: Cassa dei Giubilati, Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza degli Orchestrali, Bandisti, Corali e Tersicorei (Cassa O.B.C.T.) e la Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Artisti Lirici, Drammatici, dell’Operetta, Rivista e Spettacoli Viaggianti. Nel 1934 queste furono unificate dando vita alla Cassa Nazionale di Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo, tramutata poi nel 1947 in Ente Nazionale di Previdenza ed Assitenza dei Lavoratori dello Spettacolo (ENPALS).

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I giorni Nostri

In seguito alla riforme avute in tutta la seconda metà del ‘900 siamo arrivati ai giorni nostri, precisamente nel 2003, anno in cui vari Decreti Legislativi hanno affidato la gestione dell’Ente all’INPS mantenendo però di fatto un propria personalità giuridica e sono state introdotti alcune importanti modifiche: in primo luogo è stato prevista l’applicazione della stessa aliquota di finanziamento ai lavoratori dello spettacolo così come ai normali dipendenti (sia pubblici che privati); cessazione del versamento di un contributo solidarietà.

Il problema principale, però, trova riscontro in ragioni storiche: attuando varie riforme volte ad ottimizzare l’efficienza e l’economicità di tali enti pubblici (motivi dunque prettamente economico-aziendali) si è favorita una scrematura e conseguente unione di vari enti in tutt’uno, dimenticando però di risolvere e far fronte ai problemi amministrativi, ancora troppo ancorati ad una logica burocratica e gerarchica. Insomma di certo questa non è globalizzazione. Se poi ci aggiungiamo che ognuno guarda legittimamente ai propri interessi allora il quadro è completo.

Già nel 2002 (ma la questione è ancor più datata) l’Enpals sferzò un duro attacco alle case discografiche accusandoole di evasione fiscale di contributi per milioni di euro, affermando che i lavori in sala registrazione sono paragonabili alle esibizioni dal vivo soggette comunque a contributi da versare da parte dell’entourage di riferimento; a nulla valsero le ipotesi avanzate (subito stroncate) dalle case discografiche le quali fortemente dichiaravano che si parla di spettacolo solo se è prevista un’esibizione live, cioè con un pubblico. Questo di fatto mirava a preservare il già scarso profitto che si realizzava con la produzione, vendita e successiva diffusione del supporto cd, in un settore già in crisi. Addirittura l’ente pretendeva il pagamento delle royalty contrattuali tra artisti e case disco grafiche (o editore di appartenenza) anche per artisti deceduti o non più in attività. E tutto questo in un clima di riforme mai effettuate (sull’ente di riferimento) dal governo circa la questione arte, musica e spettacolo.

Nel Luglio del 2008, l’On. Fiorella Ceccacci Rubino del PdL portò alle camere la questione che vedeva coinvolto l’apparato politico da un lato e quello amministrativo delle associazioni musicali dall’altro, ottenendo di fatto una proroga al pagamenti dei contributi retoattivi e delle lavorazioni in studi di registrazione che esigeva l’Enpals. Di fatto questo ha permesso di poter studiare una soluzione più efficiente al problema. Il contesto di riferimento fu la Legge Finanziaria del 2008 che ha previsto il pagamento dei contributi solo agli artisti che ottengono un incasso di importo maggiore ai 5.000,00€ lordi annui (per i giovani fino a 18 anni, gli studenti fino a 25 anni, pensionati di età superiore ai 65 anni e chiunque provvedesse a versare tali contributi ad altro ente) restando esenti le attività di promozione dei cd e gli artisti che non superano la vendita di 30000 copie annue.

Nell’Aprile del 2009 i presidenti di AFI, AudioCoop, FIMI e PMI incontrarono i rappresentanti sindacali di CgiL, Cisl e UIL per gettare nuove basi per un contratto di lavoro che disciplinasse il rapporto tra ente previdenziale e lavoratori dello spettacolo. In pratica ci si è mossi nella direzione in cui il lavoro in studio di registrazione è paragonato al lavoro dipendente in toto, e in quanto tale soggetto al versamento dei contributi come lavoratori dipendenti (per gli artisti) e datori di lavoro (per le case discografiche). Per mettere poi al riparo le piccole realtà quasi offuscate dalla crisi, si è prevista l’esenzione del pagamento per lavori (intesi come supporti di diffusione) presenti nel mercato in quantità minore di 1500 esemplari.

Il 2012

Notizia di pochi giorni fa riguarda l’investimento delle risorse finanziarie accumulate dall’Enpals in questi anni. Dal momento che dal 2003 è diventato parte dell’INPS, per effetto di un avanzo di gestione di circa due miliardi di euro si è deciso di investire tali risorse per ricoprire le perdite dell’INPDAP così come dichiarato dal presidente INPS Antonio Mastropasqua. Subito è intervenuta l’On. Fiorella Ceccacci Rubino (già impegnata in questa battaglia) la quale ha dichiarato che l’avanzo di gestione è stato il risultato della discplina imposta dall’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria), che reprime di fatto il contributo previdenziale assistenziale degli artisti e lavoratori dello spettacolo. Quindi, per esser precisi, questo avanzo di gestione sarà utilizzato per colmare il disavanzo di gestione dell’INPDAP, che consta circa di 10 miliardi di euro di passivo.

Duqnue risulta palese come gli artisti e gente dello spettacolo hanno lavorato in questi anni per vedere finire i loro soldi nelle casse dell’INPDAP per finanziare comunque la altrettanto palese inefficienza delle amministrazione pubbliche italiane.

E’ vero che l’arte è cultura e in quanto tale sovvenziona la crescita di un Paese (vuoi direttamente vuoi indirettamente) ma non c’è scritto da nessuna parte che essa debba sovvenzionare l’inefficienza di un programma politico obsoleto. Per di più in un Paese come il nostro dove tutto si fa, tranne che favorire lo sviluppo della musica e dell’arte!

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